I dubbi di M5s sulla strada di Draghi. Grillo rinvia il voto su Rousseau


Il salto più spericolato della sua storia, la partecipazione a un governo presieduto dall’ex simbolo del potere delle banche, insieme a Renzi e Salvini, il Movimento 5 stelle lo farà senza fretta. A invitare alla calma, cosa insolita, è Beppe Grillo che sulla sua pagina Facebook pubblica a tarda sera un video di sei minuti in cui in sostanza chiede di mettere la sicura al voto su Rousseau che era previsto per oggi per decidere se dare disco verde o meno al tentativo Draghi. Grillo scende in campo per fermare militanti e parlamentari malpancisti e invitarli a riflettere: “Aspettiamo un attimo”, è la linea.

Aspettiamo, ascoltiamo, dice Grillo che però tratteggia uno scenario tutt’altro che negativo. Il Garante M5s definisce il presidente del Consiglio incaricato prima alla stregua di “un dentista che deve fare delle estrazioni da una bocca cariata e salvare la parte sana”, poi lo insignisce sul campo della qualifica di “grillino, questo sembra, altro che ‘il banchiere di dio'”.  Dice di più, Grillo. Molto di più. Riferisce di aver detto a Draghi mai con la Lega e che lui gli ha risposto evasivamente, ma dice anche che sul resto “mi ha dato ragione su tutto”.

Crimi: sulla Lega al governo deciderà Draghi

Immediata è arrivata la replica di Matteo Salvini: “Noi confermiamo il nostro atteggiamento costruttivo, responsabile, positivo e che ci porta a non parlare di ministeri e a non mettere veti su nessuno. È incredibile invece l’atteggiamento di Grillo e dei 5 stelle che chiedono ministeri e vorrebbero imporre al professor Draghi un governo senza la Lega – ha aggiunto – non è questo che ha chiesto Mattarella e che serve all’Italia. Noi andiamo avanti tranquilli: prima il bene del Paese e poi gli interessi dei partiti”.

Sul tema Lega è arrivata poi, durante la trasmissione diMartedì su La7, la precisazione di Vito Crimi: “Non poniamo condizioni. Abbiamo messo in guardia Draghi da questo dentro tutti su tutto”. Poi ha aggiunto: “Noi con quelli inaffidabili vogliamo averci poco a che fare. Sono quelli che oggi dicono va bene tutto e poi cominciano a bombardare”. Ma se anche la Lega ci sarà” nel governo “sarà il presidente Draghi a valutarlo“. E oggi in un’intervista al Corriere della Sera il reggente di M5s chiarisce la linea politica che guiderà le scelte del movimento: “Non andremo al governo a tutti i costi, ci stiamo confrontando. Alcune garanzie le abbiamo chieste, ottenendo rassicurazioni sul Mes, sulla scuola, sulla continuità con il governo Conte”.

In quanto all’eventualità di far entrare M5s nel governo Draghi, secondo il reggente di M5s se alla votazione su Rousseau prevarranno i sì vorrà dire che gli iscritti che “ci hanno sempre chiesto di capitalizzare quel 32% di voti nelle urne e non lasciare il governo nelle mani sbagliate, ancora una volta ci diranno di non perdere questa occasione, non lasciare ad altri la possibilità di cambiare le carte del Recovery” che ha scritto il Movimento 5 stelle.

Sull’ennesima giravolta grillina (“Mai con la Lega, mai col Pd, mai con Renzi, mai con Draghi…”) Crimi ha un’opinione pragmatica: “Ammetto, forse ogni tanto abbiamo fatto delle fughe in avanti improprie. Però i nostri iscritti ci hanno sempre chiesto di stare al governo e non farci mettere all’angolo”, commenta.

Dai big un coro di sì a Draghi

È pressoché un coro di sì all’ex numero uno della Bce da parte dei big della politica. Fatta eccezione per Giorgia Meloni, che conferma il posizionamento di FdI all’opposizione, e date per scontate le sfumature meno entusiastiche da parte del Movimento 5 stelle, che attende il responso degli iscritti su Rousseau per dire se entrerà a far parte della partita o meno, tutti i leader, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini, passando per Nicola Zingaretti e Matteo Renzi, escono dai colloqui con il premier incaricato sottolineando i punti condivisi più che le perplessità. Non che dubbi e timori non ci siano, e attraversano più o meno tutti i partiti ma come dice il Cavaliere, “la gravità dell’ora impone a tutti di mettere da parte tattiche e calcoli e interessi elettorali per mettere al primo posto la salvezza del paese”.

