Esposta a Torino quella che potrebbe essere la prima versione della Gioconda di Leonardo


Un percorso coinvolgente e di carattere scientifico racconta la tesi secondo la quale il quadro, proveniente dall’Inghilterra, sia la prima versione dell’iconica opera conservata al Louvre
Quando si parla di Leonardo da Vinci, c’è sempre qualche mistero da svelare. L’interesse che ruota intorno all’arte (e anche al pensiero) di Leonardo è da sempre condito di un particolare spirito di curiosità e di ricerca. Alla genialità indiscutibile delle opere e delle invenzioni, si mescolano interpretazioni, questioni storiche e molteplici domande, che conducono ogni volta a trovare nuovi livelli interpretativi, casi, situazioni da svelare, molto prima e molto oltre Dan Brown.
Tra tutte le opere di Leonardo, non c’è quadro che più della Monna Lisa abbia raccolto l’attenzione di tante persone di tutto il mondo per tanti secoli. Studiosi, storici e filosofi, naturalmente; ma anche persone comuni, appartenenti a tutti gli strati sociali e culturali, sembrano fatalmente attratti dalla donna del quadro. E lei guarda tutti, immersa in un paesaggio metafisico – mentale prima ancora che fisico e concreto – con il suo sorriso vago e ambivalente, gli occhi accesi a serbare chissà quali segreti. Del quadro parlano testi molto antichi, esaltandone grazia e bellezza, e persino Raffaello ne fece uno schizzo.

Alla Promotrice di Belle Arti di Torino, all’interno del parco del Valentino, non è esposto il quadro del Louvre. C’è però la possibilità eccezionale, per il pubblico italiano, di vedere un’opera di Leonardo il cui soggetto potrebbe essere proprio lei, Lisa del Giocondo, meglio conosciuta come Monna Lisa. Com’è possibile? Esistono dunque due Monna Lisa? Pare che sia proprio così. Quella esposta a Torino fino a maggio è l’opera nota come Monna Lisa di Isleworth, . Che si tratti di una prima versione della Gioconda è questione aperta, ma suffragata da diverse prove scientifiche di cui la mostra torinese fornisce ampia e profonda documentazione.
Molti studiosi di pregio sono infatti giunti alla conclusione dell’esistenza di una seconda Monna Lisa dopo una strenua ricerca scientificamente fondata svolta nel corso di vari anni. Numerosi indizi portano a pensare che le versioni della Monna Lisa siano state due. C’è il disegno di Raffaello di cui si è accennato prima, ma anche diversi scritti provenienti da fonti illustri, a partire dal Vasari. Ci sono, insomma, molteplici tracce che, se confrontate fra loro, mostrano alcune incongruenze giustificabili soltanto paventando l’esistenza di una seconda versione della Monna Lisa. Una versione, per altro, più realistica, soprattutto per gli abiti (ai tempi dell’esecuzione del quadro, certe tinte erano piuttosto rare, se non ancora non note) e l’età del soggetto (appena ventiquattrenne all’epoca quando Leonardo la ritrasse). E altro ancora. Si può quindi affermare che la Monna Lisa di Isleworth, dal nome della città dove abitava il suo ultimo acquirente nel 1914, sia la prima versione della Monna Lisa del Louvre? A quanto pare questa teoria è molto credibile.
La mostra torinese, a cura della Mona Lisa Foundation, si rivela così un’occasione interessante, proprio perché è costruita come un percorso interattivo sulla storia e sulle vicende del famoso quadro di Leonardo e della sua seconda e meno nota versione. L’intento del percorso è raccontare nel dettaglio le ragioni della teoria circa l’esistenza di due versioni della Monna Lisa. Il quadro ci aspetta lì, alla fine del percorso.
Il percorso espositivo proposto è molto interessante anche dal punto di vista didattico, rendendo fruibile in modo appassionante anche per i non addetti ai lavori la ricerca storica le ragioni degli studiosi, pur senza rinunciare al rigore scientifico. Si indagano i dettagli dei quadri, le questioni di attribuzione e di autenticità, i dettagli stilistici e altro, con video, analisi delle opere e loro comparazione, coinvolgendo il pubblico in modo interattivo grazie all’uso di supporti digitali ad hoc.
La mostra, insomma, non propone una fruizione passiva, ma coinvolge i visitatori in questa sorta avventura intellettuale. Una mostra costruita così sarebbe piaciuta, c’è da crederlo, allo stesso Leonardo, proprio perché stimola il piacere dello studio, della conoscenza e dell’approfondimento in maniera non didascalica e meramente didattica, ma creativa. La Monna Lisa, anzi, la prima Monna Lisa attende lì, in fondo al percorso, per rivolgerci il suo sguardo incredibile, il suo sorriso inquieto che si disegna sull’incarnato realistico e dolce, avvolta in un paesaggio certo diverso da quello della versione del quadro conservato al Louvre, eppure ugualmente pieno di incanto.

In copertina: Leonardo da Vinci_s _Earlier Mona Lisa_ Exhibitioin shots
di Maria Cristina Strati – fonte: https://www.exibart.com/