Equitalia, non paga l’albergo. 11 mesi per saldare un hotel di Brindisi


La cronaca di questi ultimi mesi testimonia che a volte per ricevere un avviso da Equitalia o la tanto odiata cartella di pagamento basta davvero ben poco. Una somma insulta (magari di cui ci siamo dimenticati anche l’esistenza), un ritardo di alcuni mesi e il gioco è fatto: la tanto odiata cartella di pagamento dell’ente di riscossione è pronta a privare del sonno il malcapitato italiano che la riceve. La rigidità di Equitalia è diventa così quasi proverbiale: basta davvero poco infatti per finire nel mirino dell’agente di riscossione. Ma a parti invertite valgono le stesse regole? Ossia se è Equitalia che non paga una qualsiasi azienda con cui ha avuto un rapporto commerciale, scattano analoghe misure? Il fatto che vi stiamo per raccontare sembrerebbe testimoniare che le regole, in questo Paese, sono a senso unico. Come è infatti risaputo lo stato italiano è libero di pagare i suoi fornitori con mesi di ritardo, mentre i contribuenti hanno il “fucile” dietro la schiena per essere spinti al più vicino Ufficio Postale. Un periodico locale di Brindisi ha riportato la notizia che l’hotel Nettuno del capoluogo messapico attende da ben undici mesi il pagamento di 270 euro da parte di Equitalia Etr Spa di Cosenza, a titolo di rimborso per il soggiorno presso lo stesso hotel di 3 dipendenti dell’agenzia Equitalia. I pernottamenti risalgono al 18,19 e 20 luglio 2011. L’Hotel ha comunicato che le fatture regolarmente emesse non risultano ancora pagate. Ossia a distanza di un anno, gli inflessibili del fisco, hanno ritenuto opportuno non saldare il loro debito e magari hanno quindi costretto i titolari dell’hotel a chiedere un prestito per pagare eventuali scadenze. Così vanno le cose in Italia. Ma oltre al danno del pagamento del dovuto a quasi un anno di distanza ecco la beffa. Secondo il periodico di Brindisi che ha lanciato la notizia, all’hotel sarebbe addirittura arrivata una mail firmata dalla Responsabile risorse umane e relazioni industriali di “Equitalia Sud spa”, con cui si afferma che per poter eseguire il pagamento Equitalia ha bisogno dell’Iban (già inviato) e del Durc, ossia del documento con cui l’Inps attesta il regolare versamento dei contributi previdenziali. Mistero sui motivi per i quali 11 mesi dopo Equitalia si ricorda che per pagare poco più di 200 euro ha bisogno di questo attestato. Insomma la strada per farsi pagare da Equitalia è davvero dura e questa vicenda lo dimostra. Chissà cosa potrebbe pensare l’ente di riscossione se un privato cittadino chiamato a pagare una cartella chiedesse iban e altri documenti giusto per prendere tempo. Equitalia attenderebbe buona buona?

(Fonte: Investireoggi.it)