PREAVVISO DI FERMO DI BENI MOBILI REGISTRATI E RIPARTO DI GIURISDIZIONE
Gianfranco Romano
(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 10/2011)
QUAESTIO IURIS
Le Sezioni Unite ritornano sulla questione del riparto di giurisdizione in caso di impugnazione del preavviso di fermo amministrativo di beni mobili registrati. Nel caso di specie, il contribuente aveva impugnato dinanzi alla commissione tributaria provinciale competente per territorio un preavviso di fermo di autovettura, riguardante cartelle di pagamento sia per debiti tributari che extratributari. La commissione adita accoglieva il ricorso. La commissione tributaria regionale, invece, accogliendo l’appello dell’agente della riscossione, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo la controversia di competenza del giudice ordinario.
1. Generalità
Il fermo di beni mobili registrati, altrimenti noto come “ganasce fiscali” (da non confondere con l’istituto del fermo amministrativo previsto dall’art.69 del regio decreto n.2440 del 1923 sulla contabilità generale dello stato, nonché col fermo amministrativo previsto dall’art 214 del nuovo codice della strada, anche se con quest’ultimo condivide il regime sanzionatorio) è istituto che trova disciplina in seno all’art.86 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), che dispone che decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1 del medesimo decreto (cioè sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento), l’agente della riscossione può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza. Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura dell’agente alla riscossione, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede. È prevista una sanzione amministrativa a carico di chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo, e la confisca del veicolo.
In buona sostanza, il fermo amministrativo si estrinseca in una sorta di vincolo di indisponibilità sul bene, opponibile ai terzi in quanto iscritto nei pubblici registri, che priva il proprietario destinatario del provvedimento del pieno diritto di godimento sul bene medesimo. A differenza dell’ipoteca legale disciplinata dal medesimo DPR n.602/73, il fermo non genera alcuna causa di prelazione in favore dei crediti per cui è azionato.
L’istituto, introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento dall’art.5 del decreto legge n.669 del 1996, ha subito negli anni un progressivo potenziamento. Originariamente il fermo, disciplinato dall’art.91 bis del DPR n.602/73, poteva avvenire soltanto dopo un tentativo infruttuoso di esecuzione e poteva essere disposto ad opera non già del concessionario, ma della direzione regionale delle entrate e poteva avere ad oggetto solo veicoli a motore e motoscafi. Con la riforma della riscossione di cui alla legge n.46 del 1999, che, com’è noto ha in gran parte riscritto il decreto sulla riscossione, la disciplina del fermo veniva spostata in seno all’art. 86, veniva esteso esteso alla generalità dei beni mobili registrati e veniva data la possibilità di eseguire il fermo anche nei confronti dei soggetti coobbligati. Da ultimo, l’art.1 comma 1 lettera q) del decreto legislativo n.193 del 2001 ha attribuito direttamente al concessionario alla riscossione il potere di emettere il provvedimento ed ha eliminato il requisito del previo tentativo di esecuzione.
Svincolato dunque dalla necessità di effettuare previamente concreti tentativi di esecuzione, il fermo amministrativo è ormai ampiamente utilizzato nella prassi applicativa come strumento ordinario per indurre il contribuente moroso ad adempiere.
2. Il problema del riparto di giurisdizione
La natura giuridica del fermo è controversa, circostanza che ha determinato anche estrema incertezza in ordine alla titolarità della giurisdizione delle relative controversie.
Secondo una prima opinione, il fermo sarebbe un provvedimento amministrativo discrezionale nell’an e nel quid, circostanza da cui si inferiva che la giurisdizione appartenesse al giudice amministrativo (così Consiglio Stato, sez. VI, 18 luglio 2006, n. 4581 in Bollettino trib. 2006, 15-16, 1328).
Altri ritengono che il fermo avrebbe natura cautelare, circostanza questa che secondo taluni comportava l’attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario (così Tribunale Bari, ordinanza del 17 marzo 2003 in Giur. merito 2003, 1501), secondo altri al giudice tributario (così Commissione tributaria provinciale di Cosenza, Sez. I, sentenza 28 maggio 2003 n. 397/1/03 in Dir. e prat. trib. 2004, II, 984).
