Fideiussione bancaria, istituto in continua evoluzione interpretativa


 

In realtà, ad oggi, la giurisprudenza è costante nell’affermare la nullità del contratto di fideiussione omnibus se aderente al modello elaborato nell’anno 2003 dall’ABI e sanzionato nel 2005 con provvedimento della Banca d’Italia.

Difatti, come noto, il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 di Banca d’Italia, ha disposto che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della Legge n. 287/1990.

In altre parole: la clausola di reviviscenza (articolo 2 del modello ABI), la clausola di rinuncia al termine di decadenza previsto dall’articolo 1957 del codice civile (articolo 6 del modello ABI) e la clausola di sopravvivenza (articolo 8 del modello ABI), sono in contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali.

La Cassazione, successivamente ha sancito che la presenza delle citate tre clausole determina la nullità del contratto di fideiussione stipulato anche in epoca anteriore all’anno 2005.

Tuttavia, i dubbi interpretativi che tale status sta determinando, soprattutto nei tribunali di merito, sono determinati da due aspetti fondamentali:

  1. la nullità parziale o assoluta delle fideiussioni redatte sullo schema ABI;
  2. la differenza tra fideiussione omnibus e fideiussione specifica.

1. La nullità parziale o assoluta delle fideiussioni redatte sullo schema ABI

Segnatamente, ad oggi, la novità è rappresentata dall’ordinanza interlocutoria n. 11486 del 30 aprile 2021, con la quale la Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente la valutazione circa la necessità della trasmissione alle Sezioni Unite della questione di particolare importanza, relativa alle conseguenze giuridiche di una fideiussione bancaria per cui sia contestata la nullità per violazione dell’art. 2 della Legge Antitrust (Legge 10 ottobre 1990, n. 287).

Dunque, siffatte fideiussioni, redatte sullo schema contrattuale predisposto dall’ABI nell’ottobre 2003, giudicato dall’Autorità garante della Concorrenza frutto di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza come da accertamento della Banca d’Italia, n. 55 del 2 maggio 2005, sono attualmente sottoposte alla valutazione della Suprema Corte per l’evidente presenza di clausole limitative della concorrenza che rendono la garanzia irrimediabilmente nulla.

Peraltro, se l’orientamento iniziale della Corte di Cassazione era stato quello di ritenere applicabile in tali fattispecie una possibile pronuncia di nullità parziale ex art. 1419 c.c., limitatamente alle sole clausole ricalcanti le intese illecite (artt. 2, 6 e 8 L. 287/1990), ora, la Prima Sezione della Cassazione, con la sopracitata ordinanza interlocutoria, rileva il potenziale contrasto giurisprudenziale tra l’orientamento che prevede la dichiarazione di nullità parziale della fideiussione e quello che prevede la dichiarazione di nullità integrale posto che, indagando la volontà delle parti, il fideiussore avrebbe ben potuto non prestare il proprio consenso al rilascio della garanzia con le clausole de quibus, epurate dal testo contrattuale per intervento del giudice.

Ebbene, richiamando la pronuncia n. 2207/2005 della Cassazione, si evidenzia che “il contratto cosiddetto “a valle”, ovvero il prodotto offerto al mercato, del quale si allega […] la omologazione agli altri consimili prodotti offerti nello stesso mercato, è tale da eludere la possibilità di scelta da parte del consumatore” e che “il consumatore, che è l’acquirente finale del prodotto offerto al mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene. Pertanto, la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. E ciò quale che sia lo strumento che conclude tale percorso illecito. A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anticompetitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile”.

Di conseguenza, la Prima Sezione della S.C., con la citata ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, richiamando quanto pronunciato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza n. 2207 del 2005, si interroga se pronunce più recenti (in particolare: Cass. n. 24044 del 26.9.2019) abbiano comportato un ingiustificato indebolimento del rapporto tra i contratti a valle (le fideiussioni) e l’intesa a monte (di cui allo schema ABI).

Se, dunque, appare ampiamente condivisibile l’argomentazione avanzata dalla Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza interlocutoria n. 11486, nelle more di siffatta questione, devono essere menzionate la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 13846 del 22.05.2019, in tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della L. n. 287 del 1990 (Legge Antitrust) e, l’ancora più recente, sentenza del Tribunale di Taranto (sent. 8 Agosto 2019, n. 2127) che afferma come l’applicazione uniforme e generalizzata delle clausole di sopravvivenza, reviviscenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 cod. civ., di regola contenute negli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI per le fideiussioni omnibus finisce per determinare la nullità integrale dei contratti bancari di fideiussione in cui sono inserite, ponendosi per tal modo in contrasto con l’art. 2, co. 2, lett. a), L. n. 287 del 1990.

