I 100 anni  di Joseph Beyus, Napoli ricorda il grande artista


AGI – L’ambiente e la natura. L’arte come impegno anche nel sociale. L’amore per l’Italia. La passione per la sperimentazione. Il dialogo costante anche con chi rappresentava artisticamente la sua naturale antitesi, come Andy Warhol. Joseph Beyus (12 maggio 1921- 23 gennaio 1986) è stato pittore, scultore, performance artist, docente e molto altro, tanto da essere definito da alcuni critici l’artista sciamano.

L’omaggio all’artista in Italia

Nel centenario della nascita di una delle personalità che più hanno segnato l’arte moderna e contemporanea, la rete di istituzioni culturali tedesche e italo-tedesche nel mondo, tra cui il Goethe-Institut, ha organizzato manifestazioni in molti paesi. In Italia, di concerto con l’Ambasciata tedesca e altre realtà istituzionali e artistiche territoriali, eventi sono in programma a Napoli, con un calendario ricco di iniziative fino all’autunno che comprende anche una mostra (‘Beuys e Napoli’, a cura di Giuseppe Morra), che raccoglie l’eredità culturale dai soggiorni dell’artista a Napoli e in Italia tra il 1971 e il 1985; a Milano, dove fino al 15 maggio sono previste 5 serate live streaming sui canali del teatro Out of con una performance, una mostra a cura di Manuela Gandini e Susanna Semberg, interventi di artisti quali Michelangelo Pistoletto, attori come Alessandro Borgonzoni, e architetti come Stefano Boeri e azioni come la piantumazione di una quercia nel parchetto di via MacMahon; a Gibellina nel festival ‘Gibellina Photoroad’ per ricordare il soggiorno siciliano del 1981; e infine a Roma, dove in autunno è previsto un talk e la proiezione di un film. 

Il rapporto con Napoli

Beuys ha lasciato un segno importante nel Belpaese, soprattutto a Napoli, dove il ricordo delle sue performance e delle sue installazioni è ancora molto vivo sia tra il pubblico, sia tra galleristi e collezionisti, così come quello della sua volontà, poi non concretizzatasi, di crearvi un centro d’arte permanente. 

Del resto, nel 1981 fu uno dei primi a rispondere all’appello del gallerista Lucio Amelio, suo amico, che, dopo il sisma che devastò l’Irpinia nel 1980, chiese a tutti gli artisti internazionali con i quali aveva contatti di realizzare un’opera che avesse per tema il terremoto. Da Beyus arrivò ‘Terremoto in Palazzo’, un’installazione composta da vecchi tavoli da lavoro trovati nelle zone del cratere, sui quali appoggiò elementi di vetro e ceramica per comunicare l’idea della fragilità e dell’equilibrio precario. L’opera fa parte della collezione Terrae Motus, ora conservata nella Reggia di Caserta.

“L’energia rivoluzionaria della natura fa da filo conduttore anche all’azione che Beuys eseguì in successione durante la serata inaugurale di presentazione di Terremoto in Palazzo – racconta all’AGI Petra Richter, critico d’arte che a lui ha dedicato molti scritti – Diagramma Terremoto illustrava, attraverso lo strumento del disegno, il mutamento degli ‘elementi della catastrofe’, la loro evoluzione in una direzione positiva. L’artista, seduto col capo chino sotto il grande tavolo di legno che faceva parte dell‘installazione, utilizzando una matita, tracciò su un rotolo di carta per elettrocardiogramma lungo 34 metri, che lui stesso mano a mano svolgeva, una serie di spesse linee e figure. Proprio come l’elettrocardiografo registra tracciandola su carta ogni variazione di potenziale elettrico, così Beuys, come un sismografo, rilevava e tracciava sul rotolo la miriade di vibrazioni sprigionate dallo scuotimento del terremoto facendosi ‘antenna’ che capta ‘l’energia del fuoco che brucia nelle viscere della terra’. Le linee orizzontali e verticali si avvicinano per poi tornare a separarsi, si incrociano guidate dal ritmo della mano ondeggiante. A momenti di accelerazione si susseguivano momenti di rallentamento”. 

L’artista ‘sismografo’

Una alternanza che era quasi la riproduzione dell’alternarsi delle fasi di quiescenza e di violenza vulcanica “che trovavano un loro puntuale riflesso nella situazione politica ed economica della regione”.  

