Francesco Piccolo parla dei "momenti trascurabili" raccolti per caso


AGI – È uscito in libreria “Momenti trascurabili” volume terzo della serie firmata da Francesco Piccolo partita con “Momenti di trascurabile felicità” del 2010 e “Momenti di trascurabile infelicità” del 2015. Due libriccini che altro non sono che racconti che variano di lunghezza tra il breve e il brevissimo e tentano di dipingere e in qualche modo razionalizzare, mettere a nudo, quei piccoli momenti della vita quotidiana che ci creano piacere o fastidio, che tendiamo appunto a trascurare, ma che alla fine, ci rendiamo conto, tutti insieme compongono una grossa fetta della nostra vita.

Qualche dettaglio “non trascurabile” sull’autore

Piccolo, scrittore Premio Strega 2014 con il libro “Il desiderio di essere come tutti”, ha contribuito a scrivere alcuni dei più popolari e premiati film di questi primi vent’anni di nuovo millennio per registi come Paolo Virzì, Nanni Moretti, Silvio Soldini, Michele Placido e Francesca Archibugi, raccogliendo in totale tre David di Donatello, quattro Nastri d’Argento, due Premi Flaiano e quattro Ciak D’Oro.

Anche i suoi “Momenti di trascurabile felicità” sono finiti al cinema nel 2019, interpretati da PIF, con il quale Piccolo aveva condiviso un tour di reading in tutta Italia, e per la regia di Daniele Luchetti. I momenti trascurabili di Piccolo col tempo sono diventati dei veri e propri cult, un caleidoscopio divertente per analizzare la nostra vita, i nostri rituali sociali, la nostra routine.   

L’intervista a Francesco Piccolo

Si ricorda com’è nata l’idea dei piccoli momenti trascurabili?

“È nata come un file mio che ho cominciato a tenere così, come una specie di deposito di questi momenti, perché me ne venivano ogni tanto, allora mi sono detto ‘va bene, li metto in questo file’, perché mi sembravano una cosa interessante e casomai da utilizzare. Col tempo questo file si è ingrandito e un giorno mi sono accorto che poteva essere un libro. Io avevo dei dubbi, abbiamo fatto delle prove di lettura con la casa editrice…insomma, è stato un inizio un po’ tribolato, io non sapevo che tipo di libro fosse, perché comunque sono dei libri un po’ strani dal punto di vista narrativo, perché sono racconti di varia lunghezza, totalmente sciolti da una compattezza se non quella tematica. E poi invece l’abbiamo pubblicato in una collana che Einaudi tiene per le cose un po’ laterali, questo anche per dire che all’inizio l’abbiamo pubblicato con simpatia ma non è che ci credessimo molto”

Si aspettava che sarebbe piaciuto così tanto?

“Per niente. Anzi, ero stato attento a confezionare un libro, come spesso gli scrittori fanno, che fosse laterale, dare il segno che fosse una cosa un po’ speciale, diversa dal solito, e anche le tirature iniziali del primo libro erano delle tirature molto piccole, perché non si pensava per nessun motivo ad un successo”

Come se l’è spiegato allora il successo? Perché piacciono così tanto?

“Io me lo sono spiegato in una maniera semplice, ma credo sia anche quella più possibile e vera, e cioè che quando incontro dei lettori che li hanno letti tutti mi dicono ‘sono cose che capitano anche a me, le ho pensate anch’io’, c’è un’identificazione molto molto forte con quello che si legge, non sembra di leggere il libro di un altro e questo credo che sia il motivo, che ho capito a posteriori, dell’efficacia del libro”

Era già prevista l’uscita di un volume 3?

“Si, avevo in mente di scriverlo da tempo, perché io ho sempre continuato a raccogliere, a scrivere dei momenti quando ne avevo voglia o quando mi venivano in mente, poi ogni tanto dico ‘sono pronto per raccoglierli’.

