AGI – Si intitola “Alma” il nuovo disco di Gaia, come il brano che apre l’album, si, ma anche evidentemente come parola che ne racchiude l’essenza più tangibile, anche se parliamo di anima, la più famosa e presente tra le cose immateriali.
Intanto è una parola portoghese, e praticamente metà dell’album è cantato in portoghese, che è la lingua della mamma brasiliana; poi dentro si scorge in maniera nitida l’anima giovane, eterea e affascinante di Gaia.
Un disco raffinato, le parole accarezzano delicatamente lingua e labbra prima di finire nelle nostre orecchie, il sound è smaccatamente internazionale, ma non solo perché cantato in parte in una lingua che non è l’italiano, e non solo perché si tratta di un disco molto giovane e moderno, potenzialmente dalla facile vendibilità fuori dai nostri confini.
Ma soprattutto perché può suonare bene ovunque, in ogni angolo della terra, perché Gaia nasce artista internazionale, è proprio nelle sue corde; ha un’idea ben precisa di dove vuole arrivare con il proprio progetto, non è un caso dunque che “Alma” ne disegni un ritratto totalmente autentico e rappresenta forse il miglior lavoro in assoluto mai pubblicato da un artista che il largo pubblico conosce grazie alla partecipazione ad un talent.
“Alma” ha un sapore molto internazionale…
La mia voglia di andare fuori è proprio assoluta, poi il processo creativo è molto più easy, però il sound è qualcosa al quale tengo molto, è la chiave principale, soprattutto per il fattore lingua, dato che scrivo in due lingue e voglio che ci sia un fil rouge tra tutti i pezzi. Il suono deve essere me, pure, anche se può variare a livello di mondi e vibrazioni.
Parliamo un po’ dei featuring, interessante la scelta di J Lord…
J Lord è new generation, in tutto e per tutto, abbiamo scritto il pezzo insieme dall’inizio alla fine, in un giorno, lui ha scritto le sue barre in niente, con un flow pazzesco, senza tune. È anche una voce presente, che ha vissuto molto più dei suoi 17 anni, che mi ha fatto pensare: lui ce l’ha.
Gemitaiz invece?
Con Gem ero in dubbio, “chiedo o non chiedo?”, perché ci conosciamo ma a me piace che non mi venga detto di si per circostanza, voglio che ci sia una reale connessione tra le parti. Quindi ho fatto passare un po’ di tempo, siamo diventati amici e poi gli ho detto “Bro, io ti ascolto da quando sono pischella, voglio assolutamente fare un pezzo con te, ti va?” e lui è stato super carino ad accettare. È un mega nerd, ogni parte deve essere perfetta, abbiamo cambiato le versioni un bel po’ di volte per far si che fosse tutto figo, una mega produzione, è stato sul pezzo e mi ha dimostrato che ci teneva tanto. Poi, oltre ad essere un artista che stimo, ho avuto modo di conoscere Davide come persona e sono rimasta piacevolmente sorpresa, perché è uno che le finestre le ha aperte e da un po’.
Più comprensibile la collaborazione con i Selton…
I Selton sono i miei fratelli, proprio fratelli, li vedo almeno una volta a settimana, in certi periodi sembriamo tutti una grandissima famiglia, per giorni non ci molliamo mai, andiamo ai concerti, abbiamo fatto un tour dei migliori cinesi di Milano. Quindi abbiamo dovuto fare per forza una bossa italo-brasiliana…e siamo noi, abbiamo unito i nostri mondi.
Che mi dici invece di Tedua?
Tedua ha un’altra sensibilità, l’ho percepito immediatamente, ha un flow diversissimo, lui è unico. L’ho messo nel pezzo con la ritmica più complessa, proprio perché era lui quello del flow diverso e volevo vedere cosa mi combinava su questo pezzo, e mi ha sorpreso. Ha fatto quella buona al primo take, poi me ne ha rimandate altre trenta, “se hai bisogno di altro ti mando altre cose”; ha dimostrato impegno, intenzione, amore per quello che fa, oltrechè rispetto per il mio progetto. Ho scoperto veramente un artista incredibile.
Più interessante capire come nasce invece il featuring con una star come Sean Paul…
Ci siamo scritti via Whatsapp, lui è stato davvero un cuore di panna, perché ha scelto di fare questa canzone per il puro amore per la musica. Ha sentito la canzone e ha detto si; sai che di solito ci sono accrocchi discografici un po’ strani, lui invece mi ha detto semplicemente “Mi piace il pezzo, mi piaci tu, facciamolo”. su Whatsapp scrive come se stesse scrivendo un pezzo, fa morire, si vede quanto sia un artista da Olimpo, nonostante il successo dice semplicemente “mi piace questa cosa, la faccio”. Wow. Tantissima roba.
Quello invece con Francesca Michielin e Margherita Vicario?
