Guerra. Dai contrasti insanabili al rischio nucleare


La migliore tutela della pace sta nelle trattative, negli utili e sensati patti di convivenza, nell’evitare le cause dei contrasti, i pregiudiziali dissapori, le dissennate iniziative. I “grandi timonieri” tracciano la rotta, talvolta sbagliata, ma chi ci va di mezzo e corre il rischio di affogare nel mare in tempesta è sempre il solito “pantalone” della gente comune

di Augusto Lucchese

Non sarà facile dirimere o eliminare, nel breve tempo, i disastrosi effetti delle controversie che, giorno dopo giorno, da un lungo periodo a questa parte, hanno generato il duro scontro e il cruento conflitto armato fra Federazione Russa e Ucraina.

Contrasti e reciproche accuse che, presumibilmente, sembrano essere stati  influenzati anche dalla avventata politica di qualche rinomata “Nazione guida”, oltre che da riprovevoli interferenze  del mostruoso sistema affaristico che fa capo alla industria degli armamenti legata a filo doppio con le “caste” militariste dei cosiddetti “Paesi guida” e relativi satelliti che intravedono nell’uso della forza l’unico congeniale strumento di prevalenza nei confronti di eventuali potenziali nemici.

Tutti sanno che per contrastare i ricorrenti focolai di guerra, gli abusi e i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani, ecc. ecc. esiste, dal lontano 24 ottobre 1945,  l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) la cui pur valida “Carta delle Nazioni” è però inficiata, di fatto, dal diritto di “veto” sin dall’origine concesso a Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, componenti permanenti e insostituibili del Consiglio di Sicurezza.

Nel calderone del farraginoso apparato dell’ONU, fra l’altro esageratamente dispendioso, sono appollaiati ben 204 Stati del Mondo (di cui 193 “sovrani”e 11 non riconosciuti) dai quali promanano diversificate situazioni strutturali, politiche, culturali, religiose.

È emersa a più riprese la constatazione, particolarmente a fronte della odierna crisi fra Russia e Ucraina, che l’ONU, in pratica, non è in grado di assolvere la sua principale funzione, quella di assicurare e mantenere la pace. Quindi, a tale scopo, la citata Organizzazione è pressoché superflua per non dire inutile.

È evidente che tale incapacità si ripercuote drasticamente sulla vita delle popolazioni loro malgrado coinvolte nei conflitti, in rivoluzioni più o meno popolari, in cruenti scontri locali e tribali, in colpi di Stato più o meno indolori, in attentati terroristici, in accese rivendicazioni territoriali, e chi più ne ha più ne metta.

Si vede che l’uomo, nella misura in cui adotta odiosi sistemi di sopraffazione, di violenza, di crudeltà e smentendo di fatto la sua tanto decantata origine trascendente e divina, non sa vivere in pace e non sa godere dell’esaltante e ineguagliabile habitat offerto dal Pianeta che lo ospita e in cui gli è stato concesso, generosamente, di porre radici in ogni dove.

Pur senza volere correre dietro alle sconvolgenti congetture, datate 1556, di Michel de Nostredame (inteso Nostradamus) il quale, in merito al corrente anno 2022 (decima quartina del capitolo “terzo secolo”),  ha lasciato scritto: “di sangue e fame maggiore calamità / …per quarant’anni l’arcobaleno non apparirà in cielo”, non sembra azzardato predire che, malgrado gli accalorati sermoni di talune autorità religiose di vertice e di coloro che ancora ragionano e vogliono il bene della umanità, si sta correndo il rischio di un disastro planetario di stampo nucleare che potrebbe significare il poco glorioso epilogo della ultra millenaria storia dell’homo sapiens. È ovvio che, malgrado l’arrogante e imprudente gestione del potere da parte dei “capi” di talune Nazioni dominanti, chiunque si augura che ciò non avvenga e si possa pervenire, alfine,  ad un rassicurante periodo di quieto vivere.

Per salvare il Pianeta Terra da un eventuale irreversibile sconvolgimento,  non rimane che invocare la Divina Provvidenza affinché faccia qualcosa per fare ravvedere tante menti deviate.

