di Rosanna La Malfa
Sì, credo profondamente che le nuove tecnologie siano in grado di “svecchiare” il sistema della cultura. E non parlo solo della spettacolarizzazione delle grandi ricostruzioni 3D e filmiche cui ci siamo abituati; penso soprattutto alle possibilità che le tecnologie del web e mobile offrono al patrimonio culturale per essere valorizzato e fruito in un modo il più ampio e democratico possibile. Si pensi a come sono cambiate le nostre “attitudini” informative: Wikipedia è la fonte prima di una ricerca, Booking e Tripadvisor lo sono se vogliamo prenotare un albergo o un ristorante, ma anche per conoscere le “attrazioni” di un luogo. E tutto si muove sui motori di ricerca come Google, noi stessi ci muoviamo con le mappe geolocalizzate, cercando informazioni per raggiungere i luoghi. Facebook, Twitter, Instagram, solo per citarne alcuni: quanto hanno cambiato la nostra vita questi social media? Sono diventati strumento di comunicazione e avvicinamento al pubblico imprescindibile anche per le istituzioni culturali.
Una scommessa e un processo, hai detto bene! Sì, il progetto su izi.TRAVEL (che ho chiamato #iziTRAVELSicilia) nasce con una scommessa, anzi, una “lotteria” vera e propria, come mi ha confidato lo stesso fondatore di izi.TRAVEL, Alex Tourski. Senza conoscermi affatto, ma affascinato dalla scommessa di tentare di colmare il gap della comunicazione culturale siciliana, ha deciso di giocare alla lotteria, a occhi chiusi, finanziando un anno di assegno di ricerca (Maggio 2016-Maggio 2017) presso l’Università di Catania. Da allora, e senza finanziamenti ulteriori, ho portato avanti un processo che è riuscito a diventare un “modello” per altri: oltre 180 audioguide multimediali, in cui più di 3000 persone (dai bambini ai direttori dei Musei) hanno scommesso con me su questa idea e sono diventati “Ciceroni digitali” del loro patrimonio! Abbiamo fatto insieme, in modo partecipato, quello che le Amministrazioni pubbliche avrebbero dovuto fare con i Fondi Europei. Musei importanti come il “Paolo Orsi” di Siracusa o il “Pietro Griffo” di Agrigento sono online, con le loro opere d’arte e le loro storie, come mai prima finora. E di aver dato questo grande contributo alla mia terra sono profondamente fiera e orgogliosa. Tourski, che in questi giorni è stato in Sicilia con me e protagonista di molti incontri, è rimasto profondamente colpito dalla “rete” di storytellers che qui sono riuscita ad attivare e dall’interesse di tante istituzioni che vogliono aggregarsi al processo in corso, come l’UNPLI e l’Associazione dei Borghi più Belli d’Italia.
Sembra complesso, ma non lo è affatto! Nel processo attivato da #iziTRAVELSicilia i protagonisti delle audioguide sono stati gli studenti di ogni ordine e grado, il personale dei musei e degli uffici turistici, operatori del settore, studiosi, chi gestisce il patrimonio e ne ha cura. Anche il linguaggio è profondamente cambiato, proprio perché non si può pensare più di comunicare il patrimonio in modo tassonomico, scientifico e gerarchico. Le istituzioni culturali, i musei soprattutto, per secoli si sono “parlati addosso”: le descrizioni degli oggetti e delle opere d’arte nelle collezioni venivano descritte da esperti ad esperti o, quantomeno, a conoscitori. Così, in realtà, i musei hanno contraddetto la loro stessa mission: comunicare e divulgare il patrimonio. E così hanno vestito quell’aura polverosa di “templi del sapere”. Anziché aprirsi, hanno creato barriere che sono anche di tipo cognitivo. Il patrimonio culturale deve essere – invece – avvicinato al grande pubblico, si deve farlo sentire proprio e non distante, lo si deve rendere comprensibile. Ecco allora che nella semplificazione del linguaggio della comunicazione culturale – che è un lavoro complesso e non semplice banalizzazione – risiede la chiave di questo importante cambiamento. E le grandi piattaforme, soprattutto quelle legate allo storytelling come izi.TRAVEL, consentono di attivare processi orizzontali (dove tutti sono protagonisti allo stesso titolo), partecipativi e cocreativi, come mai finora si era immaginato. E tale è il progetto #iziTRAVELSicilia.
