Questa sera in seconda serata su Rai Movie il film di Ettore Scola
di Franco La Magna
Il travaso continuo dalla delusione politica a quella esistenziale e viceversa da quella esistenziale alla politica, con lo sfondo più o meno sfuocato dei grandi movimenti della storia, è uno degli elementi strutturali – vero e proprio “leitmotiv” – su cui Ettore Scola ha fondato buona parte della “weltanschauung” (concezione della vita) dei propri film ed in particolare di quelli della maturità artistica.
Delusioni, frustrazioni, crisi di valori, impotenza intellettuale, rabbia repressa, velleitarismi parolai, per celare l’avvenuto distacco dalla realtà da parte dei protagonisti, accompagnano la coralità della variopinta fauna umana de La terrazza (1980, questa sera 10 gennaio su Rai Movie alle 22,50) che in opposizione alla compressione claustrofobica dello spazio – una terrazza – spinge l’occhio indagatore su una più generale condizione d’incupimento del paese (esistenziale, intellettuale, politico), di deriva verso il nulla, con esiti forse non del tutto soddisfacenti, ma la cui disordinata commistione è anche qui sintomo della confusione individuale e dello stordimento generale.
Man mano che la padronanza del mezzo tecnico cresce, lo sguardo di Scola si apre alla storia – mai “in quanto tale”, ma come grandioso fondale con il quale l’uomo interagisce e reagisce – in modo, paradossalmente, inversamente proporzionale allo spazio fisico, che tende invece a restringersi claustrofobicamente (“Una giornata particolare”, “La famiglia”, “La terrazza”, “La cena”), in un microcosmo archetipico.
Radiografia impietosa della complessità dell’esistenza (con qualche “inevitabile” stereotipo caratteriale) marcata dai continui rimandi storici, il film conferma la straordinaria capacità registica di Scola di dirigere gli attori utilizzati (come farà anche con il successivo “La cena”) alla stregua di strumenti musicali, per ricavarne una specie di concerto dove ora prevale il solista, ora il duetto, il trio, il quartetto… Perfetto ed esteticamente efficacissimo l’assemblaggio dell’intera “orchestra”; assoluto il dominio dell’eterogenea e nel contempo unitaria materia trattata che fanno di Scola il più “altmaniano” dei registi nazionali.