Di redazione
Nella corsa verso Expo 2030 la candidatura di Roma, sostenuta dal governo di Giorgia Meloni sullo scacchiere estero, ha ottenuto due endorsement di considerevole peso geopolitico: Gli Stati Uniti d’America e e il Brasile.
Occorrono però centoventi voti al primo scrutinio, ovvero la maggioranza dei due terzi. A quattro mesi dalla riunione del Bureau des Expositions del 28 novembre in cui verrà scelta la sede di Expo 2030 la partita tra le tre città rimaste in gara – Riad per l’Arabia Saudita, Roma per l’Italia e Busan per la Corea del Sud – si gioca attorno a questa cifra.
Oggi è il turno della diplomazia. Roma è insidiata da Riad e dal suo stanziamento di 7,8 miliardi di dollari per finanziare la candidatura.
Intanto, l’Italia incassa il sostegno degli Stati Uniti. Ieri Biden ha dichiarato “Gli Stati Uniti accolgono con favore la candidatura dell’Italia a ospitare l’Esposizione Universale nel 2030, riconoscendo l’opportunità di utilizzare l’Expo come piattaforma inclusiva per trovare soluzioni condivise a sfide comuni”, facendo eco al presidente Lula dal Brasile “appoggeremo la candidatura di Roma”.
La Francia, quelli che dovrebbero sulla carta essere i nostri cugini per affinità, si è schierata per il principe Mohammed bin Salman che dispone anche di un pacchetto un pacchetto da 343 milioni di dollari per aiutare 100 Paesi nella costruzione e manutenzione dei loro padiglioni, sostenere il costo dei viaggi e degli eventi.
Non meno importante per il sostegno a Roma viene dalla Città del Vaticano. Monsignor Fisichella del dicastero vaticano per l’Evangelizzazione ha dichiarata: «a novembre, quando ci saranno le votazioni, Roma sia il luogo di Expo2030»
Una partita a due fra Italia e Arabia Saudita, dove l’Italia, che non dispone di ingenti risorse come gli africani, gioca la sua carta facendo leva sul rispetto dei diritti umani.
Purtroppo, il Dio denaro e gli interessi economici a volte hanno il sopravvento.