Secondo altro orientamento, fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, il fermo sarebbe invece un atto che si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale, e come tale le controversie relative andavano attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario (così Cassazione civile, sez. un., 23 giugno 2006, n. 14701 in Giust. civ. Mass. 2006, 7-8).
In questo contesto di incertezza, acuito dal sostanziale contrasto tra la giurisprudenza della Cassazione da un lato e dal Consiglio di Stato dall’altro, è intervenuto il legislatore nel 2006. L’art.35 comma 26 quinquies del decreto legge n. 223 del 2006 così come modificato in sede di conversione dalla legge n. 248 del 2006 ha introdotto in seno all’art.19 comma 1 del decreto legislativo n.546 del 1992 le lettere e-bis) ed e-ter), così annoverando tra gli atti autonomamente impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie rispettivamente l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86.
L’intervento del legislatore non ha però sortito l’effetto di chiarire definitivamente la questione del riparto di giurisdizione, dal momento che è rimasta incerta la titolarità della giurisdizione allorquando il fermo riguardi (o riguardi anche) obbligazioni extratributarie.
Da un lato, si è affermato che il legislatore ha soltanto ampliato il novero degli atti impugnabili, ma non l’ambito della giurisdizione. Infatti, l’elencazione degli atti autonomamente impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie si rinviene in seno all’art.19 del decreto legislativo n.546 del 1992 (norma sulla quale è appunto intervenuta la modifica del legislatore), laddove l’ambito della giurisdizione è disegnato dall’art.2, cosicché il giudice tributario sarebbe competente a conoscere del fermo amministrativo solo quando sia correlato all’iscrizione a ruolo di crediti di natura tributaria. (così Comm.trib. prov.le Roma, sez. LXI, 16/05/2007, n. 173 in Bollettino trib. 2007, 14, 1232).
Dall’altro lato si è invece affermato che la natura del credito sarebbe irrilevante, e che tutte le controversie sul fermo sarebbero state attribuite al giudice tributario, e ciò sulla base di differenti considerazioni.
Secondo un primo punto di vista, si è ritenuto che se la disposizione di cui all’art. 35, comma 26-quinquies, del decreto legge n.223/2006 fosse da interpretarsi nel senso che ha attribuito alle Commissioni tributarie la giurisdizione limitatamente ai fermi amministrativi azionati per crediti tributari, la norma sarebbe inutile atteso che non vi sarebbe stata alcuna necessità di un intervento legislativo. D’altro canto, se è vero che, come affermato dalla giurisprudenza della Cassazione, il fermo è atto di esecuzione forzata, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art.2 del decreto legislativo n.546 del 1992 che esclude dalla giurisdizione tributaria gli atti di esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento. Secondo tale prospettiva dunque si dovrebbe prendere atto che il legislatore abbia voluto intervenire, al fine di eliminare i contrasti attribuendo la giurisdizione alle commissioni tributarie in ogni caso di fermo amministrativo, azionato sia per crediti di natura tributaria sia per crediti di natura non tributaria (così Comm. Trib. Prov. Roma. sentenza del 24/07/2007 n. 269 reperibile su internet all’indirizzo http://def.finanze.it/).
Un altro orientamento ha invece ritenuto sussistere la giurisdizione esclusiva del giudice tributario perché il fermo amministrativo avrebbe natura di sanzione amministrativa irrogata da un “ufficio finanziario” (tale sarebbe da considerare l’agente della riscossione) e come tale da attribuire al giudice tributario sulla base dell’art.2 del decreto legislativo n.546 del 1992 (così Comm. Trib. Prov. Milano. sentenza del 14/11/2007 n. 395 reperibile su internet all’indirizzohttp://def.finanze.it/). Tale natura sanzionatoria emergerebbe dalla eliminazione del previo esperimento negativo del pignoramento, che avrebbe modificato, di fatto, la natura del fermo amministrativo, svincolando tale procedura da qualsiasi accertamento preventivo circa l’esistenza di un pregiudizio effettivo o potenziale per la realizzazione di un credito iscritto a ruolo, così che l’atto avrebbe perso la sua natura cautelare, acquisendo un carattere coercitivo, afflittivo e sanzionatorio (così Comm. Trib. Prov. Roma, sentenza del 13/06/2007 n. 192 reperibile su internet all’indirizzohttp://def.finanze.it/).
