Fico ‘antitutto’: ostile all’Ue, a Kiev e alla Nato


Considerato un nemico dall’Ucraina, alla quale appena eletto aveva detto di non voler inviare più “un solo proiettile”; ostile all’Ue, alla Nato e a Kiev – ha definito “fascisti” gli ucraini – sostenitore di “buone relazioni con la Federazione Russa”, Fico ha iniziato la sua carriera politica nel Partito comunista poco prima che la Rivoluzione di Velluto del 1989 dissolvesse l’ex Cecoslovacchia. Oggi 60enne, è stato rappresentante della Slovacchia presso la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo dal 1994 al 2000. Nel 1999, dopo non essere stato preso in considerazione per un posto da ministro, ha abbandonato il Partito Democratico di Sinistra (Sdl), erede politico del Partito Comunista, per fondare la propria formazione politica, lo Smer-Socialdemocratico (Smer-Sd).
L’azzardo ha dato i suoi frutti nel 2006, quando Smer-Sd ha ottenuto un successo elettorale che ha catapultato Fico sulla poltrona di primo ministro due anni dopo l’ingresso della Slovacchia nell’Unione europea. Senza pensarci due volte, Fico ha formato una coalizione con il Partito Nazionale Slovacco (Sns) di estrema destra, dalla forte retorica anti-rifugiati e dalle spiccate inclinazioni populiste.
Fico ha sfruttato abilmente la crisi finanziaria globale del 2008 per rafforzare la sua popolarita’, rifiutandosi di imporre misure di austerita’. L’ingresso della Slovacchia nell’Eurozona nel 2009 ha coronato il suo primo quadriennio come primo ministro, ma le elezioni del 2010 lo hanno rispedito all’opposizione, non essendo riuscito a formare una coalizione nonostante la vittoria. Un nuovo successo elettorale e’ arrivato nel 2012, dopo la caduta di una coalizione di centro-destra abbattuta dalle accuse di corruzione. Nel 2014 pero’ e’ stato sconfitto nella corsa alla presidenza da Andrej Kiska, filantropo e novizio della politica.
Quando la crisi dei rifugiati ha travolto l’Europa nel 2015, Fico ha assunto una posizione dura nei confronti dei migranti, rifiutandosi di “dare origine a una comunita’ musulmana distinta in Slovacchia” e criticando il programma di quote dell’Ue per ridistribuire i rifugiati. Su questa piattaforma, Smer ha vinto le elezioni del 2016, ma il mandato di premier e’ terminato due anni dopo in seguito all’omicidio del giornalista investigativo Jan Kuciak e della sua fidanzata che ha scatenato un’ondata di sentimenti antigovernativi in tutta la Slovacchia.
Le elezioni del 2020 lo hanno visto perdere ma mantenere il suo seggio in Parlamento. Il suo motto preferito descrive bene la sua storia politica: “La pazienza porta sempre rose rosse”.
A fine aprile il suo governo populista ha adottato un controverso disegno di legge sulla radiotelevisione pubblica RTVS, che il premier accusa di mancanza di obiettività. Il testo è stato criticato dall’opposizione e dai gruppi per i diritti dei media, inclusa Reporter Senza Frontiere (RSF).
Secondo Michal Simecka, leader del partito d’opposizione Slovacchia Progressista (PS), “l’intenzione del governo è quella di creare una televisione statale con notiziari che non siano di carattere pubblico”.Per un altro partito di opposizione, SaS (a destra), “RTVS si trasformerà in un mezzo di disinformazione che trasmetterà propaganda filogovernativa”.
L’organizzazione RSF aveva già messo in guardia dalle minacce che gravano sulla libertà di stampa in Slovacchia, accusando il governo di tentare di “imporre il proprio controllo sui contenuti della radiodiffusione pubblica” e di “controllo politico sul gruppo audiovisivo pubblico”. (AGI)
UBA