Festival senza pubblico e Covid in aumento, il triste febbraio di Sanremo 


Non c’è la consueta fila di taxi davanti alla stazione ferroviaria. Il Teatro Ariston in via Matteotti passa quasi inosservato, se non fosse per il viavai di operai e quell’iconica insegna che da sempre, in questo periodo dell’anno, contraddistingue la kermesse musicale più famosa d’Italia. L’Agi è andata a vedere come Sanremo sta vivendo questi giorni, tra l’impennata di contagi Covid, che coinvolge l’area dell’estremo ponente ligure, e l’attesa di un Festival sicuramente diverso rispetto agli anni passati.

E la città si presenta così, in questo inizio febbraio: vuota e silenziosa, senza le code tra le viuzze strette del quartiere Pigna Vecchia, con le piazzette, i bistrot, i ristoranti praticamente deserti, senza le rincorse al vip di turno o gli appostamenti sotto gli hotel per intercettare il cantante del momento. E’ quasi una scena post apocalittica se paragonata allo stesso periodo del 2019, quando il Festival era finito e la città, spensierata, raccoglieva i suoi frutti. La kermesse quest’anno è stata posticipata ad inizio marzo, sarà senza pubblico e, molto probabilmente, la zona attorno all’Ariston sarà “rossa”.

“A queste condizioni era meglio non farlo o spostarlo al mese successivo – dichiara amareggiato all’Agi Mario, commerciante di via Palazzo, una di quelle più transitate dai festivalieri – E’ un momento difficilissimo e non avevo mai visto Sanremo così in questo periodo dell’anno, in 13 anni che sono qui”.     L’aria che si respira è di rassegnazione: “Se entrassimo in zona rossa la accetterei anche, purché poi finisse tutto in fretta e potessimo ripartire tutti insieme, tornando a vivere”, confessa Fabio, titolare da 31 anni del bar “Festival”, a 50 metri dall’Ariston.

Lo scorso anno nella centralissima piazza Colombo, attorno a cui ruota il mare magnum della kermesse, lunghi serpentoni di curiosi, monitorati da polizia municipale e guardie giurate, attendevano un cenno di saluto dai cantanti in gara o dagli ospiti vip che transitavano dagli alberghi, alla sala stampa, passando per il teatro. Lo scorso anno la grande preoccupazione era il terrorismo internazionale.

Oggi, che il nemico è invisibile, la piazza è vuota e i taxi attendono con ansia la chiamata che sembra non arrivare mai: “L’umore è basso, non possiamo assolutamente prevedere cosa porterà il festival. Sicuramente il problema dell’aumento dei contagi causati anche dal viavai dalla Francia non è di oggi – sostiene Domenico, tassista – Ci chiedevamo da tempo perché i francesi dalla Costa Azzurra continuassero ad arrivare, mentre noi non potevamo andare oltre confine: certo portano lavoro, ma portano evidentemente anche un aumento del rischio contagio. Il problema non è ora, a due settimane dal festival: potrebbe essere utile chiudere la frontiera perché la situazione interessa tutta la provincia, non solo Sanremo”. Chiudere la frontiera significa rinunciare ad una fetta di guadagno importante, ma a molti esercenti sembra la soluzione più corretta.

 “Se la Regione Liguria dice che il problema è la Costa Azzurra, chiudiamo le frontiere – sostiene Maurizio del bar Melody – Noi lavoriamo tantissimo con i francesi, ma in queste condizioni lo facciamo per pochi spiccioli. A questo punto non ne vale la pena. Passare da giallo, a rosso, ad arancione pesa tantissimo su tutto l’indotto: a questo punto sono necessari più controlli. Anche per Sanremo qualche curioso arriverà, ma allora come si gestisce la città? – chiede ancora l’esercente – Certo, si può fare zona rossa a ridosso di Matteotti, ma vuoi che la gente non si sposti per cercare l’artista e farsi fare un autografo?”.

I sorrisi latitano, così come i selfie: le code, decisamente più ridotte, ora sono davanti agli sportelli bancomat o dal tabaccaio. Nemmeno la statua di Mike Bongiorno, piazzata tra corso Matteotti e via Escoffier, riesce a catturare l’attenzione dei passanti e a risollevare gli umori nonostante quel “Allegria!” scolpito sull’indimenticabile cartellina. Passeggiando sul lungomare si incontrano più gabbiani che persone, nonostante il sole tiepido, preludio di primavera. A pesare come una spada di Damocle è anche l’incertezza: “Fino all’ultimo non sappiamo cosa succederà: per noi ristoratori è ancor più complicato perché non sappiamo come organizzarci – dice Marcello del ristorante “El Billi” – Zona rossa, zona arancione? Ci tengono sospesi, sulle spine”.

E nemmeno davanti agli hotel sostano più i van dai vetri oscurati utilizzati da vip e case discografiche. Un silenzio irreale, come un western di Sergio Leone prima di un duello. E il duello è quello che deve provare a vincere questa città, costretta a causa del Covid a rinunciare alla parte più importante del suo indotto annuale. 

Vedi: Festival senza pubblico e Covid in aumento, il triste febbraio di Sanremo 
Fonte: cronaca agi