Ci hanno infarcito per anni con questo “mantra”, che serviva a giustificare i tagli ignominiosi operati alla cultura. Dobbiamo ancora riscattarci da questa vergognosa gestione di passati governi che ha indebolito incredibilmente il settore. Da qualche anno la percezione è, per fortuna, cambiata: sono cambiati i musei, il loro modo di approcciarsi al pubblico. Non aumentano i visitatori perché le nostre collezioni sono diventate più belle (sono tendenzialmente le stesse da decenni, solo in qualche fortunato caso ci sono nuovi allestimenti), ma perché si sta riuscendo a avvicinare il pubblico alla cultura e alle opere d’arte, anche se il lavoro da fare è ancora lunghissimo. Se si pensa alle statistiche dei non lettori, del non pubblico di musei o cinema, il quadro che ne emerge è quello di una cittadinanza che si tiene profondamente lontana da una crescita culturale e cognitiva. In questo, a parer mio, ha certamente colpa l’abbrutimento dell’intrattenimento televisivo, lo svilimento dei programmi scolastici e universitari, ridotti, questi ultimi, a un accumulo di crediti. Basti pensare alla Storia dell’Arte, insegnata male prima e quasi per nulla adesso e considerata (nella patria della Storia dell’Arte!!!), solo una “noia mortale”. Solo riconoscendo che la nostra “ricchezza” si basa sul nostro patrimonio e sulla sua adeguata tutela, conoscenza e promozione, l’Italia sarà davvero in grado di creare lavoro ed economia. Cultura e Turismo sono un binomio imprescindibile, ma diventano un trinomio imprescindibile se ad essi si aggiunge l’Economia. In passato ho avuto la possibilità di formarmi anche all’estero su temi legati all’Economia della Cultura e al Marketing culturale e, da umanista, mi si è aperto un mondo! Mi sono sentita un po’ come Archimede quando gridava “Eureka”! ho esclamato tra me e me: “Ma allora di Cultura si mangia!” e mi sono sentita stupidamente presa in giro dal mantra con cui ci hanno indottrinato… Ci sono modelli, in tal senso, conosciuti a chiunque si occupi di questo: il Guggenheim di Bilbao o la città di Torino stessa hanno dimostrato come un euro speso in cultura abbia ricadute moltiplicate, dirette e indirette, incredibili. L’Italia gode di altissimi ricavi dal turismo, che non è più esclusivamente legato alle grandi città d’arte: il turismo ormai è esperenziale, emotivo, e chi meglio della nostra multiforme Cultura può riempire di emozioni ed esperienze?
L’Italia soffre un gap tecnologico e un ritardo ormai ventennale: nel 2011 – l’altro ieri – la UE si interrogava sulla “anomalia” Italia e il celebre economista Pier Luigi Sacco indicò chiaramente come l’Italia, priva di alcuna strategia digitale, fosse da considerarsi appieno come “Terzo Mondo Digitale”. Abbiamo iniziato a investire in sviluppo tecnologico solo di recente. La nostra Agenzia per l’Italia Digitale è stata istituita solo nel 2012 ed è operativa praticamente dal 2015, quando sono stati pubblicati i documenti sulla Strategia Italiana per la Crescita Digitale e Strategia Italiana per la Banda Ultralarga… Per anni, le promesse di uno sviluppo digitale sono state disattese (anche perché la Politica non aveva interesse a questo sviluppo, quando a governare c’era chi aveva interessi economici nei media tradizionali) e ne paghiamo conseguenze socialmente e economicamente devastanti: avete mai visto le classifiche europee in materia? L’Italia è sempre nelle ultime posizioni, nel 2018 è 25ma su 28 paesi, precedendo paesi come Bulgaria, Grecia e Romania… Questa mancata digitalizzazione del nostro paese è uno svantaggio immenso e ormai irrecuperabile: quando i nostri governanti grideranno ai quattro venti che l’Italia finalmente sarà coperta al 100% del suo territorio dalla banda larga, nel frattempo gli altri paesi avranno coperto i loro territori con la banda ultra larga! In una economia che è diventata e-economy, questa doppia velocità danneggia le nostre imprese, la nostra amministrazione pubblica, ogni cosa. E, proprio perché questa Politica continua ad essere profondamente cieca e per nulla lungimirante, anche quelle risorse (233 milioni di Euro) che nel 2015 erano state destinate a coprire il territorio nazionale con la banda ultra larga sono stati appena decimati a un quarto! Se questo è lo Sviluppo Economico che questo Governo vuole imprimere al nostro paese, siamo messi davvero malissimo.
