Meloni rinvia il Cdm inseguita dal pressing di Visco sul Mes e dai guai della Santanchè
Simone Canettieri
Roma. Si alza la sbarra dell’uscita posteriore di Palazzo Chigi. Finestrino abbassato della presidenziale Alfa Stelvio grigia. Giorgia Meloni è seduta al fianco del suo autista. Dietro c’è l’onnipresente segretaria Patrizia Scurti. Sguardo crucciato. La premier si accende una sigaretta slim. Dà la prima boccata con vigore quasi liberatorio. Poi l’auto svolta l’angolo seguita dalla scorta e scompare nel traffico. Sono le 17.30. Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, è appena uscita dal bilaterale, ma dall’ingresso principale. Il Cdm è stato annullato per “motivi personali” della premier. Oggi più che mai leader dei fardelli d’italia.
Bisogna partire da qui per raccontare il giovedì che porterà all’annullamento, e rinvio a martedì prossimo, del Consiglio dei ministri tanto caro a Matteo Salvini. “I motivi personali” addotti da Palazzo Chigi eccitano la curiosità generale. La versione ufficiale, che va riportata, parla di un “appuntamento non istituzionale” che era stato dimenticato. Forse una visita medica? Chissà. Può un presidente del Consiglio, e soprattutto il suo staff non proprio mini, non mettere in agenda e non ricordare al capo di un governo che ha un impegno giovedì 22 giugno alle 17 più importante di un Cdm? Tant’è. La riunione doveva dare il via libera alle norme di Salvini sulla sicurezza stradale. Che non a caso ricorda con una lunga nota che passeranno martedì e che intanto lui in serata andrà a spiegarle “in ben due trasmissioni tv”. Fare saltare la riunione è forse una ritorsione, figlia dello scontro sul Mes, tra la premier e il suo vice? I due di prima mattina si sentono al telefono. E alla fine il capo della Lega si allinea e decide con il resto del centrodestra di non mettersi di traverso contro il testo base della legge. Anche perché pesa in questo pasticcio la nota del capo di gabinetto di Giancarlo Giorgetti, Stefano Varone, proprio sul Mes da ratificare. Un altro motivo di tensione. Il ministro dell’economia si presenta a Palazzo Chigi in tarda mattinata. E vede la premier per salutare l’ospite appena arrivato: è Ignazio Visco, governatore della Banca d’italia. Anche il numero uno di Via Nazionale è venuto a perorare la causa del meccanismo salva stati. Continuare con il muro contro muro potrebbe causare forti contraccolpi sui mercati, e non solo su quelli italiani. Mentre è in corso l’incontro fra Meloni e Visco, il Foglio dà la notizia che Marcello Minenna, ex direttore delle Dogane, è stato arrestato per un’inchiesta legata alle mascherine durante il Covid. Il fatto non tange la capa del governo. Ma nelle carte dell’inchiesta viene citato più volte Giorgetti (non è indagato) contattato al telefono da Gianluca Pini, ex deputato leghista e arcinemico di Salvini, anche egli arrestato. Non c’è niente di penalmente rilevante ma è lo specchio di dinamiche interne al Carroccio. Anche perché Meloni, sempre in mattinata, ha avuto un altro colloquio. Questa volta abbastanza duro con Daniela Santanchè, travolta dall’inchiesta giornalistica di Report per la sua attività di imprenditrice. La premier le chiede spiegazioni, “la Santa” le assicura che può spiegare tutto e che è pronta a uscire con dichiarazioni pubbliche e querele. Il Pd ne chiede le dimissioni. La ministra del Turismo liquida le accuse come “infondate, anzi infondatissime”. Dunque altro che dimettersi. La procura di Milano alle 18 informa che l’inchiesta su Visibilia, società editoriale dell’esponente milanese di FDI, si avvia alla conclusione.
Meloni, garantista con Andrea Delmastro inciampato sul caso Cospito ma nell’esercizio del suo lavoro di sottosegretario, ripete lo stesso schema: difesa totale fino a novità giudiziarie. C’è un pezzo di Fratelli d’italia che mormora contro la ministra.
Questa vicenda può essere rognosa: trasferimenti di liquidità e a danno dei dipendenti, pagati in ritardo o non pagati, con versamenti previdenziali non pervenuti, e poi licenziati. Un’ombra, se fosse confermata, che ricade anche su un governo che il Primo maggio ha deciso di varare un decreto in favore dei lavoratori (con tanto di video emozionale della premier). Meloni e i suoi fardelli. La legge di Murphy sembra governare questo giovedì di caldo micidiale. Sulla giornata pesa, e non poco, la visita di Visco: il pressing per il Mes è un elemento concreto, al di là delle smentite di rito, per l’asse Fratelli d’italia-lega è un problema. Anche perché il Carroccio al suo interno ha da difendere, o meno, la posizione di Giorgetti, il più convinto a firmare la ratifica. Salta alla fine un incontro previsto fra Meloni e Antonio Tajani sulla gestione di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi. Caos calmo nell’aria. Niente Cdm con la “ciccia”: la riunione, con solo otto ministri presenti, si farà lo stesso per impugnare leggi regionali. Lo presiederà Tajani. Non vi parteciperà nemmeno Salvini. Dentro i motivi personali di Meloni c’è tutto. Oggi ha l’agenda libera. Sabato dovrebbe andare in Austria, al Forum di Wachau.