La tesi dell’attribuzione esclusiva al giudice tributario delle controversie in materia di fermo, sembrava trovare sponda nell’ordinanza n.3171/2008 delle Sezioni unite della Cassazione, secondo cui “Il legislatore può, senza violare l’art. 102 cost. attribuire ai giudici tributari le controversie che riguardino atti “neutri”, cioè utilizzabili a sostegno di qualsiasi pretesa patrimoniale (tributaria o no) della mano pubblica. In questo quadro, la legge 248/2006 ha inserito fra gli atti elencati nell’art. 19 del D.lg. 546/1992, ed impugnabili avanti alle commissioni Tributarie: “e bis) l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, e successive modificazioni; e ter) il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, e successive modificazioni; ciò in quanto si tratta di misure collocate all’interno nel sistema della esecuzione esattoriale, di matrice tributaristica, cui il legislatore ha ritenuto di far ricorso per facilitare la riscossione anche di entrate non tributarie. Di conseguenza, il relativo contenzioso riguarda questioni attinenti alla regolarità formale e sostanziale della misura adottata; non alla fondatezza della pretesa che ha dato luogo al provvedimento di fermo ed alla iscrizione di ipoteca (dal momento che questa fondatezza deve già essere stata accertata con atti definitivi)” (Cassazione civile, sez. un., 11/02/2008, n. 3171, in Diritto & Giustizia 2008).
L’argomento del fermo come “atto neutro” non teneva tuttavia conto della circostanza che, com’è noto, il comma 3 del più volte citato articolo 19 del decreto legislativo n.546 del 1992 prevede che “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”, cosa che ovviamente non può avvenire dinanzi alle commissioni tributarie, qualora l’atto presupposto non precedentemente notificato esuli dalla giurisdizione del giudice tributario.
Questo indirizzo interpretativo tuttavia non si consolidava, anche a causa di due importanti pronunce della Corte Costituzionale, la n.64 e la n.130 del 2008, che hanno posto un freno alla tendenza espansiva della giurisdizione tributaria, la prima affermando che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria viola il divieto costituzionale di istituire giudici speciali, la seconda, sulla stessa scia, affermando l’illegittimità dell’art.2 del decreto legislativo n.546 del 1992 nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria.
Con l’ordinanza n.14831 del 2008 le Sezioni unite si adeguano a quanto stabilito dal giudice delle leggi. Osservano le Sezioni unite che «Se questo necessario ancoraggio alla natura tributaria del rapporto è il fondamento della legittimità costituzionale della giurisdizione tributaria, anche per quanto riguarda il fermo bisogna affermare che in tanto il giudice tributario potrà conoscere delle relative controversie in quanto le stesse siano attinenti ad una pretesa tributaria. Sicché deve essere affermato il seguente principio di diritto: “La giurisdizione sulle controversie relative al fermo di beni mobili registrati di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, appartiene al giudice tributario ai sensi del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 e art. 19, comma 1, lett. e ter), solo quando il provvedimento impugnato concerna la riscossione di tributi” ».
Ed ancora: «L’affermato principio di diritto non comporta conseguenze negative per l’ipotesi che il fermo di beni mobili registrati concerna una pluralità di pretese, solo alcune delle quali di natura tributaria.
4.1. In una simile ipotesi, infatti, qualora il ricorso non sia stato originariamente proposto innanzi al giudice competente in relazione alla specifica natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo, opererebbe il principio della translatio iudicii che consente al processo, iniziato erroneamente, in parte o in tutto, davanti ad un giudice che non ha la giurisdizione necessaria, di poter continuare davanti al giudice effettivamente dotato di giurisdizione, onde dar luogo ad una pronuncia di merito che conclude la controversia, comunque iniziata, realizzando in modo più sollecito ed efficiente il servizio giustizia, costituzionalmente rilevante (v. Cass. S.U. n. 4109 del 2007). E’ questo un modo per assicurare il rispetto del principio del giusto processo senza forzare il dato costituzionale sull’ambito della giurisdizione tributaria: l’applicazione della translatio iudicii rappresenta, infatti, una adeguata tutela del cittadino che deve avere la possibilità di ricorrere alle garanzie apprestate dall’ordinamento sul piano giurisdizionale attraverso un percorso lineare e privo di “trappole formali”, senza che tuttavia le esigenze di semplificazione e celerità del processo si convertano in una violazione dei limiti costituzionali.
