Fratello Saman accusa familiari, fu presa al collo


“Ho visto tutta la scena, ero davanti alla porta di casa. Mia sorella camminava, lo zio ha preso per il collo Saman e l’ha portata nella serra. C’erano anche i cugini di cui ho visto solo la faccia”.  Sebbene provato fino alle lacrime e tra molti “non ricordo”, il fratello della ragazza pachistana uccisa perché avrebbe rifiutato un matrimonio forzato torna la principale fonte dell’accusa dopo che i verbali precedenti erano stati annullati perché gli inquirenti l’avevano sentito senza avvocato. Nella sue dichiarazioni, precedute dall’impegno di dire “tutta la verità”, infila più volte “la paura delle minacce del papà” che lo avrebbe indotto a raccontare in passato qualche bugia agli inquirenti ma restituisce ossigeno alla Procura che, se si fosse avvalso della facoltà di non rispondere, avrebbe perso per strada alcuni passaggi cruciali nella sua ricostruzione.
Coperto da un paravento perché non incroci gli sguardi degli imputati, tutti in aula tranne la madre latitante, il diciottenne sotto protezione appare scosso ma non intimorito sugli schermi appesi alle gabbie per i detenuti, affiancato da un’interprete e dall’avvocato Valeria Miari. La Procura dei Minori di Bologna fa sapere durante l’udienza che non è indagato e che sta vagliando l’ordinanza con cui la Corte d’Assise nei giorni scorsi lo ha fatto diventare da teste a imputato di procedimento connesso per il suo possibile coinvolgimento nell’omicidio assieme al padre Shabbar Abbas, ai cugini Ikram e Nomanulhaq, allo zio Danish e alla madre Nazia. Il ragazzo ritaglia anche il ruolo di quest’ultima ma in qualche modo la ‘salva’ a livello morale: “Mentre mio zio prendeva Saman per il collo, lei guardava. La mamma però non avrebbe mai ammazzato Saman ma nella nostra cultura le donne non contano niente. Ogni volta che diceva qualcosa, mio padre la ammutoliva”. In aula il ragazzo rievoca una “riunione in cui sentì il padre parlare di scavare” la fossa dove la vittima venne ritrovata un anno e mezzo dopo la morte avvenuta nella primavera del 2021. Rispondendo alle domande dell’avvocato Luigi Scarcella, legale di  Noumanulhaq, parla dei “piani”dei suoi parenti per eliminare la sorella maggiore. “Mentre facevano i loro progetti  in camera da letto mi mandavano in cucina a fare il the – racconta -.  Io ascoltavo sulle scale, non capivo tutto ma più o meno. Ho sentito una volta mio padre dire ‘scavare’. In una riunione  durata mezzora parlavano di scavare e di ‘passare dietro alle telecamere’”. Chi c’era?, chiede la presidente della Corte, Cristina Beretti. “Papà, mamma, Danish, Noman e Ikram”.     “Ricordi quando succedeva questa cosa?” domanda Scarcella. “No, sono confuso”. L’avvocato gli mostra diversi video in cui si vede anche Saman dargli uno schiaffo (“scherzi tra fratelli, litigavano per cosa vedere in tv”) e a un certo punto crolla e piange: “Sto male, sto troppo male a vedere questi video”. La presidente Cristina Beretti dice che “è comprensibile” il suo malessere ma gli ricorda che è stato lui a sceglire di rispondere alle domande. II ragazzo ‘corregge’ anche alcune dichiarazioni dell’incidente probatorio: “Ho affermato che i miei cugini non c’entravano perché mio padre in una telefonata mi disse di non dire niente di loro. Era una bugia dire che non c’entravano, l’ho detta perché da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio e non potevo dire niente…”.

Ai carabinieri e al giudice il ragazzo aveva affermato invece che i cugini non avevano a che fare col delitto. “Dissi ai carabinieri dove poteva essere seppellita Saman quando andammo a Novellara per cercare il corpo. Me l’aveva detto Noman, glielo avevo chiesto io dove fosse perché volevo abbracciarla l’ultima volta”. Nelle ultime battute dell’udienza, alla domanda se avesse capito che i familiari volevano uccidere Saman perché il padre gli raccomandò di restare sulla porta di casa, “fuori dalle telecamere” della serra, risponde: “Sentivo che c’era qualcosa di strano ma mai avrei immaginato che l’avrebbero ammazzata”. L’esame proseguirà venerdì prossimo. (AGI)
MAD