FOCACCE IN ASCESA


Storia di Tommaso Mazzanti e della sua piccola grande impresa: portare “All’antico vinaio” da Firenze a Roma fino a New York

Marianna Rizzini

Non un paludato cda o un team di manager. La fortuna di “All’antico vinaio” ha radici nell’intuizione di “Tommy, quello di Tiktok” Da ragazzo fidelizzava i clienti del negozio del padre. Poi il marketing su Facebook. Il 2014 è l’a nn o della svolta grazie a Tripadvisor La soddisfazione di “aver dato ai miei la possibilità di stare tranquilli dopo una vita di sacrifici”. La comunicazione la gestisce con la moglie Clara La necessità di retribuire bene il lavoro e fare felici i dipendenti. I negozi all’estero sono supervisionati per garantire aderenza alla formula
Flashback. Circa un anno fa, Roma, esterno giorno. Gente, tanta gente: un serpentone interminabile lambisce la via che porta verso piazza Capranica, e giù giù verso il Parlamento. Sono ragazzi, adulti, turisti, anziani, bambini. Lì per lì non si capisce dove vadano, e il passante che percorre la via abituale per andare in ufficio attribuisce la presenza dell’incredibile coda a qualche negozio in chiusura, con grandi saldi “liquida tutto”. Ma, al secondo giorno in cui la visione del serpentone si ripresenta ancora più imponente, gonfiandosi ai lati e oltre piazza Capranica, l’occhio scopre la fonte di tanta attesa: la bottega dell’antico Vinaio, franchising romano di un’originaria ditta fiorentina. Che cosa vende, questo vinaio? si domanda incuriositi. “Focacce ripiene buonissime”, risponde una signora. “E’ quello di Tiktok, Tommy Mazzanti”, dice un ragazzo. E insomma, dalle risposte si evince che il rivenditore di panini non è un rivenditore qualsiasi, e che quella non è una bottega qualsiasi. E infatti è uno dei due poli romani di un’azienda che, dal centro di Firenze, negli ultimi anni si è espansa non soltanto verso il nord (oltre ai cinque negozi fiorentini e uno a Campi Bisenzio, “All’antico vinaio” ha aperto tre sedi a Milano, una a Bergamo e una Torino) e verso il sud (oltre a due sedi Roma, è prevista una prossima apertura a Napoli), ma soprattutto oltreoceano (New York, con due negozi aperti e uno in arrivo, e due aperture a Los Angeles e una a Las Vegas in prospettiva) e presto anche in Europa, grazie al franchising con Antonio Percassi (si progettano Parigi e Barcellona). I numeri parlano: più di 300 dipendenti tra Italia e estero, 3-4 mila persone servite al giorno soltanto in uno dei negozi di Firenze, 667 mila follower su Instagram, 567 mila su Facebook e 472 mila su Tiktok, per un fatturato da ventitré milioni all’anno. Chi c’è dietro? Non un team di manager, non un grande tavolo ovale da consiglio di amministrazione paludato. La fortuna di “All’antico vinaio” mette radici nell’intuizione di Tommaso “Tommy” Mazzanti, trentaquattrenne fiorentino riconoscibile sui social per il cappello con visiera onnipresente e per il motto-tormentone “bada come la fuma”, cioè senti quanto scotta la focaccia farcita con salumi, formaggi, salse di produzione propria e verdure fresche, secondo formule e varianti con nomi ormai noti da Roma a New York. Tra le altre, si va dalla “Tricolore”, con carpaccio di manzo e crema di pistacchi, alla “Quarantena”, retaggio semiserio degli anni grami del Covid, fino alle focacce “Estate” e “Boss”, con crudo, pecorino e crema di tartufo, o alle dantesche “Paradiso”, con mortadella e stracciatella, e “Beatrice”, con prezzi che vanno dai nove agli undici euro e con possibilità di aggiungere altri ingredienti e il bicchiere di vino bianco o rosso. Prima, cioè prima dei primi anni Duemila, esisteva soltanto un Tommy “pizzicagnolo di gastronomia” al banco: un ragazzo che non aveva voglia di studiare, racconta al Foglio, ma che volentieri intratteneva i clienti tra uno spiedino e un piatto di spinaci, figlio d’arte nel senso della piccola bottega storica di salumi, pollo, verdure pronte e vini che suo padre aveva rilevato nel 1997, in una via di Firenze non distante dalla Camera di Commercio. Tommy a quell’epoca era poco più che adolescente, si divertiva “come un pazzo”, dice, non aveva nessuna intenzione di tornare sui banchi e cercava di fidelizzare gli avventori in pausa pranzo facendoli sentire a casa al punto da permettere loro di lasciare il conto aperto tutta la settimana. Nulla faceva presagire, allora, un futuro come quello di oggi, con tanti follower e recensioni entusiastiche postate su Tripadvisor da turisti di ogni nazionalità (Tripadvisor è stato il demiurgo del successo via passaparola: nel 2014 “All’antico vinaio” è risultato il locale più recensito al mondo, al grido pro made in Italy di “se vai a Firenze non puoi non passare da lì”).