4.2. Sicché il giudice adito dovrà verificare se i crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo oggetto dell’impugnazione siano crediti di natura tributaria – ipotesi nella quale sussisterà la giurisdizione del giudice tributario – o crediti di natura non tributaria – ipotesi nella quale sussisterà la giurisdizione del giudice ordinario – e, in esito a tale accertamento, affermerà o declinerà la propria giurisdizione, nel primo caso, trattenendo la causa per la decisione del merito; nel secondo caso, rimettendo la stessa, innanzi al giudice competente. Tanto avverrà anche nell’ipotesi in cui il provvedimento di fermo oggetto di impugnazione concerna più crediti di diversa natura (tributaria e non): in tal caso il giudice adito separerà le cause, trattenendo quella per la quale egli ha giurisdizione e rimettendo la restante al giudice competente. Il debitore potrà in ogni caso proporre originariamente l’impugnazione separatamente innanzi ai giudici diversamente competenti in relazione alla natura dei crediti posti a base del provvedimento di fermo contestato. »
3. Il preavviso di fermo. Impugnabilità e giurisdizione.
Il “preavviso” di fermo non è previsto dalla legge, esso è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, che ha disposto che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo del bene mobile registrato, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvederà a rendere operativo il fermo. La suddetta nota dell’Agenzia delle Entrate dispone inoltre che tale preavviso valga come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo.
Il preavviso di fermo è tipicamente l’unico atto che viene portato a conoscenza del contribuente. Si è posto dunque il problema se il suddetto preavviso costituisca un atto autonomamente impugnabile in commissione tributaria e, più in generale, se il destinatario del preavviso abbia un concreto interesse ad agire ai sensi dell’art.100 del codice di procedura civile.
Secondariamente, visto che il preavviso di fermo non è stato ricompreso, in quanto tale, nell’elencazione degli atti impugnabili di cui all’art.19 del decreto legislativo n.546, si può porre il problema se per lo stesso non debba considerarsi sempre soggetto alla giurisdizione ordinaria (come probabilmente ritenuto dalla commissione tributaria regionale nel caso di cui alla sentenza in commento).
In giurisprudenza si sono registrate e, purtroppo, ancora si registrano posizioni diverse in ordine alla impugnabilità del preavviso.
Secondo un primo orientamento, il preavviso di fermo, non spiegherebbe alcuna efficacia nella sfera giuridica del destinatario. Secondo Cassazione civile, sez. II 23/07/2008 n. 20301 “il cd. preavviso di fermo non solo non è previsto come atto tipico della normativa di riferimento, ma non arreca alcuna menomazione al patrimonio, non essendovi dubbio che, fino a quando il fermo non sia stato iscritto ai pubblici registri, il presunto debitore può esercitare pienamente tutte le facoltà di utilizzazione e di disposizione del bene, senza essere soggetto alla sanzione amministrativa di cui all’art. 214 C.d.S., comma 8, che punisce chiunque circoli con veicoli, autoscafi ed aeromobili sottoposti al fermo (e non al preavviso di fermo).
Ne deriva che il debitore destinatario del preavviso, ai sensi dell’art. 100 c.p.c. è carente di interesse ad adire il giudice, non essendosi prodotta alcuna lesione della sua sfera giuridica, anche in considerazione del fatto che il fermo precede l’esecuzione esattoriale in senso stretto, che inizia con il pignoramento (art. 491 c.p.c.).
Il preavviso di fermo dunque è atto non previsto dalla sequenza procedimentale dell’esecuzione esattoriale.
