Di Stefano Lorenzetto
Prima un mezzo insulto: «Ho già letto abbastanza di lei». Poi una larvata minaccia: «Mi stia alla larga». Da rimanere interdetti. Passano due ore e arriva un sms: «Posso chiamarla per chiederle scusa?». Certo. Mauro Corona si umilia: «Sono una m…, vittima dell’impulsività. Colpa delle botte che mi ha dato mio padre quando ero piccolo». Mi aveva scambiato per un altro giornalista. Invoca il perdono 11 volte (le ho contate): accordato. Poi sparisce per cinque giorni.
Dove accidenti era finito? «In Val di Zoldo, a ciaspolare».
Credevo ad arrampicarsi.
«Ho aperto 300 vie sulle Dolomiti. Mettevo la mano sulla roccia e dicevo: dalla creazione del mondo nessuno l’ha mai toccata prima di me».
Non male, a 73 anni.
«Saranno 74 il 9 agosto. Stesso giorno di Romano Prodi. E di Enzo Biagi: a Cortina festeggiammo il nostro compleanno con un bianco».
Prosecco?
«È da prima comunione». «La mia acqua minerale», mi confidò Sergio Saviane.
«A Sergio vendevo la legna. Ma io preferisco l’amarone».
Superalcolici?
«Da giovane, tanti: whisky e rum. Grappa durante la naia. Oggi non li reggo più».
Si sente più trentino, più friulano o più veneto?
«Fui partorito a Baselga di Piné sul carretto dei miei, venditori ambulanti friulani. A piedi, andavano a piazzare mestoli e ciotole in legno fino a Genova, porta a porta. Mi sento anche veneto».
È più alpinista, più romanziere o più scultore? vile. Ho bisogno di confessarmi con gente che non mi giudichi. Quando rincaso alticcio, Kurt e Dalton mi osservano in un modo diverso. Avverto che mi capiscono». Guarda la tv?
«Giorno e notte. Solo sport sui canali satellitari. E Geo». Maurizio Crozza le piace? «Imitazione perfetta. Gli amici mi chiedono: “Perché non lo denunci?”. Sono pazzi. Non infierisce e mi fa più pubblicità della Bianchina».
Abita nel Comune di Erto e Casso. Evocativo, in veneto.
«Non me lo traduca anche lei in Ritto Uccello, dài!».
Mai fatto uso del Viagra?
«Mah, quesito un po’ personale. Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere, diceva Ludwig Wittgenstein. A volte già non rispondere afferma più che rispondere». (Mi telefona dopo 10 minuti: «Sono stato un codardo. Cialis»).
Da quanti anni non si rade? «L’ultima barba me la feci quand’ero alpino a Tarvisio».
Vincenzo De Luca la definì «Neanderthal, troglodita vestito come un capraio afghano, cammelliere yemenita».
«Offese i caprai afghani, gente nobile. Il governatore della Campania mi piace da matti. Starei ore a sentirlo. Se gli danno un programma tv, sfianca tutti i conduttori».
Che cosa ricorda della tragedia del Vajont?
«Il rumore. Mai sentito scaricare un cassone di ghiaia? Insopportabile. Ecco, pensi a 300 milioni di metri cubi di ghiaia caduti in 20 secondi».
Esiste un progetto per rimettere l’acqua nell’invaso.
«C’è il dovere del rispetto verso i 1.910 morti. Mia suocera perse 14 familiari: genitori, fratelli, sorelle, nipotini. Ma c’è anche penuria di energia pulita. So di scavarmi la fossa, però opterei per un parziale ripristino della diga».
Per chi vota?
«Avevo la tessera di Rifondazione comunista. Mi astengo da 20 anni, non mi sento rappresentato. Vado alle urne solo per eleggere il sindaco». Non ama nessun politico? «Pier Luigi Bersani. Tornerei a fidarmi di Prodi, ma lo ha ucciso il fuoco amico».
Del suo omonimo Fabrizio Corona che cosa pensa?
«Gli mandai in carcere una ventina di libri scritti da me. Non ne lesse neppure uno. Lo seppi da un detenuto sardo». Coronavirus, che destino… «Piango i morti, però a me regalò una pace irripetibile». Ha peccato molto?
«I peccati se li è inventati la Chiesa. Esistono solo gli errori. I miei non sono gravi: furti di legna e caccia di frodo». Che cos’è per lei la felicità? «Due dei miei quattro figli hanno avuto guai di salute. La felicità è quando tornano dai controlli periodici e mi dicono: “Tutto bene, papà”».
fonte: Corriere