Fra e Marghe già le conoscevo, già le amavo, serviva solo la canzone che potesse connetterci tutte. Io avevo il numero di Fra ma non quello di Marghe, nonostante questa estate ci siamo incrociate un sacco di volte, così ho scritto ad entrambe su Instagram, separatamente, per chiedere di scrivere un pezzo assieme, loro mi hanno risposto immediatamente, così ho fatto un gruppo su Whatsapp chiamato “Il Trio Lescano, il ritorno”, ci siamo beccate un pomeriggio e in due ore il pezzo era finito. Finito!
La collaborazione con la Vicario e la Michielin rappresenta quasi un manifesto del nuovo pop femminile, siete tra i nomi non solo più in vista, che conta tanto quanto, ma soprattutto le più brave della nuova generazione. Come ti sei sentita accolta nella discografia italiana come donna? Hai trovato qualche difficoltà?
Ogni giorno, costantemente. Una donna, anche banalmente sui social, è vista come meno artista rispetto all’uomo, meno cantautrice rispetto all’uomo. C’è un’ “oggettizzazione” del nostro corpo che ancora non capiamo, perché se mostriamo il nostro corpo perché siamo sicure siamo delle prostitute, se non lo mostriamo siamo suore, c’è sempre un’accezione negativa che però è intrinseca nel pensiero comune, non è semplicemente legata alla musica, è così sempre, mi è capitato davvero di tutto.
Sono le persone che tuttora ci fanno sentire inadeguate, come se non fossimo padrone del nostro corpo, come se non potessimo fare quello che vogliamo, dire quello che vogliamo, e comunque c’è sempre una critica su come essere donna e mai una critica su come essere uomo. Ogni donna almeno una volta nella vita è stata vittima di molestie, verbalmente o fisicamente, è un grande schifo e non è così poco comune, e non se ne parla, ma è reale e pericoloso. Io mi rendo conto razionalmente che ho anche modificato il mio comportamento e il mio carattere diventando più dura, ma perché devo essere più dura? Perché non posso concedermi certe libertà? Perché poi vai sotto una gogna sociale che va ricalibrata. È stancante dover essere sempre giusti, certe volte non ci è concesso nel percorso di sbagliare.
Tu hai partecipato a ben due talent televisivi ma sei riuscita più velocemente di chiunque prima di te a toglierti questa scomoda etichetta…
Perché non l’ho tolta, non l’ho voluta togliere, fa parte del mio percorso, l’ho accettato dall’inizio, ed io andando lì sapevo del valore delle mie canzoni e della mia persona. Quei posti sono degli acceleratori, ti insegnano tanto se sai prendere, se sai scindere il brutto e il giusto, come da ogni situazione. Questo è quello che la gente non capisce: quello è un acceleratore ma poi va sostenuto con quello che vuoi fare, la musica; quindi io accetto e son felice di averli fatti entrambi, anche se qualcuno poi va a denigrare…nono, io sono felice.
…va a denigrare perché poi sono i risultati, la musica che uno produce, che fanno la differenza, no? La tua musica è diversa da quella di altri usciti dallo stesso talent…
Ma il macchinario è sempre il medesimo. Tutti possiamo fare musica figa, la cosa difficile è fare la tua di musica e renderla unica. La struttura dei talent funziona, anche sul lungo periodo, solo ed esclusivamente se tu porti lì dentro te stesso, se sei consapevole della tua unicità. Io vorrei vedere molti artisti da tempo in classifica fare un talent…è difficile.
Presto (si spera) si tornerà alla normalità. In questi due anni ti sei fatta un’idea sulla considerazione che le istituzioni hanno di te in quanto lavoratore dello spettacolo?
Non ce n’è di considerazione, ce n’è quando c’è bisogno di far passare un messaggio e noi siamo sempre stati, come esseri umani, in prima linea. C’è sempre stata una grande trasparenza da parte del mondo degli artisti, e non solo di andare verso quello che è il giusto e ad esortare le persone a fare ciò che è giusto, credo che però non abbiamo avuto il backup che ci aspettavamo, perché non c’è stata la considerazione.
Se si pensa alla musica si pensa solo a noi, ma in realtà siamo solo la punta dell’iceberg, il nostro progetto funziona perché dietro di noi c’è un team di tantissime persone e queste persone hanno una famiglia e queste famiglie hanno bisogno di cibo sulla tavola. Basta. Una cosa così semplice non è stata compresa.
La musica è divertimento però è anche una delle linfe vitali per mandare avanti emotivamente l’essere umano, non si sono resi conto che la musica è una grandissima terapia, invece hanno preferito non considerarci. Ci rialzeremo, perché ci alziamo sempre, perché il drive della musica, quello che ci fa fare questo, è molto più potente di tutte le posizioni, anzi, noi siamo molto felici di risollevarci, da noi fino a chi monta e smonta il palco, i fonici, etc etc…però avrei voluto un po’ più di sostegno.
Source: agi