Mercoledì si terrà l’evento più atteso della settimana: la riunione della Federal Reserve. C’è ancora molta incertezza sulla possibilità di un taglio dei tassi subito, a marzo, oppure se aspettare qualche mese, magari fino a maggio, per capire se effettivamente il trend dell’inflazione Usa proseguirà in discesa anche nei prossimi mesi. I dati sono piuttosto discordanti: il mercato del lavoro a stelle strisce è ancora forte ma si sta ridimensionando, il Pil continua a crescere in modo sorprendente, i consumi sono in rialzo e l’inflazione rallenta. Insomma, il quadro economico invoglia a tagliare già a marzo, ma la Fed potrebbe anche decidere di aspettare, per vedere se effettivamente l’inflazione continuerà a scendere nei prossimi mesi.
“Questo è il dilemma che Powell avrà di fronte – commenta Vincenzo Bova, senior strategist di Mps – e non è facile prevedere cosa farà”. “I mercati – assicura l’analista – propendono per un taglio a maggio, anzi lo danno quasi per scontato e anche noi siamo di questo avviso”. Le percentuali dei trader sono 50 e 50 tra marzo e maggio. “E in ogni modo l’inizio di un ciclo discendente dei tassi Usa – dice Bova – dovrebbe iniziare a primavera”. Lo scorso dicembre il capo della Fed ha usato toni da ‘colomba’, mentre a gennaio è stato più ‘falco’. I dati di venerdì del Pce, l’indice dei prezzi preferito dalla Fed, mostrano un’inflazione in discesa.
Il Pce core, che misura l’andamento dei prezzi per consumi personali, ha registrato un aumento del 2,9% annuale a dicembre, inferiore al 3,2% di novembre e al 3% previsto dagli analisti. E la previsione a sei mesi del Pce core, che è quella che la Fed considera più attendibile, mostra un ‘inflazione annualizzata Usa, che a tendere andrà sotto al 2%. Dunque la Fed taglierà a marzo? Oppure aspetterà fino a maggio? Per ora I banchieri centrali americani restano cauti, perché i dati sulla crescita del Pil, che rappresentano l’altro lato della medaglia, sono forti, l’economia Usa corre oltre il 3%, e dunque c’è spazio per aspettare e non affrettarsi a tagliare subito. E questo tra l’altro è quello che suggerisce la maggior parte dei membri Fed, secondo i quali è ancora troppo presto per ridurre il costo del denaro a marzo. Inoltre venerdì, ciliegina sulla torta: usciranno i dati sul mercato del lavoro Usa. “Non sono attesi grandi scossoni – commenta Bova – ci si aspetta stabilità. Gli occupati a gennaio dovrebbero scendere sotto le 200.000 unità a quota 173.000, dai 216.000 di dicembre, il tasso di disoccupazione scenderà dal 3,7% al 3,8%, restando basso. I salari resteranno al 4,1% su base oraria. Anche i dati sui sussidi di disoccupazione per tutto il mese di gennaio sono in calo. Per cui si può dire che il mercato del lavoro a stelle e strisce è ancora forte ma si sta ridimensionando, che poi è quello che vuol sentirsi dire la Fed per iniziare a tagliare i tassi già in primavera, a marzo, o più probabilmente a maggio.
“La mia impressione – pronostica l’analista – è che alla fine la Fed sceglierà di aspettare due mesi in più piuttosto che affrettarsi a tagliare anticipatamente a marzo”. Tanto più che dietro l’angolo c’è la crisi del Mar Rosso che rappresenta una grossa incognita, perché potrebbe far lievitare i prezzi dell’inflazione soprattutto in Europa. Dunque che farà mercoledì Powell? “Penso che non scoprirà tutte le sue carte – dice Bova – non si esporrà più di tanto e quindi non segnalerà subito ai mercati che inizierà a tagliare I tassi a marzo. Li lascerà nell’incertezza, ma non per molto, poiché se veramente la Fed intende tagliarli a marzo, non a gennaio ma a febbraio dovrà svelare le sue mosse. Ha dunque ancora un mese di tempo per non pronunciarsi chiaramente e penso che Powell ne approfitterà. La cartina di tornasole sarà capire se hanno discusso o meno già a gennaio di un taglio dei tassi. Se l’hanno fatto vuol dire che a marzo possono decidere”, altrimenti tutto slitta di un paio di mesi. (AGI)
RMS/GIN