Forza Italia è Berlusconi ma torni la casa dei liberali


L’APPUNTAMENTO DI MILANO DUE GIORNI DI IDEE PER IL FUTURO DEI MODERATI

Paolo Guzzanti

Benché chiuso in una camera di ospedale e porti con grazia i suoi anni, si parla ancora una volta di lui come dell’asso nella manica, deus ex machina. E infatti si tratta proprio di una macchina, quella della kermesse milanese che Silvio Berlusconi ha testardamente voluto per riportare in vita l’autentico originale spirito di Forza Italia. E non c’è dubbio che ancora una volta Forza Italia sia lui, circondato da una pattuglia di fedelissimi. Ma alla fine, come tutti perfettamente sanno, si riscopre che lo spirito di Forza Italia è soltanto lui, Silvio Berlusconi. Non si è costruito un erede, ma nessuno si fa un erede. Lo vidi il tre marzo ad Arcore e fremeva per l’immobilità, fremeva come ha sempre, avendo dovuto difendersi più dagli alleati che dai nemici dichiarati. Alla svolta del millennio, lui era l’uomo del secolo, mentre quelli che lo sostenevano gli slacciavano le scarpe. È passato sotto un tunnel di processi che neanche in un videogioco ed ora cerca di riportare a vita politica una Forza Italia che non sa vivere senza l’occhio del padre nobile. Vorrebbe un partito capace di produrre idee e progetti pieni di fantasia e di speranza disponendo di dirigenti ideatori, ma il materiale scarseggia. E così lui rilancia l’idea rock, lo spettacolo, la Kermesse in cui tutti parleranno solo per riempire il vuoto dell’apparizione almeno in voce. Nessuno al suo posto farebbe discorsi dirompenti, o soltanto interessanti, perché il diritto di evento è soltanto suo. È lui che può raccogliere milioni di like improvvisandosi influencer, anche se nell’ambito domestico il titolo che gli è dovuto, oggi come all’inizio, non è quello di Presidente o senatore, ma il suo amato “dottore”. Oggi non ha più nemici e i pochi che aveva, come Michele Santoro, gli rendono omaggio. Ma nel passato aspro e glorioso è stato – senza fare una piega, solo forse un plissé – il bersaglio più insultato, oltre che osannato, in un’epoca in cui l’esercizio dell’insulto, dell’odio, dell’invettiva era violento, da guerra civile mentale. Forse soltanto in Italia sarebbe potuto succedere quel che accadde quando, appena arrivato a Palazzo Chigi, lesse sulla prima pagina del Corriere della Sera un avviso di garanzia e apprese di essere indagato come criminale, mentre presiedeva a Napoli un convegno internazionale sulla criminalità, con accuse risultate tutte false. Bossi, creatore della Lega Nord fuggì, il governo crollò per un artificio e poi dopo la vittoria di Prodi bisognò rifare tutto da capo. I fatti di Genova furono elementi di un’unica provocazione, che fecero apparire l’Italia e il suo governo come creature mostruose, Soltanto Matteo Renzi raggiunse vette di consenso e di leadership confrontabili con quelle di Berlusconi che lo aveva visto crescere con affetto e sospetto: “Renzi è cresciuto con le mie idee e le mie televisioni”, mi disse. E naturalmente quelle caratteristiche diventarono per le sinistre “la deriva berlusconiana di Renzi”. Troppo costruttivo, troppo abile, troppa leadership. La leadership è una cosa di destra, soltanto il territorio è di sinistra. Forza Italia al suo esordio fu chiamata, per scherno, il “partito di plastica”, che sarebbe immediatamente scomparso dalla storia e dalla memoria. Trentadue anni dopo, una Forza Italia ridotta è ancora lì, in attesa del suo creatore e signore. In attesa del Berlusconi caduto da cavallo, che vuole rivedere la sua creatura viva, vitale. Berlusconi sta molto meglio, ci dicono, e sarà vero. In fondo è sopravvissuto a un cancro prostatico, due bypass, una statuetta di ferro che gli ha rotto il naso, un Covid da lasciarci la pelle, una lenta leucemia e un’infezione polmonare. E dall’ospedale San Raffaele organizza il rito dell’apparizione: l’epifania di Berlusconi. Ci saranno applausi e lacrime di gioia, e il partito emetterà segnali vitali. Ma per vivere, dovrebbe tornare ad essere la casa dei liberali. E qui la strada si fa impervia.

Fonte: Il Riformista