L’Europa è tornata ad essere, dopo circa 80 anni di relativa pace, una sorta di “santabarbara” che, in un crescendo incontrollato di cause ed effetti, di presuntuose arroganze, di incoscienti e irrazionali provocazioni economiche e verbali, di asservimento alle solite “potenti” logge multinazionali, potrebbe esplodere da un momento all’altro, determinando, di fatto, un pericolosissimo “terzo conflitto mondiale”.

Taluni riprovevoli uomini di governo, dell’una e dell’altra parte in causa, nella misura in cui hanno dato dimostrazione di possedere ben scarso spirito umanitario e di essere palesemente deficitari di sane facoltà mentali, sono vocati più all’esercizio della violenza che a quello della diplomazia e del dialogo.

Non si sono resi conto che, nel momento in cui hanno affidato le sorti delle rispettive contrastanti posizioni – giuste o sbagliate che siano – all’impiego delle armi, hanno fatto male a se stessi oltre che ai popoli rappresentati.

Non sono, e ovviamente non possono esserlo, i carri armati, i missili più o meno intelligenti, i droni armati, i bombardamenti aerei, gli spietati mercenari  “foreign fighters” delle “brigate internazionali”, ad essere artefici e apportatori di pace. Tutt’altro.

La migliore tutela della pace sta nelle trattative, negli utili e sensati patti di convivenza, nell’evitare le cause dei contrasti, i pregiudiziali dissapori, le dissennate iniziative.

Chi pensa, di contro, che la vendita o la fornitura di armi ai contendenti  (pur se maldestramente presentate come “difensive”) siano cosa utile alla cessazione delle ostilità e all’ottenimento della pace, o è uno sciocco, o è un ipocrita, o peggio ancora è un acquiescente sostenitore del bacato mondo dei violenti, dei prepotenti, degli incoscienti dispensatori di sofferenze e di lutti.

Anche in Italia, purtroppo, ce ne sono parecchi di costoro, magari arroccati in posizioni di rilievo, che, oltretutto, non sanno tenere la lingua a posto ed esternano frequenti capziose dichiarazioni, in ossequio, forse, ad una linea di parte altrove tracciata.

Sottostare alla linea dei “superpotentati” può essere più o meno accettabile nel campo di taluni settori di valenza economica e collaborativa, ma lasciarsi coinvolgere in pericolosi conflitti armati non è certamente ammissibile, a prescindere dal palese contrasto con la ben nota e concisa norma di cui all’art.11 della Costituzione.

Sembra abbastanza condivisibile il pensiero di chi sostiene che, offrendo ai contendenti la possibilità di incrementare il livello quantitativo e qualitativo degli armamenti a disposizione, le barbarie della guerra non solo non si evitano ma si accentuano. Il conflitto si prolunga e le vittime e le distruzioni seguitano ad accrescersi sempre più.

Sono molti ad asserire, altresì, che gran parte delle “sanzioni economiche”, unilateralmente decise dagli Stati Uniti e dalla Unione Europea, non sono idonee o sufficienti a produrre, nel breve periodo, concreti risultati nel sostenere l’Ucraina contro l’aggressore russo. Contribuiscono, più che altro, ad accentuare il degrado dei rapporti fra le Nazioni cosiddette occidentali (in parte inquadrate nella discussa NATO) e quelle gravitanti attorno alla Russia e alla Cina che, ormai da tempo, sono schierate in campi diversi e antitetici.

Si sta amplificando a vista d’occhio, frattanto, il pesante effetto boomerang sui sistemi produttivi, sulla economia, sul caro vita che grava sui cittadini meno abbienti dei Paesi che di massima hanno aderito a tali “sanzioni”. La grave situazione innescatasi, oltretutto, sembra tutt’altro che giunta al suo clou.

I “grandi timonieri” tracciano la rotta, talvolta sbagliata, ma chi ci va di mezzo e corre il rischio di affogare nel mare in tempesta è sempre il solito “pantalone” della gente comune.

 

(Foto Agence France-PresseAFP)