“Secondo me, il forte legame emotivo e la grande passione di Beuys per l’Italia meridionale e i suoi abitanti risalivano ai tempi dello stazionamento come soldato in Puglia nel 1943 – continua Richter, che nel 2017 ha pubblicato ‘Joseph Beuys. Ein Erdbeben in den Köpfen der Menschen. Neapel-Rom 1971-1985′  – da allora in poi, l’Italia per l’artista venne a incarnare il ‘paese ideale’ di cui era alla ricerca. Ma era, in particolare, nel Mezzogiorno, nella parte più povera e molto più arretrata rispetto al Nord industrializzato, che si sentiva a casa e trattato come una persona. Gli sembrava che qui, rispetto alla desensibilizzazione che si andava affermando nelle società industrializzate, la cultura conservasse ancora il suo lato primigenio e naturale”.

Napoli, Foggia, Perugia, ma anche Bolognano (Pescara), che lo farà cittadino onorario, sono solo le tappe più significative dei frequenti soggiorni italiani di Joseph Beuys. “Attraverso il suo pensiero e la sua azione politica e artistica, Beuys ha cercato di innescare un terremoto rivoluzionario nelle menti delle persone in modo che esse, come ‘portatrici rivoluzionarie di mutamento’, fossero in grado di modellare se stessi e il loro ambiente in modo autonomo e autodeterminato. Concentrò la sua attenzione sulle contraddizioni socio-politiche dell’epoca, in modo particolare sulla perdita dell’equilibrio antropologico, un equilibrio da ripristinare attraverso il cambiamento rivoluzionario del pensiero della gente concepito come un processo estetico”, aggiunge. 

La mostra al museo di Capodimonte

E da Napoli Beuys si congeda con la mostra a Capodimonte del 1985 ‘Palazzo Regale’  “che può essere considerato il suo testamento autobiografico” sottolinea Richter.  Infatti, in quell’allestimento  “ripercorre le varie tappe della sua vita artistica e si congeda per sempre dalla città. I materiali disposti nelle vetrine (la pelliccia, la testa di ferro, lo zaino e le provviste) evocano l’idea di una camera funeraria, che Beuys stesso ha descritto come un sarcofago reale. Voleva mettere in luce che ogni essere umano è un re, che la sua dignità sta nella sua sovranità. Se la gente prendesse coscienza del fatto che può determinare autonomamente il proprio destino, sarà sovrana di se stessa e non avrà necessità di un partito politico o qualche dittatore. Perché il vero palazzo signorile è la testa dell’uomo, la sede della coscienza umana, una parte del proprio sé, la sola che può sviluppare idee rivoluzionarie per plasmare la libertà e l’autodeterminazione”.

Il tentativo di ‘sprovincializzare’ Napoli

Il rapporto con Napoli e i napoletani dell’artista “fu intenso”. “Alcune foto mostrano Beuys persino nei famosi ‘bassi’. Penso che si interessasse in modo particolare delle persone di qui. In un’altra foto, scattata ad allestimento ultimato di ‘Palazzo Regale’, è accanto agli artigiani del museo di Capodimonte. Che Beuys sentisse di non avere a che fare con gli abitanti dei palazzi signorili viene suggerito anche dalla sua strenua difesa degli abitanti del Mezzogiorno, così come dalle sue dichiarazioni in ‘Alcune richieste e domande sul Palazzo nella testa umana’, redatte nel 1981 in occasione dell’installazione Terremoto in Palazzo”, dice il critico d’arte. 

“Beuys attirò l’attenzione dei napoletani verso le innovazioni dell’arte contemporanea, anche se la sua attività fu apprezzata principalmente solo da una ristretta cerchia intellettuale come mi sottolineò  Anna Amelio, dato che a Napoli negli anni ’70 era dominante l’arte tradizionale dell’800. Ma c’era anche un grande fermento, una grande ricerca, una grande necessità delle domande. Anche l’intenzione di Lucio Amelio di contrastare la provincialità culturale a Napoli attraverso una collezione rappresentativa di arte contemporanea e di avviare una presa di coscienza estetica della vita reale attraverso l’arte fallì, per la ristrettezza di vedute e della mancanza di lungimiranza della classe politica di allora, ma anche per la resistenza delle forze cattoliche e conservatrici. Rassegnato, Amelio lasciò in eredità Terrae Motus al palazzo reale di Caserta nel 1992. Le condizioni per la diffusione dell’arte contemporanea mutarono soltanto molto lentamente a Napoli”, conclude Richter.

L’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Elbling, all’AGI sottolinea: “Joseph Beuys è stato un grande artista e attivista tedesco, che non solo cambiò radicalmente essenza, linguaggio e percezione dei limiti dell’arte, ma ebbe la visione di indagare la relazione stretta che abbiamo noi esseri umani durante la nostra permanenza sulla terra con la natura”.

Source: agi