Il 5 dicembre, si celebra la Giornata mondiale del suolo. Il tema scelto per l’edizione di quest’anno è “Suolo e Acqua fonte di vita”. Il motivo? La sopravvivenza del nostro Pianeta dipende anche dal prezioso legame tra salute del suolo e qualità e disponibilità di acqua: il rapporto tra suolo e acqua è fondamentale per ottenere sistemi agroalimentari sostenibili. Ma in Italia come siamo messi?
Suolo e acqua: più del 95% del nostro cibo proviene da queste due risorse fondamentali, entrambe alla base della produzione alimentare, degli ecosistemi e del benessere umano. Nemmeno a dirlo, però, a causa dei cambiamenti climatici e delle attività umane, i nostri suoli si stanno degradando, esercitando una pressione eccessiva sulle nostre risorse idriche.
Cosa succede quindi? Che l’erosione sconvolge l’equilibrio naturale e riduce le infiltrazioni d’acqua e la disponibilità per tutte le forme di vita. Un circolo vizioso che riemerge oggi, Giornata mondiale del suolo, che pone in primo piano una necessità fondamentale: sostenere pratiche di gestione sostenibile del suolo per migliorarne la salute, ridurre l’erosione e l’inquinamento e migliorare l’infiltrazione e lo stoccaggio dell’acqua.
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E il perché è presto detto: soltanto tutelando il suolo si arginano frane e alluvioni, si conserva un importantissimo serbatoio di carbonio e si preserva la sicurezza alimentare.
Il consumo di suolo in Italia
Un problema putroppo davvero annoso: in Italia, le nuove coperture artificiali (edifici, infrastrutture, insediamenti logistici o commerciali) sono responsabili della perdita di 2,4 metri quadri di suolo al secondo. Secondo l’ultimo rapporto di ISPRA, nell’ultimo anno nel nostro Paese abbiamo perso oltre il 10% di suolo in più rispetto al 2021.
L’Italia è un territorio fragile dal punto di vista idrogeologico: sappiamo bene (ma non vogliamo ammetterlo) che frane e alluvioni sono fenomeni diffusi e ricorrenti e in costante aumento e le città, le aree urbane sono quelle più vulnerabili.
Va da sé che il consumo di suolo incide sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico: oltre 900 ettari di territorio nazionale sono stati resi impermeabili in un solo anno nelle aree a pericolosità idraulica media. La cementificazione contribuisce così a rendere il nostro Paese meno sicuro perché l’impermeabilizzazione del suolo aumenta il rischio di disastri. Da eventi eccezionali e sporadici, gli eventi meteorologici estremi sono ormai la regola: negli ultimi 4 anni grandi alluvioni e frane hanno travolto la Penisola da Nord a Sud, Sicilia e Calabria, Piemonte, Marche, Emilia-Romagna le regioni devastate.
Si aggiunge anche un grave problema di qualità dei nostri suoli quando vengono erosi, degradati, salinizzati e inquinati da pratiche agricole intensive.
L’Italia è il Paese europeo con la maggiore diversità di suoli: sul nostro territorio abbiamo 25 diversi tipi di suolo, rispetto ai 30 riconosciuti a livello globale dalla FAO. A tale diversificazione si associa una biodiversità fino a dieci volte maggiore a quella degli altri Paesi europei, ma per preservarla è assolutamente necessario che il suolo stesso venga mantenuto sano e vitale.
Secondo la stima calcolata da ISPRA quest’anno vi è stata una perdita di servizi ecosistemici pari ad un valore di 9 miliardi di euro per i suoi costi nascosti, impatto che ricadrà sulle future generazioni.
La situazione in Italia
Secondo il rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” 2023, decima edizione a cura dell’Osservatorio Ispra,
l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, previsto dall’Agenda 2030 e dai piani europei, si allontana: 70,8 Km quadrati in un solo anno, 19,4 ettari al giorno, di cui 14,8 km quadrati di consumo permanente. Il 10,2% in più rispetto al 2021. Si aggiungono ad essi altri 7,5 km quadrati passati, negli ultimi dodici mesi, da suolo consumato reversibile (rilevato nel 2021) a permanente, portando a una crescita complessiva dell’impermeabilizzazione, ovvero la copertura dei terreni con superfici artificiali impermeabili come il cemento e l’asfalto, di 22,3 km quadrati.
I cambiamenti nel consumo di suolo sono concentrati in diverse aree del Paese, come la pianura Padana, la costa adriatica e le aree metropolitane di Roma e Napoli. Le zone costiere, le aree di pianura, le città e le zone urbane e periurbane dei principali centri urbani e dei comuni circostanti registrano una maggiore densità di consumo di suolo.
Le Regioni
In 15 Regioni italiane, la percentuale di suolo consumato supera il 5%. Le regioni con i valori percentuali più elevati sono:
Lombardia (12,16%)
Veneto (11,88%)
Campania (10,52%)
La Lombardia è anche la regione con la maggiore estensione di territorio artificializzato, con oltre 290mila ettari. Nell’ultimo anno, i maggiori aumenti nel consumo di suolo netto sono stati registrati in Lombardia, Veneto, Puglia, Emilia-Romagna e Piemonte.
E le città
Nelle nostre città, l’aumento delle superfici artificiali comporta la perdita di superfici naturali, utili per l’adattamento ai cambiamenti climatici: la temperatura aumenta in proporzione alla densità delle coperture artificiali presenti, raggiungendo valori compresi tra 43 e 46 °C durante i giorni più caldi, soprattutto nelle zone più densamente popolate. Inoltre, l’andamento della temperatura varia a seconda delle caratteristiche del territorio circostante. In media, durante l’estate, la differenza di temperatura del suolo tra le aree urbane di pianura e il resto del territorio è di 4°C, ma può raggiungere massimi di 6°C a Firenze e oltre 8°C a Milano.
Tra i Comuni virtuosi:
Ercolano in Campania ha consumato solo 0,2 ettari in più nel 2022
Montale in Toscana non ha registrato alcun aumento
San Martino Siccomario in Lombardia ha visto una diminuzione di 0,2 ettari
Tra i capoluoghi delle città metropolitane, Genova, Reggio Calabria e Firenze mostrano un risparmio del suolo.
Di Germana Carillo – fonte: https://www.greenme.it/