Gozi: "Qual è la lezione di Macron ai partiti italiani"


AGI – La partita Macron-Le Pen non è chiusa, anzi. “Siamo impegnati a cercare voto per voto, dopo il primo turno abbiamo lavorato come se si partisse da zero”. Sandro Gozi, europarlamentare di Renew Europe, mostra prudenza in vista del ballottaggio di domenica per le presidenziali francesi. Non nasconde i buoni risultati ottenuti e, soprattutto, la strada politica indicata da Macron, che potrebbe essere percorsa anche in Italia.

Onorevole Gozi, qual è stata la strategia per il secondo turno delle presidenziali?

“Mobilitare il nostro elettorato, perché nessuno pensi che la vittoria sia scontata, convincere quelli che hanno votato per Mélenchon, che ha conquistato il 22%, e infine attrarre una parte del 25% che non è andato a votare al primo turno”.

In ogni caso due settimane fa Macron ha incassato un risultato al di sopra delle aspettative. Alcuni sondaggi fotografavano un testa a testa con Marine Le Pen.

“Era dagli anni Ottanta che un presidente uscente non aumentava il suo consenso. Macron ha avuto oltre un milione di voti in più rispetto a cinque anni fa, peraltro dopo tre crisi devastanti: i gilet gialli, la pandemia e la guerra in Ucraina”.

Macron non ha avuto molto tempo ma è riuscito a fare una campagna elettorale efficace…

“E va considerato che la sua campagna è cominciata alle 20.01 di domenica 10 aprile. Ha fatto quello che gli riesce meglio: mobilitare gli elettori andando sul territorio. A differenza della sua avversaria, ha competenze e visione”.

Le Pen lamenta di aver subito una demonizzazione da parte dei media. È d’accordo?

“No. In questi mesi, per la presenza di Zemmour, Le Pen ha beneficiato di un effetto parafulmine. I media sono stati molto teneri con lei. Piuttosto è evidente che in Francia quando c’è il rischio che vada al potere l’estrema destra è la stessa società che si mobilita: intellettuali, artisti e tanti altri”.

Quindi non crede che Le Pen sia diventata, nel corso degli ultimi anni, ‘moderata’?

“Per niente. Marine Le Pen è un camaleonte, andava smascherata ed è quello che ha fatto Macron”.

Eppure tanti osservatori imputano a Macron una certa arroganza.

“Ci sono stati alcuni malintesi, sue frasi estrapolate dal contesto. Gli hanno appiccicato addosso l’etichetta di presidente dei ricchi, ma non è vero. Anzi, Macron, essendo più preparato e competente di Le Pen, le ha smontato tutti gli argomenti”.

Qual è il messaggio principale che è riuscito a far passare Macron?

“Che negli ultimi cinque anni ha fatto quello che ha detto e che dunque è credibile in quello che adesso sostiene per i prossimi anni”.

Lo ha avvantaggiato politicamente la guerra della Russia?

“All’inizio i francesi si sono stretti intorno al loro presidente ma poi lo scenario non lo ha aiutato anche per via delle crescenti preoccupazioni dei cittadini per le difficoltà causate dalle sanzioni a Mosca, su cui Macron è stato sempre molto determinato”.

È passato anche il suo messaggio per un’Ue più forte.

“I francesi sceglieranno tra un vero leader europeo e una nazionalista che invece vuole distruggere l’Europa da dentro e che è la migliore alleata di Putin e Orban”.

Come vede lo scenario italiano sempre in bilico tra europeismo e sovranismo? Sta facendo molto discutere la posizione del presidente del M5S, Giuseppe Conte, “né con Macron né con Le Pen”.

“Macron ha due fortissimi alleati in Italia: Mario Draghi, per la sua azione di governo, e Matteo Renzi sul terreno politico. Conte non mi sorprende, è il re dell’ambiguità. Del resto all’interno del M5s ci sono forti pulsioni sovraniste. Gli altri partiti sono spaesati perché in Francia si è realizzato un cambiamento politico: un grande spazio centrale e due estremi, a destra e a sinistra. Uno scenario che invece in Italia tarda a realizzarsi”.

Renzi è il leader politicamente più vicino a Macron, eppure a differenza del presidente francese non riesce a conquistare consensi. Perché?

“Il problema è che in Italia c’è una situazione molto frammentata. Dalla Francia arrivano due lezioni. La prima è che la divisione del campo politico non è più tra sinistra e destra ma tra europeisti e sovranisti. La seconda è che nel 2017 tutti i politici che si collocavano al centro non hanno pensato al loro orticello ma hanno condiviso un progetto. In Italia quelli che interpretano il campo centrista che vuole riforme radicali sono divisi (Renzi, Calenda, Della Vedova, Bonino, Bentivogli e gli altri). Così finiranno per fare solo testimonianza. Dovrebbe esserci una convergenza intorno a un progetto, con lo stesso coraggio e la stessa visione di Macron e di coloro, come Bayrou e gli altri, che lo hanno sostenuto facendo un passo indietro. Invece che perdere divisi, hanno vinto insieme”.

Source: agi