Salta subito all’occhio il fatto che in questo volume 3 i momenti sono semplicemente trascurabili, come mai?

“Io credo che sia una scelta rispetto al cammino che hanno fatto i libri precedenti e quello che c’è nella mia testa rispetto a questi libri. Il fuoco, la sottolineatura, l’evidenziatore, è stato puntato sulla trascurabilità e non sul fatto che siano momenti di felicità o infelicità perché spesso si confondono, spesso alcuni momenti di infelicità sono anche di felicità o il contrario. Perché ovviamente la felicità e l’infelicità, a livello assoluto sono due cose ben distinte, a livello di inciampi quotidiani possono essere molto simili”

Nel brano in cui prova a spiegare, anche a se stesso, come mai versa l’8×1000 alla chiesa valdese, scrive “io dichiaro sempre il mio voto alle elezioni”, allora ci autorizza a chiederle: le prossime elezioni arriveranno dopo un momento difficile come pandemia e post-pandemia, se si votasse domani a chi darebbe la preferenza?

“Se si votasse domani continuerei tristemente, testardamente, ottusamente, a votare il PD”

Quindi si fida di questo nuovo corso del PD?

“Eh insomma, con i presupposti che ho fatto non mi sembra che ci sia una fiducia totale, però è comunque il partito con cui mi identifico di più, in ogni caso. Ma “mi fido” e “mi identifico” sono molto molto molto ottemperate come scelte”

Restando sul cinema, qualche giorno fa sono uscite le direttive per riaprire i set, la soddisfano? Quanto ha fatto male questa pandemia al cinema?

“Al cinema ha fatto molto male, perché in fondo i libri hanno un ciclo produttivo che può essere vissuto anche dentro la pandemia o post pandemia, purtroppo il cinema, soprattutto nel momento delle riprese, che è il momento decisivo, è un’attività molto a rischio. Io le ho lette le direttive, io non sono uomo di set, mi sembra che sono faticose, che sono difficili, ma io credo che bisogna ripartire il prima possibile, di far finire i film e le serie che erano state cominciate, di produrre quelle che erano pronte per partire. Dal mio punto di vista di sceneggiatore, la pandemia non ha cambiato tanto il mio lavoro, anzi, durante la quarantena io ho lavorato molto, perché l’unica cosa che in questi mesi ha tenuto vivo il cinema è stata affidarsi alla scrittura, per sentire di andare avanti comunque gli sceneggiatori hanno scritto altri progetti, sono andati avanti nella scrittura, che era l’unica cosa che poteva andare avanti. Spero adesso ricominci davvero tutto.”

Il lockdown l’ha ispirata? Quanti film racconteranno di questa fase surreale vissuta da tutti?

“Io credo che questa sia una cosa capitata a tutti, ma addirittura non solo alle persone creative come scrittori, sceneggiatori, registi, musicisti, ma a qualsiasi persona. Io penso due cose fondamentali: la prima è che non bisogna correre a raccontare le cose che stanno succedendo, perché una delle cose che insegna la creatività è quella di prendersi un tempo e lasciarla riposare. La seconda è che qualsiasi cosa che si va a scrivere, in ogni modo sarà condizionata da quello che è successo, in maniera lieve o forte ma ne sarà condizionata”.

In un brano del volume 3 lei fa una divertente analisi, anche tecnica, del film “Transformer 4”, durante questo lockdown cosa ha visto che l’ha particolarmente colpita?

“Ho visto di tutto, perché è stata una delle cose che ho fatto di più, che molti hanno fatto di più, e questo racconta anche che cos’è il nostro lavoro. Ho letto tantissimo, ma ho visto tantissimi film, tantissime serie; due cose mi sono rimaste molto impresse: la serie tv “Unorthodox” è la prima, ma la cosa che mi ha colpito più di tutte in questo periodo è stato “The Last Dance”, la docu-serie su Michael Jordan e i Chicago Bulls…quella mi ha esaltato”.

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Fonte: cultura agi