Si obietta che l’esattore, una volta inviato il preavviso di fermo, non effettua altra comunicazione, così che detto atto, decorso il termine assegnato per il pagamento, assumerebbe valore di comunicazione di iscrizione del fermo.
Tale tesi non ha pregio, atteso che in base ad essa verrebbero meno tutte le prerogative, sostanziali e procedimentali che regolano la materia; infatti, l’efficacia del fermo (e secondo alcuni la stessa giuridica esistenza di esso come fattispecie complessa a formazione progressiva – fermo – iscrizione – comunicazione) è condizionata alla comunicazione che, una volta eseguita l’iscrizione del provvedimento, deve essere data al proprietario del bene, al quale, dal momento in cui il fermo diventa efficace, è inibita la circolazione; ne segue che la comunicazione del fermo costituisce atto indefettibile della serie procedimentale, in mancanza del quale non può concepirsi il venire in essere di un atto implicito, difforme da quello tipico espresso, come delineato normativamente nei suoi requisiti di efficacia. Va, conclusivamente sul punto, considerato che l’eventuale accoglimento del ricorso avverso il preavviso di fermo non (o non ancora) seguito da iscrizione, si risolverebbe nella anomala inibizione di una attività (futura) così introducendosi nell’ordinamento processuale una categoria di sentenze che suscita serie perplessità.
L’annullamento del preavviso di fermo si risolverebbe, in definitiva, in un provvedimento inutile, essendo dato per un atto del tutto privo di efficacia e che, pur non essendo previsto dall’ordinamento, come presupposto del fermo, non impedirebbe, anche se in ipotesi annullato, al concessionario di emanare il relativo provvedimento tipico, richiedendone l’iscrizione” (così Cassazione civile, sez. II, 23/07/2008, n. 20301 in Il civilista 2009, 12, 21).
Di opinione diversa l’ordinanza n.10672 del 2009 delle Sezioni unite, che affronta ex professo il tema dell’impugnabilità del preavviso di fermo, secondo cui “Il fatto che il preavviso di fermo amministrativo non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non costituisce un ostacolo, in quanto, secondo un principio già affermato da questa Corte, e che il Collegio condivide, l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt.24 e 53 Cost.) e di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001. Con la conseguenza che deve ritenersi impugnabile ogni atto che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, in quanto sorge in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico (v. Cass. nn. 21045 del 2007, 27385 del 2008). Pertanto deve essere affermato il seguente principio di diritto: “Il preavviso di fermo amministrativo D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 86, che riguardi una pretesa creditoria dell’ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva” (così Cassazione civile, sez. un., 11 maggio 2009, n.10672 in Riv. Dir.Trib. 2009, 7-8, 539).
LA SOLUZIONE DI Cassazione, Sez. Unite Civili, 2 agosto 2011, n. 16858
“Come eccepisce la parte ricorrente, la giurisdizione per le controversie di natura tributaria che traggono origine, come nella specie, da un atto impositivo (nella specie cartella esattoriale e/o preavviso di fermo) appartengono alla giurisdizione del G.T., secondo quanto prescritto dagli artt. 2 e 19 del d.lgs. 546/1992. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha già fornito chiare e condivise indicazioni (v. Cass SS. UU. 10672/2009, 11087/2010).
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto, e la sentenza impugnata va cassata nella parte in cui la CTR ha declinato la giurisdizione anche in relazione alle controversie di natura tributaria”.
CONCLUSIONI
La sentenza in commento è importante perché ribadisce l’autonoma impugnabilità del preavviso di fermo (la giurisprudenza di merito continua talvolta ad orientarsi in modo diverso) e consolida altresì l’orientamento in tema di riparto della giurisdizione, che vuole i limiti della giurisdizione tributaria saldamente ancorati alla natura tributaria del rapporto sottostante.
Sebbene questa sia, de iure condito, probabilmente la soluzione più corretta, non si può non rilevare come la necessità di proporre cause separate per l’impugnazione del medesimo atto finisce per raddoppiare i costi a carico del contribuente e quindi, in definitiva, a comprimerne il diritto costituzionalmente tutelato di agire in giudizio per difendere i propri diritti ed interessi legittimi.
Per leggere la sentenza per esteso