Pilastro centrale la revisione dell’Irpef, che, si legge nelle bozze circolate, passerà anche dal riordino “delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti di imposta”. Nella scorsa legislatura, Draghi aveva ridotto le aliquote Irpef da 5 a 4, ora il governo Meloni vuole passare da quattro a tre scaglioni. Attualmente i contribuenti italiani sono divisi in quattro fasce. La prima è quella di 15 mila euro di reddito, sottoposta a un prelievo del 23%. Poi c’è quella da 15 a 28 mila euro, con un prelievo del 25%. Da 28 a 50 mila si arriva al 35%. Oltre i 50 mila l’aliquota è al 43%. L’ipotesi principale è quella di una fusione tra i due scaglioni centrali. Porterebbe un risparmio per chi guadagna tra i 28 e i 50 mila euro.
Con la riforma si pensa anche di allineare a 8.500 euro la no tax area per pensionati e dipendenti e di estendere la flat tax incrementale anche ai lavoratori dipendenti. L’aliquota unica incrementale è stata introdotta, nella misura del 15%, dall’ultima legge di Bilancio, e riguarda i redditi in più dichiarati dai lavoratori autonomi (fino a un massimo di 40mila euro) nel 2023 rispetto al triennio precedente. Ora l’obiettivo è la tassa piatta allargata ai dipendenti. Il governo intende ridurre il carico fiscale senza compromettere l’equilibrio dei conti E per recuperare il mancato gettito si ricorrerà a uno sfoltimento delle tax expenditure, ovvero la giungla di agevolazioni fiscali, delle detrazioni e delle deduzioni che ammontano ormai a oltre 600 voci che costano oltre 160 miliardi. Si lavora quindi a una rimodulazione degli ‘sconti’ e l’idea è di porre un tetto percentuale all’utilizzo per ogni fascia di reddito, progressivamente discendente al crescere dell’imponibile.
Si punta anche a uno stop graduale dell’Irap, con priorità per le società di persone, gli studi associati e le società tra professionisti. Si fa strada poi l’idea di una nuova Ires a due aliquote, con l’obiettivo di favorire la capitalizzazione delle imprese italiane e premiare chi investe in nuova occupazione e beni strumentali innovativi. L’ipotesi è di prevedere oltre all’aliquota ordinaria del 24% una tassazione agevolata per la quota di reddito.
Spazio anche alla razionalizzazione del numero e delle aliquote Iva. L’obiettivo è omogeneizzarla per i beni e servizi similari “di maggior rilevanza sociale” e in campo c’è anche la possibilità dell’Iva azzerata per alcuni beni di prima necessità come pane, pasta e latte, possa essere portata a zero. “E’ una delle ipotesi perché la normativa europea prevede anche l’aliquota zero, ma si deve lavorare”, ha detto il viceministro dell’economia Maurizio Leo a margine della presentazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate. Il goerno intende poi ridurre l’Iva per l’importazione e cessione di opere d’arte.
Per la lotta all’evasione fiscale, si ricorrerà maggiormente anche all’analisi del rischio e alle soluzioni di intelligenza artificiale. Allo stesso tempo il governo vuole incoraggiare il più possibile la collaborazione da parte dei contribuenti: si prevede infatti il “rafforzamento del regime di adempimento collaborativo” o “l’aggiornamento e l’introduzione di istituti, anche premiali, volti a favorire forme di collaborazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti”.
L’esecutivo pensa anche di introdurre la sospensione nei mesi di agosto e dicembre di ogni anno, dell’invio da parte del Fisco delle comunicazione, degli inviti e delle richieste di atti ai contribuenti. La delega, tra le numerose voci, prevede infine un nuovo sistema fiscale per Comuni, Province e Città Metropolitane attraverso un riordino dei tributi locali e la semplificazione degli adempimenti. (AGI)