AGI – Non si spengono le polemiche nel Regno Unito a proposito del nome Lilibet, dato da Harry e Meghan alla loro secondogenita nata lo scorso 4 giugno. I duchi del Sussex hanno diffidato la Bbc, tramite i loro avvocati, a diffondere ulteriormente l’indiscrezione secondo la quale la regina Elisabetta II non sarebbe stata consultata sulla scelta del nome, che era il nomignolo con la quale il principe consorte, Filippo di Edimburgo, chiamava la sovrana.
In una lettera indirizzata dall’ufficio legale della coppia alla BBC e a tutte le organizzazioni di stampa si legge che “l’articolo è falso e diffamatorio e le illazioni che contiene non devono essere diffuse ulteriormente”. La Bbc aveva pubblicato il rumor attribuendolo a una fonte non identificata di Palazzo. “Se non avesse dato il consenso non avrebbero mai usato quel nome”, ha chiarito però il portavoce della coppia.
È il giornale conservatore The Telegraph a pubblicare la piccata precisazione dei duchi, attraverso una dichiarazione del portavoce dei duchi che cosi’ ricostruisce gli eventi: “Il duca ha parlato con la sua famiglia prima dell’annuncio e sua nonna e’ stata proprio la prima persona con cui ha parlato”. E ha aggiunto: “Durante la conversazione ha condiviso con lei il desiderio di chiamare la figlia Lilibet in suo onore. Se lei non avesse sostenuto questa scelta non l’avrebbero mai chiamata così”.
Non è chiaro se la conversazione sia avvenuta prima o dopo la nascita ma pare che al ritorno a casa dall’ospedale la piccola sia stata presentata alla bisnonna sovrana nel corso di una video chiamata. Una fonte vicina ai Sussex ha commentato sulla rivista People: “Erano così felici che non vedevano l’ora di condividere l’arrivo della figlia con la regina”.
La reazione legale dei Sussex ha innescato un’escalation inaspettata. Davanti alla loro ferma decisione di “affermare la verità” e non essere diffamati si nasconde uno scacco matto a Buckingham Palace. Cosa farà la Corona davanti a un’azione così plateale? Avallerà la loro versione o si chiuderà nel celeberrimo silenzio mettendoli di fatto in cattiva luce? Dal Palazzo per adesso non è ancora arrivata alcuna conferma o smentita.
Non è la prima volta che la versione di Harry e Meghan viene contraddetta da fonti – quasi mai ufficiali – di Palazzo. La gestione mediatica della coppia da parte dello staff della Corona è infatti uno dei motivi principali di screzio fra i duchi e Buckingham Palace.
Harry ha accusato più volte l’entourage reale di non aver protetto la sua famiglia, lasciando che rumor prendessero il sopravvento e distruggessero l’immagine di sua moglie. Adesso però, specialmente dopo le accuse di razzismo nei confronti di alcuni media britannici e addirittura di un componente della famiglia reale, e le conseguenti dimissioni di alti rappresentanti della stampa, la copertura mediatica sembra puntare a un certo equilibrio. The Times e Telegraph, giornali notoriamente conservatori ne sono un esempio: recentemente hanno dato sempre meno voce ai gossip bilanciando le fonti e riportando con più frequenza anche il punto di vista dei duchi di Sussex.
Proprio martedì, la giornalista del Telegraph Julie Burchill è stata licenziata in tronco per aver postato un tweet razzista nei confronti della bambina. A marzo era toccato a Piers Morgan perdere il posto di conduttore del programma del mattino ‘Good morning Britain’, per aver costantemente attaccato Meghan fino a mettere in discussione pubblicamente la veridicitù delle dichiarazioni della donna sulla sua sofferenza psicologica e i pensieri suicidi.
ITV, l’emittente che manda in onda il programma, in quell’occasione aveva ricevuto oltre 41 mila proteste contro Morgan. Il caso della polemica sul nome Lilibet e’ sicuramente emblematico di uno scontro fra i Sussex e la famiglia reale ma il fatto stesso di aver potuto dare quel nome alla bambina è il segno di un percorso riconciliatorio. Al momento però non è chiaro se per ragioni affettive o puramente di facciata. D’altronde remare contro la grande popolarità di cui godono Harry e Meghan in America non è, alla lunga, una strategia vincente neanche per la Corona.
Source: agi