G20 di Roma e Cop26 di Glasgow, una partita in due tempi


di Antonino Gulisano

Spenti i riflettori sul vertice in Italia, i capi di Stato e di Governo si sono trasferiti a Glasgow, per unirsi agli altri leader mondiali e provare a risalire la china nella lotta al global warming.

Il G20 di Roma per l’Italia è stato un successo di vetrina internazionale, di marketing turistico delle opere archeologiche e territoriali. Senza dubbio è stato un successo di conferma del presidente Draghi, come leader italiano nella scena internazionale.

Sul piano politico il G20 di Roma ha fatto passi incerti sul clima.

«Riconosciamo che gli impatti del cambiamento climatico a 1,5 gradi sono molto inferiori rispetto a 2 gradi. Mantenere quota 1,5 gradi a portata di mano richiederà azioni e impegno significativi ed efficaci da parte di tutti i Paesi», afferma il G20.

Neutralità climatica «verso metà secolo». Nel comunicato finale, non si fa specifico riferimento al 2050 come data per raggiungere la neutralità climatica. Obiettivo sottoscritto da molti Paesi ormai, compresi Unione Europea, Stati Uniti e Giappone, ma non dalla Cina (prima al mondo per CO2 immessa nell’atmosfera) o dalla Russia (quarta). Mosca e Pechino puntano al 2060, come pure l’Arabia Saudita. Il G20 si limita pertanto a riconoscere l’importanza dell’azzeramento delle emissioni nette «entro o intorno la metà del secolo».

Progressi sono stati registrati su altri dossier, dalla tregua nella faida commerciale tra Usa e Ue, all’accordo sulla tassazione delle multinazionali.

I due reali successi o meglio accordi economici. Il G20 di Roma può senz’altro vantare un fiore all’occhiello, con la tregua sulla schermaglia commerciale su acciaio e alluminio tra Stati Uniti e Unione Europea. L’intesa, raggiunta a margine del vertice, permette di rimuovere i dazi su oltre 10 miliardi di dollari di export all’anno, mettendo fine al conflitto aperto dall’ex presidente Usa Donald Trump, che nel 2018 aveva imposto tariffe del 25% alle importazioni di acciaio dall’Europa e del 10% su quelle di alluminio.

L’accordo porterà all’eliminazione delle tariffe europee contro prodotti Usa come whisky bourbon, motociclette Harley-Davidson, jeans, barche a motore. La Ue avrebbe potuto raddoppiarle il1° dicembre. Già a maggio, Bruxelles aveva temporaneamente sospeso una salva di aumenti in programma.

Già sabato 30 ottobre era invece arrivato l’accordo sulla tassazione delle multinazionali. Intesa atterrata già pronta sul tavolo del G20, dopo l’accordo tra oltre 130 Paesi coinvolti nel negoziato Ocse, a inizio ottobre.

Le nuove regole prevedono una minimum tax del 15% sui profitti delle multinazionali con fatturati oltre i 750 milioni di euro. L’obiettivo è porre fine alla corsa al ribasso sulla tassazione delle grandi società. Se i loro profitti non vengono tassati o vengono tassati leggermente all’estero, il loro Paese d’origine potrà imporre un prelievo aggiuntivo, fino a portare l’aliquota al 15%.

I Venti continueranno a lavorare su un’iniziativa francese per reindirizzare 100 miliardi di dollari a favore dei Paesi più bisognosi in Africa, attingendo all’emissione speciale di diritti speciali di prelievo dell’Fmi (650 miliardi ad agosto). Circa 45 miliardi sono già stati riassegnati dai singoli Paesi su base volontaria. L’Italia contribuisce con 4 miliardi di dollari, pari al 20% della propria quota di diritti speciali di prelievo, secondo una nota del Mef.

In conclusione possiamo definire il risultato del G20 di Roma è un pareggio tra proposte e sogni di speranza.

La partita sul clima sarà giocata nel secondo tempo al Cop26 di Glasgow, apertosi oggi.

Restiamo in attesa del risultato finale del secondo tempo, che seguiremo con molta attenzione.