Fed: compie 110 anni e apre le porte al taglio dei tassi


La Federal Reserve compie 110 anni. Istituita il 23 dicembre 1913, la Fed ha subito un’evoluzione significativa nel corso dei suoi oltre 100 anni di vita, e ha dovuto adattare i suoi ruoli e le sue responsabilità in risposta a eventi come la Grande Depressione e la Grande Recessione, pandemie e guerre. L’anniversario segna più di una semplice pietra miliare cronologica. Simboleggia l’adattabilità e l’influenza di un’istituzione che ha superato le tempeste economiche, ha attraversato periodi di cambiamenti significativi e ha svolto un ruolo fondamentale nel plasmare il panorama finanziario degli Stati Uniti.
E nei prossimi decenni la Fed affronterà probabilmente molti altri cambiamenti. Come altre banche centrali dovrà affrontare la sfida di adattarsi ai rapidi progressi tecnologici, tra cui l’ascesa delle valute digitali. L’evoluzione del panorama finanziario globale potrebbe inoltre richiedere l’introduzione di nuove normative o il loro aggiornamento. Ma il controllo dell’inflazione e il sostegno alla piena occupazione rimarranno i pilastri del suo mandato.
Il 2023 che sta per concludersi sarà ricordato anche per il cambio di rotta della Fed che nell’ultimo miglio ha completamente invertito la comunicazione sui tassi, in senso molto più accomodante. A settembre il mercato aveva metabolizzato con fatica una tendenza ‘falco’ convinta motivata da Jerome Powell con il maggior pericolo inflattivo di una politica accomodante. Il 13 dicembre invece il presidente della Fed ha cambiato i toni, adottando un approccio ‘dovish’ e consegnando una sorta di ‘regalo’ anticipato ai mercati.
Fed e Bce hanno lasciato i tassi invariati anche nell’ultima riunione dell’anno, come previsto. Ma la banca centrale Usa, come osservano gli analisti di Pictet Asset Management, “ha completamente capovolto la narrativa di un trimestre fa”, stimando che il tasso di riferimento scenderà al 4,6% per dicembre 2024 (dal 5,1% del Fomc di settembre) e suggerendo dunque tre tagli nel 2024. In qualche modo la Fed ha assecondato la tendenza di mercato, in cui da un po’ si parla del prossimo ciclo di ribassi, e non più di quale sia il terminal rate, che in pratica è ormai stato raggiunto, con il 5,5% per l’America e il 4% per l’Europa. Il cambio di marcia ha spinto le attese del mercato fino a 6 tagli per il 2024.
Quanto alle prospettive macroeconomiche, segnalano gli stessi analisti, “l’Europa mostra una maggiore flessione, in bilico sulla soglia tra crescita e recessione. Recessione che non è del tutto fugata neppure per gli Stati Uniti, dove il maggior slancio dell’economia post Covid era stato determinato da un eccesso di risparmio ormai in via di esaurimento”. Per l’America, quindi, “il soft landing rimane lo scenario favorito. Al momento le aspettative sono per una crescita un po’ sotto il potenziale per quel che riguarda sia gli Usa sia l’Europa: la prima poco sopra l’1% e la seconda poco sotto l’1%. Le previsioni, tuttavia, rischiano di essere volubili”.
Negli ultimi giorni, diversi esponenti della Fed hanno cercato di smorzare le attese per un taglio anticipato dei tassi di interesse, maturate sulla scia della riunione del Fomc di metà dicembre. Come fa notare, Mark Dowding, Fixed Income Cio di Rbc BlueBay Am, gli esponenti della Fed Williams, Mester e Goolsbee hanno cercato di dissipare l’idea che l’allentamento monetario potrebbe arrivare già alla fine del primo trimestre del 2024. Tuttavia, sulla scia delle esternazioni sorprendentemente ‘dovish’ di Powell di metà dicembre, sembra che la maggior parte degli operatori di mercato sia in vena di celebrare ‘l’atterraggio morbido’ dell’economia e di concludere che la Fed si muoverà seguendo i prezzi di mercato nei prossimi mesi. (AGI)