“È diventato sempre più complesso gestire un’attività di investimento globale decentralizzata”. Così Sequoia Capital, colosso del venture capital della Silicon Valley, ha annunciato questa settimana di scindere il proprio business in Cina in un’entità indipendente da quella americana. La fine di una delle alleanze di investimento transfrontaliero di maggior successo è un ulteriore sintomo dell’insicurezza provocata dalle tensioni tra Washington e Pechino. Tensioni che a livello internazionale si traducono nella sfida dei BRICS e del Global South in generale al Washington Consensus e al dominio del dollaro. Sfida tutt’altro che univoca e lanciata più a parole che con i fatti e che perciò rischia solo di aumentare l’entropia del sistema internazionale, già scombussolato dagli shock energetici. A ciò si aggiungono altri due elementi di instabilità. Da una parte, sugli USA, usciti da un’estenuante maratona negoziale sul tetto al debito federale, aleggia lo spettro della recessione, con potenziali ricadute sull’Europa. Uno scenario che, per ora, le ultime stime dell’OCSE non prevedono. Dall’altra, la Cina è diventata il primo esportatore di auto al mondo, travolgendo un’industria tradizionalmente in mano alle case del blocco occidentale (Corea del Sud e, soprattutto, Giappone inclusi). Qui la spinta dell’elettrico resterà decisiva, ma porta con sé una nuova sfida ecologica e industriale: il riciclo delle batterie. Di tutto ciò si parla questa settimana nell’ISPI Global Watch, dedicato alla Geoeconomia del mondo che verrà. Con un focus sul nuovo Codice Doganale dell’UE proposto recentemente dalla Commissione e sulla fragile situazione politico-economica dell’Etiopia.
Global Watch: Speciale Geoeconomia
A cura dell’Osservatorio Geoeconomia dell’ISPI