Né qualcosa poteva far presagire la parallela ondata di odiatori internettiani che oggi periodicamente criticano Tommaso Mazzanti per il fatto di vederlo felice e intento a godersi il frutto di un guadagno ingente arrivato lavorando. Per non dire di quando, a un certo punto, Mazzanti ha comprato una Lamborghini, postando l’acquisto sui social, e la cosa non è andata giù a una miriade di hater avvelenati contro quello che veniva indicato come “il cafone”. “La cosa che mi fa veramente male”, diceva in quei giorni Mazzanti, “è vedere che quasi la totalità dei commenti sono di fiorentini, cioè gente della mia città. Io che sono fiorentino doc, che ho il giglio e il David tatuati sulle spalle, vengo infamato da gente della mia città. Firenze è piccola, ci si conosce tutti. Ma io cosa vi ho fatto di male?”. Invidia sociale? Sprazzi di superiorità culturale? Fatto sta che il business di Mazzanti poggia su una convinzione: “Io voglio che i miei dipendenti stiano bene, che si divertano e che siano convinti come me di quello che stiamo facendo”. Motivo per cui “Tommy” paga i dipendenti più della media del settore, permettendo a chi va all’estero come supervisore di avere alloggio comodo e possibilità di scegliere per quanto tempo stare via: tre mesi, un anno, diciotto mesi. Ogni negozio oltreoceano prevede la presenza fissa di due brand manager: persone che hanno cominciato magari al banco, con il grembiule che lo stesso Mazzanti, ogni tanto, continua a mettere nella bottega di Milano, città di adozione dove si è trasferito con moglie e primo figlio qualche anno fa, non senza la continua nostalgia per i panorami del suo Lungarno. I supervisori, in media, hanno tra i 25 e i 30 anni e devono vigilare sull’aderenza della formula “All’antico vinaio” alla realtà. Su questo Mazzanti è molto rigido, al punto da rifiutare un’offerta allettante proveniente dagli Emirati Arabi, qualche anno fa, proprio perché non corrispondente alla tradizione della rivendita di focacce con ingredienti tipici italiani e struttura classica del panino ripieno (ora però gli Emirati sono rientrati nella mappa personale di conquista-mercati del “Tommy” fondatore e ceo di “All’antico vinaio“).
L’altro flashback che spiega la fortuna della rivendita fiorentina lambisce la prima espansione italiana di Facebook. E’ il 2008 e Mazzanti è ancora un giovane e intraprendente dipendente del padre che lavora in due negozi dirimpettai e comincia a usare il social network come rudimentale aiutante in campo di marketing (e fino a poco tempo fa erano soltanto lui e sua moglie Clara a gestire la comunicazione on line. Soltanto recentemente, vista la mole di lavoro, i due si sono avvalsi dell’aiuto di una collaboratrice e di un’agenzia). I contatti, da quel 2008, crescono rapidamente. Mazzanti porta l’attività paterna sulla specializzazione “focacce e vino”, si espande inizialmente a chilometro zero, nella stessa via del centro di Firenze, fino a che, nel giro di un quinquennio, la piccola azienda è pronta a volare. L’anno di svolta è il suddetto 2014, quando Tripadvisor incorona “All’antico vinaio” con un numero esorbitante di recensioni positive. Mazzanti comincia a postare video su Facebook, inizialmente uno a settimana, poi, in anni più recenti, con la colonizzazione di altri spazi social via Instagram e Tiktok, arriva a postare sempre più spesso: lui dietro al bancone, lui che addenta la focaccia, i ragazzi di una rivendita che mostrano la genesi dei panini più amati. Si arriva alla variante oltre l’asporto con l’apertura del negozio di Forte dei Marmi, dove c’è, a differenza che a Milano, la possibilità di sedersi al tavolo. Si arriva, dice Mazzanti, “a coltivare il sogno di arrivare a Parigi”, magari alla fine di quest’anno, dopo aver tenuto a battesimo la sede di Las Vegas in ottobre. Sempre con l’idea che “il lavoro vada retribuito, e bene, e il lavoratore reso felice di lavorare con te, altrimenti l’impresa va a rotoli”. La saggezza popolare