Erdogan guarda al gas del Kurdistan iracheno


AGI – L’improvviso viaggio di Erdogan nella regione autonoma del Kurdistan iracheno (KRG), dove all’inizio di febbraio ha incontrato il governatore Nechirvan Barzani era stato accolto con sorpresa, inatteso e giunto in un momento di iperattività del presidente turco, impegnato nella normalizzazione dei rapporti con Emirati, Israele, Arabia Saudita e preoccupato dal cercare una via per mediare nella crisi tra Russia e Ucraina.

La ragione alla base dell’urgenza risiede nel taglio delle forniture gas da parte dell’Iran, giustificato da Teheran con guasti tecnici, ma visto come uno sgarbo da Ankara, colpita non solo da un inverno austero, ma sopratutto dall’aumento dei prezzi dell’energia durante la peggiore crisi economica degli ultimi 20 anni.

Il governo turco è stato così costretto a tagliare il 40% del gas alle aree industriali e bloccare de facto la produzione per 72 ore.

Una situazione che ha causato frizioni a livello diplomatico e spinto Teheran a riattivare i rubinetti prima dei 10 giorni di tempo chiesti per sopperire al problema. Rimangono tuttavia gli strascichi, i dubbi sul futuro e il dubbio che in un momento di crisi energetica globale a Teheran preferiscano tenersi strette le proprie risorse.

Proprio da questi dubbi nasce l’urgenza del viaggio di Erdogan, che spinge per convogliare verso la Turchia le riserve inutilizzate del Krg, la cui stima si aggira su varie decine di miliardi di metri cubi.

Un progetto che riunisce gli interessi sia di Erdogan che di Barzani, ma su cui pendono il nulla osta negato da una Corte Federale Irachena nel 2007, che cancellò la possibilità per il Krg di gestire e disporre autonomamente delle proprie risorse, facendo decadere tutti i contatti in corso. Una situazione nota ad Ankara, che sa che dovrà agire con il governo di Baghdad. 

Un cammino complicato da una causa aperta proprio tra i governi di Turchia e Iraq e che riguarda l’export di petrolio attraverso l’oleodotto Kirkuk-Ceyhan, una causa del 2015 per cui Baghdad ha chiesto danni per 25 miliardi di dollari presso la Corte di Arbitrato Internazionale.

Uno stallo su cui è intervenuto però il premier Mustafa al-Kadhimi, che ha deciso di rinviare l’arbitrato e che al momento ha con Erdogan un buon rapporto.

Nonostante le contese giudiziarie in corso nel Krg Barzani ha fiutato l’affare e sta già lavorando per portare il gas dei propri giacimenti in Turchia.

Il governo di Erbil dopo la visita di Erdogan ha raggiunto un accordo con la turca Kar Group per costruire un nuovo gasdotto che colleghi Suleymaniye, Erbil e Dohuk in nord Iraq e che penetrerà per 35 chilometri in territorio turco spianando così la strada a future forniture.

Al momento la compagnia degli Emirati Dana Gas ha in mano l’estrazione e lavorazione del gas dei giacimenti di Chemchemal e Khor Mor, sfruttati ancora al di sotto dei rispettivi potenziali.

Proprio gli Emirati sono uno dei Paesi con cui Erdogan ha recentemente firmato accordi, anche in ambito energetico.

Rimangono quasi intatti giacimenti di Miran e Bina Bawi, su cui sta lavorando la Genel Energy, compagnia turca britannica che ha già investito 1,4 miliardi di dollari e sui quali potrebbe presto aggiungersi la turca Cengiz, specializzata nella raffinazione di gas particolari come quello di questi due giacimenti.

È importante inoltre che un gasdotto dall’altra parte della frontiera già esiste, costruito dalla compagnia di stato turca Botas e andrebbe solo riconnesso ai giacimenti. Negli ultimi anni Erdogan ha agito in modo da diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, nel tentativo di ridurre la dipendenza dalla Russia e i costi del gas.

Va ricordato che si tratta della prima voce di spesa per un Paese che non potrà utilizzare le proprie risorse scoperte nel mar Nero prima del 2023 e con una crisi economica in corso che proprio nell’incremento del costo dell’energia ha una delle note più dolenti.

Anche se dal Mar Nero arriveranno l’anno prossimo 20 milioni di metri cubi l’anno e il nuovo gasdotto che collega Turchia e Azerbaigian garantisce forniture crescenti, Ankara avrà ancora bisogno di gas. Il Krg potrà essere una opzione fondamentale per diversificare le fonti di approvvigionamento, considerando che la fiducia nei confronti dell’Iran è venuta meno e che il contratto  con Teheran scade nel 2028.

Source: agi