Nella primavera del 2013 il MiBACT decise di sospendere la “Settimana della Cultura” per mancanza di fondi. A quel punto, un gruppo di persone – blogger, operatori museali, archeologi, storici dell’arte – raccogliendosi intorno alla chiamata e all’idea di Fabrizio Todisco, decise di “riappropiarsi” di quella settimana; si scrisse insieme il Manifesto e fu lanciata la prima edizione delle #InvasioniDigitali. Da allora, tra i fondatori del movimento e Ambassador per la Sicilia, abbiamo coinvolto migliaia e migliaia di persone ed organizzato quasi 2000 eventi in tutta Italia. Armati di smartphone, tablet e fotocamere digitali, gli invasori sono chiamati a condividere le loro foto sui loro profili sui social media, così promuovendo il loro patrimonio culturale. Le Invasioni sono state davvero un grimaldello nel mondo della cultura italiana: ci sono volute due edizioni prima che si liberalizzassero le foto nei musei. In Sicilia, inoltre, grazie all’intuizione della amica Cettina Santagati, docente di Disegno e rilievo digitale all’Università di Catania, abbiamo deciso di “innovare” ulteriormente, lanciando le #InvasioniDigitali3D, nelle quali gruppi di studenti sono coinvolti in specifici laboratori con lo scopi di fotografare oggetti e reperti delle collezioni dei musei, in occasione delle Invasioni, per ricavarne modelli 3D da donare poi alle amministrazioni.
Bella domanda! In un paese che nasconde dentro di sé chissà quanti altri siti, stiamo diventando sempre più impossibilitati a tutelare adeguatamente quello che è già scoperto. C’è voluto il grande progetto su Pompei per arginare i crolli che, con cadenza preoccupante, avvenivano nella “città morta” più celebre al mondo. Da umanista, archeologa e esperta di comunicazione e processi partecipativi dico che, oggi, l’archeologia va molto ripensata. Non è più il tempo dei taccuini scritti a mano e non è solo il tempo del GIS o delle ricostruzioni 3D. E’ anche il tempo della comunicazione, della valorizzazione in mobilità, dello storytelling. Ed è maturo il tempo per una formazione multidisciplinare, che metta insieme discipline umanistiche ed informatiche, marketing della cultura e management culturale, discipline amministrative e progettazione europea. Un archeologo, oggi, deve saper fare tutela e ricerca, ma anche gestione e promozione del patrimonio culturale. Personalmente, la trowel è quasi appesa al chiodo. In un mondo in cui questa professionalità è stata riconosciuta tra immense difficoltà (per anni ho lavorato con l’ingaggio da operaio specializzato perché i primi a non inserire la nostra figura professionale adeguatamente retribuita era chi, nelle Soprintendenze, stilava i progetti e le perizie) e il lavoro è sempre più raro, ho avuto la fortuna di trovarmi strade alternative e di spendere la mia formazione, sempre più interdisciplinare, in un mercato del lavoro diverso.
La cultura è un Diritto. Partendo da questo assunto sono nati i tuoi studi, i tuoi progetti. La «pari dignità» della persona è un principio che impedisce qualsiasi forma di discriminazione. Guardiamo all’oggi e al futuro.
Sì, la cultura è un diritto, l’accessibilità alla cultura altrettanto. Si parla tanto di accessibilità senza pensare che ci sono forme di inaccessibilità che non sono semplicemente barriere architettoniche o sensoriali: sono barriere cognitive, come ho detto prima. Allora, per rendere accessibile la cultura a tutti bisogna pensare a comunicarla adeguatamente, renderla accessibile in più lingue, ad esempio, se si vuole anche competere in un mercato della conoscenza globale. Sono partita da questo concetto: rendiamo la cultura accessibile anche a chi non ha livelli di conoscenza adeguata, avviciniamoli al sapere allettandoli con le storie, facendo vedere loro che si può parlare di uno skyphos altrettanto bene se lo si descrive come una tazza, o di un guttus come di un antico biberon, senza per questo rinnegare la nostra aulica formazione di intellettuali. Solo la Cultura e la consapevolezza rendono veramente liberi e restituiscono dignità a ogni essere umano. E mi permetto anche di dire che fra i diritti degli esseri umani, oggi, c’è anche l’accessibilità alla rete, il più grande strumento di democratizzazione. Mi piace concludere con una celebre frase di Gadamer, in cui credo fermamente: “La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande“. E la sua condivisione è la chiave di una crescita sociale, inclusiva e partecipata.