AGI – La decisione di sospendere le vaccinazioni AstraZeneca per le persone di età inferiore ai 60 anni sembra aver diviso la comunità scientifica. Se alcuni esperti ritengono infatti che la misura rappresenti un tentativo di ridurre al minimo i potenziali rischi già estremamente bassi della vaccinazione, altri si schierano in una posizione meno favorevole. A discuterne con l’AGI quattro voci autorevoli nel panorama della scienza, che hanno espresso le loro riflessioni sulle indicazioni di somministrazione del vaccino ChAdOx1, prodotto dall’azienda farmaceutica anglo-svedese in collaborazione con l’Università di Oxford.
Garattini: “Importante raggiungere l’immunità”
“Non è semplice dare un’interpretazione dei fatti recenti – ammette Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri di Milano – l’EMA ha ribadito che non vi sono differenze di efficacia rispetto all’età per la vaccinazione AstraZeneca. Ritengo che a volte alcuni episodi siano stati comunicati senza le dovute contestualizzazioni, il che ha portato una buona parte della popolazione a preferire un farmaco diverso dal ChAdOx1. Indipendentemente dalla questione legata al vaccino di Oxford, credo sia importante ribadire l’importanza di raggiungere l’immunizzazione“. L’esperto ricorda che in Italia si contano più di tre milioni di persone con più di 60 anni che non sono ancora state vaccinate.
“L’ipotesi di somministrare una sola dose – precisa – non è più cosi’ attuale come prima, specialmente con l’emergere delle nuove varianti di preoccupazione. Stiamo osservando che in Inghilterra, ad esempio, la mutazione individuata in India sta generando molti problemi. Da tempo si ripete che è essenziale vaccinare tutto il mondo per ridurre il rischio che emergano nuovi ceppi resistenti alla risposta indotta dalla vaccinazione. Solo immunizzando la maggior parte della popolazione, con tutte le tipologie di vaccini approvati dagli organismi regolatori, possiamo contrastare efficacemente la pandemia”.
Bassetti: “Decisione più politica che scientifica”
“La decisione del Comitato tecnico scientifico (Cts) posa su basi politiche più che scientifiche, anche se è dettata dall’esigenza di vaccinare più persone possibile entro il prossimo autunno – sostiene Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino (GE) – l’idea che si è insinuata nell’opinione pubblica sul fatto che AstraZeneca sia un vaccino ‘pericoloso’ o poco efficace non è assolutamente veritiera, ma non credo sia utile in questo momento giudicare se sia giusto o meno somministrare il ChAdOx1 ai soli over 60”. Se l’obiettivo finale è quello di garantire il maggior numero di adesioni possibili alla campagna vaccinale, sembra sensato accogliere i timori della popolazione.
“Questo cambio di rotta sul farmaco sviluppato dall’azienda anglo-svedese, pero’, sicuramente avrà delle implicazioni a lungo termine anche su tutta la gamma di vaccini a vettore virale – osserva Bassetti – compresi l’italiano Reithera, il russo Sputnik V e tutti quelli ancora in via di sperimentazione”.
Vezzoni: “Umano scegliere l’alternativa”
“Credo che non possiamo prescindere dal considerare che nello scenario attuale esistono delle alternative – osserva Paolo Vezzoni, ricercatore presso l’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) – se fosse disponibile solo la vaccinazione AstraZeneca non avremmo dubbi nel somministrarlo a tutti, indipendentemente dall’età, perché il pericolo di effetti collaterali gravi è davvero molto basso. Dal momento in cui, pero’, viene stabilito che ChAdOx1 è circa cinque-dieci volte più pericoloso delle altre possibilità, l’opinione pubblica è inevitabilmente portata a scegliere un’altra opzione. Non è semplice comunicare il tasso di rischio con numeri tanto bassi. Parliamo di un caso di trombocitopenia ogni 100mila dosi di AstraZeneca, contro un evento avverso grave su circa un milione di dosi di vaccini a mRNA. Un rischio minimo in ogni caso, ma, avendo possibilità di scelta, credo sia umano propendere per l’alternativa numericamente più rassicurante“.
