Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge contenente “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento giudiziario”. Nel primo pacchetto di riforme voluto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio la cancellazione dell’abuso d’ufficio, modifiche al traffico di influenze illecite, fortemente ridimensionato, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini e sulla custodia cautelare, limiti alla possibilità per i pm di ricorrere in appello.
“Riforme come quelle oggi approvate dal Cdm non si improvvisano in due giorni, ma sono il frutto di sei mesi di lavoro di uno staff estremamente preparato del nostro ministero”, ha detto Nordio al termine del Cdm. “L’obiettivo è portare a compimento l’idea liberale e garantista di uno dei nostri più grandi ministri della Giustizia, ossia il prof. Vassalli il cui codice è stato snaturato”.
“Il reato di abuso di ufficio viene abrogato. Eliminiamo la paura della firma da parte degli amministrazioni”, ha spiegato il Guardasigilli aggiungendo di aver “sentito inesattezze” sul fatto che ciò provocherebbe un “vuoto” mentre “vuoto non è affatto”. Inoltre “siamo intervenuti sulle intercettazioni, non come vorremmo ma come faremo, perché una radicale trasformazione del sistema, che ha raggiunto livelli quasi di imbarbarimento, presuppone una rivoluzione del codice di procedura penale. Siamo intervenuti nel settore più sensibile, dove era possibile intervenire in via di urgenza, per tutelare il terzo”.
Ora la riforma passa al “Parlamento, spero che l’approvazione venga fatta nel più breve tempo possibile. Auspico, non dico un accordo, l’opposizione deve fare il suo dovere, ma che l’opposizione venga fatta in termini razionali e non emotivi come sentito fino ad ora da molte parti”. “Si argomenti con le ragioni non del cuore e della pancia, ma del cervello”, ha detto Nordio.
ECCO LE NOVITÀ INTRODOTTE
Abolizione dell’abuso d’ufficio e modifiche al traffico di influenze illecite, che viene meglio definito e tipizzato e “limitato a condotte particolarmente gravi”. Aumentano le pene previste che vanno da un anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi. Per il reato è anche prevista la non punibilità se l’autore collabora con la giustizia.
Non devono essere riportate le conversazioni e i dati relativi a soggetti non coinvolti dalle indagini, se non considerati rilevanti per il procedimento. Già oggi la legge vieta la pubblicazione del contenuto di intercettazioni fino al deposito: ora anche dopo il deposito degli atti, la pubblicazione del contenuto (totale o parziale) è possibile solo se le conversazioni sono citate dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzate nel corso del dibattimento. E non può essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti o e dai loro difensori. Viene inoltre ampliato l’obbligo di vigilanza del pubblico ministero sui cosiddetti brogliacci e il dovere del giudice di ‘stralciare’ le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti ‘dati personali sensibili’ anche quelli ‘relativi a soggetti diversi dalle parti’ (fatta salva, anche in questo caso, l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini).
Il ddl prevede interventi sull’applicazione delle misure di custodia cautelare, per la quale sarà necessario l’interrogatorio di garanzia dell’indagato, a meno che non sussista pericolo di fuga o di inquinamento delle prove. Si introduce il principio del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato ‘a sorpresa’. Questo per evitare l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva e per consentire al giudice un contatto diretto con l’indagato prima dell’adozione della misura. La decisione, nel caso della custodia cautelare in carcere, sarà affidata non al gip ma a un collegio di tre giudici. Questa disposizione, dato l’impatto sull’organizzazione dei tribunali, entrerà in vigore tra 2 anni per consentire un intervento di ampliamento della pianta organica dei magistrati di 250 unità.
Nel ddl si prevede che nell’informazione di garanzia deve essere ora contenuta una descrizione sommaria del fatto su cui si indaga, che oggi non è prevista. Si prevede anche che la notifica avvenga con modalità che tutelino maggiormente l’indagato, stabilendo che la consegna avvenga in modo da garantire la riservatezza del destinatario.
Il ddl ridisegna il potere d’impugnazione del pubblico ministero contro le assoluzioni in primo grado per escludere che possa proporre appello rispetto a sentenze relative a reati di contenuta gravità. Ma restano appellabili le decisioni di assoluzione per i reati più gravi, compresi tutti quelli contro la persona che determinano particolare allarme sociale, tra i quali sono ricompresi i reati cosiddetti da codice rosso.
Si introduce una norma di interpretazione autentica per chiarire che il requisito di età massima fissato per i giudici popolari delle Corti d’Assise in 65 anni deve sussistere soltanto al momento della nomina. Si evita così il rischio che, in procedimenti per gravissimi reati anche per mafia e terrorismo, siano ritenute nulle le sentenze pronunciate da Corti d’Assise nelle quali un giudice popolare abbia superato i 65 anni durante il processo.