di Mazzanti viene dalla famiglia di origine (“oggi sono contento di aver dato ai miei la possibilità di stare tranquilli dopo una vita di fatica e sacrifici”, dice), ma si riverbera su quella formata con Clara, la ragazza bionda ora mamma di due bambini con cui Tommy ha da poco festeggiato l’anniversario di matrimonio in Botswana, nel delta dell’okawango, a bordo di una piccola imbarcazione capace di solcare acque popolate da coccodrilli. La trasferta, finita su Instagram, non ha ancora provocato commenti dei soliti odiatori, e Mazzanti e consorte lo hanno messo in cima alla lista dei viaggi della vita che ogni tanto si concedono, con la semplicità di chi è arrivato alla possibilità di spendere per sé senza per questo voler sprecare. “Ringrazio di poter fare cose belle, ma vengo dal nulla e so che cosa significa”, dice Mazzanti, “e ai miei ragazzi ripeto sempre che è il lavoro fatto con passione che porta al benessere, alla felicità e al potersi godere la vita, e che niente di buono arriva dall’aspettarsi il successo senza impegno”. Fatto sta che alcuni dei suoi brand manager inviati negli Stati Uniti sono tornati con “un bagaglio di esperienze, un inglese perfetto e le risorse per mettere su famiglia”, dice Mazzanti in versione fata di Cenerentola che realizza i desideri di chi mai avrebbe pensato di poter arrivare al ballo del principe azzurro, ma è anche vero che gli stessi brand manager sono stati, in giorni non lontani, come lui, semplici commessi. “Il punto è l’amore per il dettaglio e il rispetto del cliente: se lo tratti come un numero, da qualunque parte del mondo venga, quello non torna. Se lo tratti come una persona è il primo a voler condividere il pranzo con street food italiano postando foto e commentando con frasi che ancora oggi mi fanno alzare soddisfatto”.
Il boom del brand è stato locale e graduale, i prezzi sono rimasti abbordabili (all’inizio un panino farcito completo costava 5 euro, ora come si diceva non si arriva a 12). “Siamo stati un po’ pionieri”, dice Mazzanti, che considera un portafortuna la prima bottega paterna, aperta nel Dopoguerra e arrivata alla gestione dei suoi genitori per i giri immensi che non fanno solo i grandi amori, per dirla con Antonello Venditti, ma anche i commerci: trattasi di pochi metri quadri, un angolo per pane e vino da mangiare e bere seduti sul marciapiede. Esattamente la posa che molti turisti immortalano (con protagonisti se stessi o i propri cari) quando mettono on line foto di viaggio con in mano il cartoccio prezioso, conquistato dopo un tempo di fila che in alcuni momenti può essere molto lungo (“andateci all’apertura”, consiglia un avventore portoghese che quando è a Firenze torna sempre “All’antico vinaio”; “vale la pena aspettare”, scrive un inglese; “cibo italiano puro, ci siamo innamorati di questo posto”, scrivono due sposini spagnoli con doppia focaccia). A Roma la fila procede tuttora ordinata, a un anno e passa dall’apertura della sede a due passi dal Pantheon, e ancora non c’è bisogno della security che, specie in anni di Covid, Mazzanti aveva predisposto davanti alle sedi di Firenze. Ora c’è il sogno di un posto al sole a Napoli. “Ecco tredici buone ragioni per preferire un panino al salame a una come te”, cantava Zucchero. Ma la canzone più adatta alla piccola grande impresa di Mazzanti è forse “Fammi un panino” di Pino D’angiò, cantante cult vintage che piaceva ai genitori di chi ora si ritrova a provare la focaccia dell’antico Vinaio sotto i quasi quaranta gradi di Roma: “Ho una fame da morire e non posso più cantare / Non mi fare dimagrire, corri, corri a cucinare / Amore, vai e fammi un panino / E mettici dentro un amore piccino”. “Siamo perfetti anche per la prova costume”, scherza intanto Mazzanti dai social, sorridendo sotto al berretto colorato e sventolando nell’aria una focaccia “bada come la fuma”, calda e strabordante del prosciutto irresistibile che ha stregato (e fidelizzato) lo straniero.

Fonte: Il Foglio