Il ricercatore aggiunge che per quanto riguarda la somministrazione eterologa di vaccini, i dati sperimentali non sono sufficienti per stabilire con certezza l’efficacia della strategia mix and match. “E’ importante sottolineare che non possiamo ancora sapere se la strategia di usare farmaci differenti sarà effettivamente positiva – commenta – non sono stati effettuati trial e sperimentazioni adeguati, per cui non abbiamo dati quali-quantitativamente sufficienti.
Possiamo ragionare sul fatto che il principio di funzionamento di AstraZeneca e Pfizer è molto simile, perchè entrambi istruiscono le cellule a produrre la proteina spike virale, che viene riconosciuta dall’organismo e contrastata dall’azione del sistema immunitario”. Dato che l’organismo reagisce alla proteina e non al farmaco, dice Vezzoni, è ragionevole presumere che mixare le due tipologie di vaccini possa essere una strategia efficace, ma sarà necessario attendere i risultati delle campagne vaccinali per avere risposte certe e scientificamente valide.
Maga: “Sensato optare per l’eterologa”
Simile l’opinione di Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm), che sottolinea i netti benefici della vaccinazione contro l’infezione da nuovo coronavirus a scapito del bassissimo rischio di effetti collaterali suscitati dall’inoculazione. “L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ribadisce che il vaccino AstraZeneca ha una comprovata efficacia per tutti i soggetti al di sopra dei 18 anni – afferma il ricercatore – sono stati registrati rarissimi casi di reazioni avverse, nell’ordine di cinque eventi ogni milione di inoculazioni, con un numero estremamente limitato di trombosi cerebrali atipiche in soggetti di età giovane. Le linee guida sulla somministrazione di AstraZeneca dipendono fondamentalmente dall’esigenza di tranquillizzare la popolazione, eliminando la già bassissima percentuale di rischio, che poteva essere percepita come un ostacolo all’immunizzazione di massa”.
“Vista la disponibilità di opzioni alternative altrettanto efficaci che non hanno evidenziato questo tipo di conseguenze – aggiunge Maga – sembra sensata la prospettiva di adottare vaccini eterologi in un approccio che finora sembra efficace e sicuro, come corroborato dai dati preliminari”.
Facendo riferimento agli eventi più recenti, il direttore dell’Igm precisa che sarebbe errato ritenere che le persone di età inferiore ai 60 anni abbiano corso rischi con la somministrazione del vaccino AstraZeneca. “Il ChAdOx1 protegge dall’infezione, dalla malattia grave e dalla morte – ribadisce – la notizia del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori (Codacons), che ha avviato la class action per richiedere risarcimento per danni morali agli under60, è un pessimo segnale.
Quelle persone probabilmente oggi devono la propria salute, e forse anche la propria vita, alla vaccinazione. Ci siamo tutti rattristati alla notizia del decesso di Camilla, la diciottenne di Sestri Levante che aveva ricevuto l’immunizzazione AstraZeneca, ma sembra che in questo caso si fosse innescata una reazione generata da particolari condizioni pregresse. E’ invece di oggi la notizia del ragazzo di 14 anni che in Emilia Romagna è morto a causa del coronavirus, pur non avendo alcuna complicazione e godendo di buona salute”.
“Questi eventi devono farci riflettere – conclude Maga – perché anche tra i giovani il rischio di decesso a seguito di Covid-19 esiste, è realistico, ed è molto più significativo rispetto alla bassissima percentuale di pericolo associata alla vaccinazione. La scelta deve essere quella di proteggersi da un pericolo estremamente più concreto tramite un presidio che, oltre a essere efficace, è caratterizzato da un profilo di sicurezza assolutamente paragonabile, se non superiore, a quello di molti altri farmaci che normalmente assumiamo con serenità”.
Source: agi