AGI – Meno strutturati, più frammentati, organizzati in cellule locali: gli Antifa sono un insieme di gruppi che sotto l’ombrello di “antifascisti” raccolgono orientamenti molto diversi. Da quelli che lambiscono ambienti democratici ad altri che, in chiave anti-suprematista, promuovono apertamente l’uso di armi. Spesso nate insieme alla presidenza Trump, le organizzazioni Antifa hanno confini ancora più sfumati rispetto a quelle di estrema destra perché prive di una struttura verticistiche. Trump le ha bollate come “terroristiche”, ma sono meno soggette all’oscuramento da parte dei social network principali. Granulari, non hanno account che, singolarmente, raggiungono platee vaste. E anche se non esistono piattaforme di estrema sinistra omologhe di Parler o Gab, non vuol dire che gli Antifa siano privi di presidi online.
La frammentazione Antifa
La dimensione del fenomeno sfugge perché ci sono decine di gruppi cittadini indipendenti (da Atlanta Antifa al Pacific Northwest Anti-Fascist Workers Collective, dal Western New York Anti-Fascist Action a Berkeley Antifa). Una delle presenze costanti nelle manifestazioni statunitensi è Refuse Fascism. Ha un sito, una pagina Facebook da 80 mila iscritti e un account Twitter da oltre 30 mila. L’organizzazione è nata nel 2016 in chiave anti-Trump, la cui presidenza è definita “una catastrofe per l’umanità”. La sua elezione sarebbe “illegittima” perché “fascista”. Per questo l’organizzazione ha sempre chiesto – e continua a farlo in questi giorni – la rimozione del tycoon. Refuse Fascismo rifiuta esplicitamente le manifestazioni violente.
Torch, un network “nazionale”
Toni e azioni diversi caratterizzano Torch Network, definita nel 2017 da Buzzfeed “la cosa più simile a un rete nazionale” Antifa. I numeri restano comunque piuttosto contenuti (12 mila follower su Twitter). Torch però è, prima di tutto, un collettore tra dieci “corpi autonomi”, detti Chapters, che spesso hanno propri account. Oltre al contrasto di “tutte le forme di oppressione” di classe, sesso, razza e religione, uno dei cinque pilastri del network sta nel rifiuto dell’autorità giudiziaria e delle forze dell’ordine. Non è esplicita, ma è una chiara condiscendenza nei confronti di azioni violente.
Antifa e l’uso delle armi
Se Torch non fa esplicito riferimento alle armi, ci sono altre organizzazioni di estrema sinistra che fanno dei fucili uno dei propri tratti costitutivi. Redneck Revolt si pone come l’antagonista dei suprematisti bianchi. Una sorta di specchio politico (anticapitalista, antirazzista e antifascista), che utilizza metodi simili. Armi comprese. Il suo profilo Twitter è attivo, ma l’ultimo post risale a due anni fa. I fondi raccolti, si legge sul sito, sono in parte utilizzati per finanziare “progetti di difesa di comunità armate”. Il termine “difesa”, però, ha un’accezione ampia. Le armi servono per “proteggere” chi è a rischio discriminazione. Ma, allo stesso tempo, Redneck Revolt non riconosce l’autorità di “polizia e tribunali”, perché “al servizio dei ricchi”. Anche la Socialist Rifle Association, nata tra il 2017 e il 2018 e organizzata in corpi locali, “difende il diritto della classe operaia a detenere armi”.
Ha un proprio sito, un account Twitter da oltre 67 mila follower e una pagina Facebook da 46 mila like. Rifiuta la definizione di “milizia”: il suo ruolo, si legge sul sito, è “educare e sostenere”. Anche in questo caso, però – richiamandosi al secondo emendamento – i confini si sfumano: c’è sì il “divieto” di protestare armi in spalla sotto “lo stendardo della Socialist Rifle Association”. Ma la non-profit “incoraggia i membri che vogliano partecipare a manifestazioni armate a cercare altre organizzazioni istituite a tale scopo. Opporsi al fascismo è una lotta su più fronti, e noi realizziamo la parte educativa di quella lotta”. Come a dire: vi insegniamo a sparare ma non spariamo.
Vedi: I canali social degli Antifa e della sinistra violenta
Fonte: estero agi