Per Leopardi le illusioni non possono essere sradicate del tutto, permangono nell’uomo, sono parte integrante della sua essenza. Saper vivere nel deserto è la più grande di queste, la forza più straordinaria e nobile dell’uomo: la capacità di conoscere la verità, eppure scegliere di credere nella virtù, di dare voce a quell’energia vitale e indomabile che consente l’empatia e l’apertura verso l’altro.
Anche nella più nera disperazione, anche nei tempi in cui viviamo, in cui la nostra natura più vera e profonda è soffocata da un eccesso di razionalizzazione e di artificiosità, sopravvive nell’animo dell’uomo una forza insopprimibile, la forza dell’illusione, pronta a risorgere, e sulla quale è possibile fondare una società più giusta e nobile. È questo l’approdo cui arriva Leopardi attraverso un percorso ricco e complesso, in cui è possibile individuare due momenti emblematici: la prima stesura dell’Infinito, nel 1819 (anno terribile per Leopardi, in cui tocca gli abissi del vuoto esistenziale), e la scrittura della Ginestra, nel 1836 (quando la riflessione leopardiana si conclude trovando forse la sua forma poetica più compiuta). Tra le due tappe, un cammino affascinante – fatto di incontri e contrasti, di slanci impetuosi e ripiegamenti improvvisi, di invenzioni letterarie e prove filosofiche –, lungo il quale ci accompagna Fabiana Cacciapuoti, capace di mettere in risalto la straordinaria «modernità» di Leopardi, entrando nella scrittura e nel pensiero di un autore la cui interiorità tormentata, qui esplorata con grande finezza interpretativa, è essa stessa paradigma dell’inquietudine dell’uomo moderno.
Ma quali sono queste illusioni tanto care al poeta di Recanati, così preziose da affidare ad esse la salvezza dell’uomo? Sono quelle che nel mondo antico erano sentite e vissute intensamente come valori: l’amore, l’amicizia, l’eroismo, la gloria, la magnanimità, la compassione intesa come capacità di sentire insieme. Sono le virtù che consentono all’uomo di convivere in maniera civile con il prossimo, di contribuire alla costruzione di una società il più possibile giusta ed equa, nobile e vitale.
Èun Leopardi «politico» quello che prende forma in queste pagine: il poeta sensibile, attento ai più sottili moti dell’animo, è in realtà costantemente proteso verso gli altri e sollecitato da una irriducibile passione civile. Inquieto, mosso da una forte spinta vitale, fermo in una strenua opposizione al destino, nel l’immagine della ginestra Leopardi trova finalmente un orizzonte: guardare senza infingimenti al deserto dell’esistenza, ma da questa consapevolezza aprirsi all’altro, di cui si condivide la sorte, e insieme su quel deserto ricreare un senso, fare risorgere quelle illusioni che costituiscono l’unico possibile nutrimento per la vita.
Fabiana Cacciapuoti, a lungo curatrice del Fondo leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli, ha conseguito il doctorat d’État presso la Sorbona. Per i tipi della Donzelli ha pubblicato L’Infinito e la Ginestra. Leopardi tra disincanto e illusione (2021), Dentro lo Zibaldone. Il tempo circolare della scrittura di Leopardi (2010), oltre a curare l’edizione tematica dello Zibaldone (1997-2003, 2018) e il catalogo della mostra Il corpo dell’idea. Immaginazione e linguaggio in Vico e Leopardi (2019) da lei stessa ideata. È membro del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati.
Fonte: Rai Cultura