In sintesi, quanto sancito dalla Legge Antitrust, investe l’intero schema dell’accordo fideiussorio se conforme allo schema ABI del 2003, siccome censurato da Banca d’Italia con il già citato provvedimento n. 55/2005, in quanto la nullità dell’intesa anticoncorrenziale a monte si estende all’attività scaturente dall’intesa vietata, consistente nella fissazione di condizioni contrattuali volte a impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza nel mercato nazionale.

In simili fattispecie, il negozio fideiussorio di questo tipo deve essere dichiarato nullo ex art. 1418 cod. civ. per violazione dell’art. 2 L. 287/1990, in quanto contrario all’ordine pubblico economico, la cui disciplina è contenuta anche nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (v. art. 101) e nella legge antimonopolistica nazionale.

Tali condizioni contrattuali, se presenti, rendono il contratto di fideiussione in esame nullo ex art. 2, co. 2, lett. a) della L. n. 287/1990.

Tuttavia, se dovesse prevalere, infine, l’ipotesi che opti per la nullità parziale della fideiussione limitatamente alle clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI nel 2003, bisognerà porre molta attenzione a valutare se simili clausole abbiano o meno determinato il consenso del fideiussore nella sottoscrizione del contratto.

A ben vedere, si rileva come difficilmente possa essere diversamente, atteso che la previsione di nullità delle clausole di cui allo schema ABI del 2003, abbiano finito per demolire in maniera decisiva il rapporto tra i contratti a valle (le fideiussioni) e l’intesa a monte (di cui allo schema ABI).

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2. Quanto alla differenza tra la fideiussione omnibus e la fideiussione specifica

Quanto al secondo aspetto di cui in rubrica, a parere di chi scrive, la distinzione tra fideiussioni omnibus e fideiussioni specifiche pare del tutto irrilevante ai fini delle condizioni della garanzia stessa (identiche, per entrambe, perché riferite al noto schema ABI censurato dall’Autorità Antitrust), poiché è da ravvisarsi, semmai e come noto, esclusivamente nel relativo oggetto della garanzia:

  • la fideiussione omnibus garantisce la banca sino ad un importo massimo stabilito per l’adempimento di tutte le obbligazioni;
  • la fideiussione specifica garantisce la banca per obbligazioni specificamente indicate come garantite, derivanti da operazioni bancarie di qualsiasi natura (finanziamenti concessi sotto qualsiasi forma, aperture di credito, anticipazioni su titoli, etc.)

Va da sé che, ai fini della tutela Antitrust, pare difficile comprendere perché questa non debba essere applicabile anche alle fideiussioni specifiche che contengono le clausole come da modello ABI, ammonite dal provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia.

Peraltro, sia la Cassazione n. 30818 del 2018, sia la decisione n. 16558 del 2019 della ABF del Collegio di Milano, pronunciandosi relativamente alla tematica della nullità delle fideiussioni specifiche, hanno rilevato la scarsa importanza della distinzione tra fideiussione specifica o fideiussione omnibus (essendo entrambe fideiussioni a garanzia di operazioni bancarie) e hanno ribadito per entrambe il doveroso rispetto della normativa anticoncorrenziale.

Segnatamente, se i testi delle fideiussioni specifiche sono gli stessi dello schema ABI, esattamente come accade per quelle omnibus (senza alcun distinguo) non si ravvede il motivo per non applicare ad entrambe la legge sulle intese anticompetitive e le relative forme di tutela.

Diversamente opinando, si concretizzerebbe una evidente elusione al precetto dell’Antitrust da parte delle banche, poiché verrebbe consentito loro di dare esecuzione all’intesa vietata anziché con un’unica fideiussione omnibus redatta su schema ABI vietato, attraverso l’utilizzo di uno “spacchettamento” della garanzia fideiussoria con la stipula di varie fideiussioni specifiche, sempre conformi allo schema vietato ABI, apparentemente lecite ma sostanzialmente e giuridicamente elusive.

Per tal modo, verrebbe determinato un modus operandi contrario all’interesse generale, alle norme imperative e ai principi solidaristici protetti dal nostro ordinamento, con evidente sanzione di nullità per elusione del disposto dell’Antitrust.

In conclusione, ogni tipo di fideiussione conforme allo schema ABI, sia essa specifica o omnibus, dovrebbe essere sempre soggetta alla tutela di cui al provvedimento della Banca d’Italia ed alla Legge n. 287/1990.

Nondimeno, oltre al riferito dettato normativo (che non distingue tra le fideiussioni omnibus e le fideiussioni specifiche), anche in giurisprudenza, recentemente, si sta determinando una sostanziale (e auspicabile) uniformità di vedute.

Infine, vanno segnalate due recentissime sentenze, la n. 88/2021 del Tribunale di Vicenza e la n. 58/2021 del Tribunale di Prato, le quali hanno precisato come anche le fideiussioni specifiche debbano essere interessate dall’intesa anticoncorrenziale di cui al provvedimento n. 55/2005, in quanto – comunque – oggetto di un’intesa anticonconcorrenziale vietata dalla legge.

fonte: ALTALEX

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