Giubileo: Bergoglio è il quarto papa a celebrarne due


A Roma ci sono i Francesi, spediti come forza occupante da Napoleone l’arcinemico della cristianità. Ha arrestato un papa, Pio VI, vantandosene con i musulmani e facendolo morire di solitudine e melanconia proprio in quell’anno. I cardinali, per eleggerne il successore, nemmeno osano presentarsi a Roma: si riuniscono a Venezia, anche se lì c’è l’Asburgo che in prepotenza ha poco da inviare al Bonaparte. Anzi, vorrebbe che il nuovo Vicario di Cristo restasse in Veneto, sotto la sua soffocante ala protettiva. Pio VII coraggiosamente declina, scende a Roma ma di organizzare il Giubileo non se ne parla nemmeno. Secolo agitato, il XIX: se nel ’25 tutto fila liscio, nel ’50 a Roma c’è Mazzini e Pio IX è a Gaeta, buon viaggio e così sia. Nel ’75, poi, il vecchio Mastai Ferretti ha poco da festeggiare, e non solo per l’età avanzata: il lutto per Porta Pia è ancora stretto, i fedeli di venire a Roma di voglia ne hanno poca o punta. Tutto viene approntato, tutto viene fatto, ma tutto in sordina. Forse è per questo che il Novecento, complice anche la mancata concomitanza delle date con le due guerre mondiali, in qualche modo recupera il conteggio. In cent’anni non se ne indicono quattro, come vorrebbe la prassi, ma otto, fino a finire con quell’apoteosi della Chiesa trionfante che fu il Grande Giubileo del Duemila, magniloquente fin nel nome e nella data.
Adesso, sotto Bergoglio, siamo a due in questo pontificato. E già si guarda al 2033, quando di secoli dalla morte e resurrezione di Cristo ne saranno passati venti. Difficile non ricordarli. Qualcuno addirittura non ha potuto farlo quando ne avrebbe avuto persino diritto, ma la storia degli anni santi è come la storia della Chiesa: piena di curve e di buche.
Già alla sua terza convocazione il Giubileo subì uno slittamento: avrebbe dovuto celebrarsi – da pallottoliere e da calendario – nel 1375, ma erano tempi cattività avignonese, il Papa a Roma non c’era e quindi anche i pellegrini si tennero lontani dall’Urbe.
Si recuperò appena possibile dopo l’abbandono della sede di Avignone: era il 1390, regnante Bonifacio IX. Dieci anni dopo riprese la normale scansione temporale, ma subito Martino V la sincopò nel 1423, imponendo due anni d’anticipo sul dovuto. Come mai? Curiosamente la decisione papale cadde in concomitanza con il ritorno alla casa del Padre dell’anima dell’ultimo antipapa dello Scisma d’Occidente. C’era da festeggiare: la fine dello scisma e l’unità ritrovata, si intende.
Un quarto di secolo, come stabilito, passa regolarmente tra tutti gli altri anni santi, in lenta successione, fino a tutto il diciottesimo secolo. Poi una nuova battuta d’arresto: è il 1800 e mala tempora currunt.(AGI)
Quando spingerà con le mani i non troppo pesanti battenti della Porta Santa di San Pietro, la notte di Natale, Francesco diverrà il quarto papa della storia a celebrare, durante il suo pontificato, due anni giubilari.
Qualcosa di molto raro, che lo vede affiancarsi a Paolo VI, a Giovanni Paolo II e – anche in questo caso un papa novecentesco – Pio XI. Tutti i tre, infatti, ebbero a convocare un anno santo straordinario che cadde tra un Giubileo ordinario e l’altro, divisi dai canonici 25 anni. Montini lo fece per la chiusura del Concilio Vaticano II, nel 1966; Wojtyla nel 1983, per i 1.950 anni della morte e risurrezione di Cristo. Per lo stesso motivo, ma in occasione dei diciannove secoli della ricorrenza, Papa Ratti chiamò i pellegrini a Roma nel 1933.
Bergoglio il suo giubileo straordinario lo ha già convocato, nel 2016, dedicandolo alla Misericordia. L’attuale avrà invece al centro la Speranza.
Tutti gli altri papi, da Bonifacio VIII che ebbe l’intuizione fino a Pio XII che in quell’occasione inaugurò la appena terminata Via della Conciliazione, ne hanno celebrati, al piu’, uno soltanto.(AGI)