E così, parole e frasi come “Piena fiducia”, “Totale sostegno”, “Conferma della fiducia”, “Assolutamente convinti nel sostegno”, “Ci ha dato rassicurazioni, prosegue l’interlocuzione”, risuonano nella Sala della Regina della Camera a favore di taccuini e telecamere. E’ soprattutto il programma di governo, che Draghi illustra nei suoi punti cardine alle varie delegazioni, a convincere anche i meno entusiasti. Dal sostegno al lavoro alla ripresa economica, dall’ambiente agli investimenti del recovery, il premier incaricato convince i partiti. Ma a farla da padrone è soprattutto il capitolo fisco.

Già lunedì con i partiti minori Draghi aveva inserito quella fiscale tra le tre grandi riforme – assieme a quella della giustizia civile e della Pubblica amministrazione – che saranno i capisaldi del Recovery. E persino la Lega di Salvini, da sempre sostenitrice della flat tax, plaude l’impostazione dell’ex uomo di Francoforte, che punta, riferiscono gli interlocutori, su un fisco progressivo ed equo, nessun aumento della pressione fiscale ma una incisiva lotta all’evasione. Solo Meloni ammette il “dispiacere” per il no alla flat tax, ma anche la leader di FdI non manca di sottolineare come positiva la rassicurazione che non ci sarà nessuna nuova tassa. E poi ancora il tema dei vaccini, da accelerare e estendere il prima possibile ai docenti. E anche l’ambiente, tra i pilastri del programma di governo.

Ancora irrisolto nodo della squadra di governo

Resta ancora irrisolto il nodo della squadra di governo. Draghi non lascia trapelare nessuna anticipazione. Ne anche ieri si è parlato di nomi. E nonostante il perimetro politico della futura maggioranza (molto ampia e alquanto eterogenea) susciti preoccupazione in alcune forze, come ad esempio in Leu (ma anche tra i dem), e il ‘peso’ politico dei partiti nel governo in termini di ministeri non sia un aspetto secondario, per il momento ci si concentra sul programma, mentre sembrano attenuarsi i veti e le ‘condizioni’ che hanno invece caratterizzato il primo giro di consultazioni.

Tra chi si concede alle domande dei giornalisti (dopo le consultazioni è la prima volta per Nicola Zingaretti dall’inizio della crisi di governo), a chi evita le telecamere (scelta fatta da Matteo Renzi e per la seconda volta da Beppe Grillo, tornato a sorpresa a Roma), ieri è stato soprattutto il giorno del ‘grande ritorno’ di Silvio Berlusconi. Come aveva promesso dopo il forfait forzato della scorsa settimana per ragioni ‘precauzionali‘, il leader azzurro arriva a Montecitorio ed è subito ressa di giornalisti e parlamentari. Un cordiale saluto con Draghi (il tocco dei gomiti sostituisce la stretta di mano come prevede il nuovo galateo in era Covid), che lo ringrazia della presenza, quindi un lungo colloquio con il premier incaricato per poi terminare con una dichiarazione scritta alla stampa, che Berlusconi legge senza poi accettare domande. Nessuna sorpresa dalle parole del Cavaliere.

Berlusconi: “Faremo la nostra parte con lealtà”

Del resto, come ricorda lui stesso, il governo Draghi “è la risposta unitaria che per primi avevamo richiesto”. “Faremo la nostra parte con lealtà e spirito costruttivo”, garantisce Berlusconi che tiene a sottolineare: “Non nasce una maggioranza politica tra partiti fra loro diversi”. Quanto alla durata, per il Cavaliere l’esecutivo Draghi andrà avanti “per il tempo necessario per superare la crisi sociale, sanitaria ed economica”. Infine, il leader azzurro sembra dare carta bianca al premier incaricato, spiegando che da lui si attende “scelte di grande profilo tenendo conto delle indicazioni dei partiti ma decidendo in piena autonomia“.

Sostegno convinto a Draghi viene confermato da Italia viva. E il Pd non sarà da meno, assicura il segretario. “Siamo veramente molto soddisfatti per le linee guida e abbiamo apprezzato l’approccio culturale, strategico del professore. Crediamo che i contenuti e la visione sono sicuramente garanzia di serietà, stabilità, forza e autorevolezza della sfida governativa del professor Draghi. Non possiamo che confermare la fiducia“, scandisce Zingaretti.

Il segretario del Pd non presta il fianco alle polemiche sulla coabitazione con Salvini: “Pd e Lega sono e rimangono due forze alternative e penso che sia un approccio condiviso anche dalla Lega. Siamo e rimarremo forze alternative e per questo abbiamo detto nessun veto a prescindere. Il punto è verificare quale perimetro programmatico e parlamentare il governo dovrà avere, è la valutazione che deve fare Draghi ed è il cuore di questi colloqui”. Infine, il segretario dem liquida l’ipotesi congresso. Parlarne ora “è marziano”, rivendicando la forte unità del partito.

Fonte: politica agi