Edicola Quirinale: si vota (bianca) e si tratta


AGI – “Colle, si val voto senza un’intesa”: il titolo di apertura del ‘Corriere della sera’ offre una fotografa oggettiva della giornata. A Montecitorio iniziano le votazioni dei 1009 grandi elettori ma non c’è consenso tra i partiti su un nome, e quindi mentre si consumerà il rito delle urne anche con la versione drive-in per i positivi al Covid, continueranno le trattative tra i partiti alla ricerca del candidato giusto. Il ‘Corriere’, nell’editoriale di Roberto Gressi, osserva che “continuare con i litigi a distanza, con i veti, con le pulsioni irrazionali non può che procurare un danno al Paese”, e parla di “una tattica da Italietta che tutti avremmo il desiderio di lasciarsi alle spalle“.

Ma come? I retroscena dei giornali offrono una panoramica di ipotesi diverse e contrastanti. Restando al ‘Corriere’, Francesco Verderami prospetta “il bivio Casini-Draghi tra quarto e settimo voto”, Paolo Conti invece descrive Andrea Riccardi come “profilo ideale” per il Pd, ma sempre dal fronte dem Claudio Bozza e Maria Teresa Meli scrivono che Letta ha sentito Casini, e questo nome “avanza nel Pd.

Ancora, Marco Cremonesi riferisce del lavorio di Salvini “alla prova della vita”, e dell’allargarsi della sua rosa di candidati di centrodestra, mentre “il nome della direttrice del Dis Elisabetta Belloni si sente sempre più spesso”, e Monica Guerzoni scrive che Draghi, “ospite più atteso e più indesiderato al ballo del Quirinale”, non cede alle pressioni di chi lo invita a trattare per aprirsi la strada che lo porterebbe al Colle.

Di contorno a questo composito mosaico di scenari, in cui se ne legge uno solo, ossia che siamo ancora al buio, il ‘Corriere’ propone due pezzi di Paola Di Caro, concentrati su Berlusconi: un’intervista a Tajani che fa il panegirico del Cavaliere e insiste su “nomi di area”, e uno scavo negli umori dell’ex premier, ricoverato al San Raffaele per un check-up. 

‘Repubblica’ mette l’accento sulle divisioni tra i partiti con il titolo di apertura che dice “Al voto muro contro muro”. Ezio Mauro nell’editoriale “Senza alibi” fa un’impietosa analisi della situazione in cui “il problema non è che manca il kingmaker, come racconta chi crede che il Capo dello Stato venga fuori dalla magia di un cappello in un gioco di prestigio. La verità è che manca la capacità di egemonia, cioè di mettere in campo una cultura politico-istituzionale capace di selezionare un candidato”. Ai suoi lettori, il giornale offre un borsino dei candidati, in cui l’unico a salire è Mario Draghi.

Le quotazioni sono impaginate a mò di listone sopra un titolo in cui si assicura che “Ue e mercati temono la palude”. Tommaso Ciriaco racconta che il nome di Elisabetta Belloni viene si’ discusso in queste ore, ma non per il Quirinale. Per Palazzo Chigi, invece, se Draghi andasse al Colle. Secondo quello che scrive Giovanna Vitale, il segretario Pd Letta vorrebbe Draghi ma spera nel bis di Mattarella, mentre Emanuele Lauria riassume la linea di Salvini: no a Draghi e a Casini.

Mentre cominciano le “prime votazioni al buio”, come titola in apertura, ‘La Stampa’, con Alessandro De Angelis, scrive che “se Draghi vuole andare al Quirinale qualche telefonata dovrebbe cominciare a farla“. A chi? Nell’ordine, secondo De Angelis, a Berlusconi, a Franceschini, e a Mattarella “pregandolo di restare perchè solo la permanenza dell’attuale capo dello Stato non rappresenterebbe una sua sconfitta”. Insomma, un bis di Mattarella per far concludere la legislatura e spianare la strada del Colle al premier in un nuovo Parlamento. Soluzione che il Pd “sogna”, almeno a credere al retroscena di Annalisa Cuzzocrea. Il fatto è che, osserva però Marcello Sorgi, si parte con votazioni a vuoto e il rischio è che alla quarta si arrivi a “un’elezione di parte” che “verrebbe a rompere la maggioranza di unità nazionale che sostiene il governo Draghi. Il quale avrebbe difficoltà a continuare il suo lavoro”. Sarebbe, secondo Sorgi, “un segno di incoscienza”, e per di più “senza neppure ottenere il risultato del così detto ‘ritorno della politica’.

“Draghi, perché sì” titola Il Foglio, sostenitore del trasloco del premier al Quirinale, che pubblica una raffica di “endorsement in libertà”, firmati da personalità diverse che illustrano “tutte le ragioni che dovrebbero suggerire di votare Draghi presidente della Repubblica”: in ordine di impaginazione, gli scritti sono del giornalista Giuseppe De Filippi, dell’ex ministra dem Linda Lanzillotta, dell’economista Tito Boeri, dell’ex ministra Elsa Fornero, del giornalista Lodovico Festa, del giuslavorista Pietro Ichino, del commercialista Andrea Tavecchio, della giornalista Marina Valensise, del giurista Giacinto della Cananea, dell’imprenditore Filippo delle Piane, della giornalista Ritanna Armeni, dell’avvocato Francesco Compagna, del comico Saverio Raimondo, della giornalista Alessandra Sardoni, dell’economista Paolo Guerrieri, della giornalista Flavia Fratello. A questa mole, che si estende su quattro pagine, si aggiunge l’editoriale del direttore Claudio Cerasa, che costruisce una sorta di intervista immaginaria con Draghi, formulando domande le cui risposte sono dichiarazioni effettivamente rilasciate dal premier in vari contesti.

Crede alla candidatura di Andrea Riccardi ‘il Fatto quotidiano”, secondo cui sull’ex ministro e fondatore di Sant’Egidio puntano M5s e Pd. Riccardi, scrivono Luca De Carolis e Wanda Marra, è stato “benedetto ufficialmente ieri da Giuseppe Conte – che lo ha fortemente voluto – e da Enrico Letta”. Sul fronte del centrodestra, il giornale registra invece il “diktat anti-Draghi” di Salvini, che boccia anche Casini. Poco spazio al Quirinale sul ‘Sole 24 orè, una pagina soltanto, in cui si segnala un commento del costituzionalista Francesco Clementi che spiega come l’elezione del presidente sia “un momento sempre dinamico e vivo che, dentro regole e regolarita’, testo e contesto, riesce sempre ad adeguarsi alla situazione politico-istituzionale del proprio tempo”.

“Salvini l’ammazzadraghi” è il titolo del ‘Giornale’, che sferra un attacco (“Così il premier dell’unità nazionale, vittima delle sue trame, diventa divisivo”) e vede Casini “in vantaggio”. Scrive Massimiliano Scafi che la linea del premier è “se mi volete sono qui”, e osserva: “Peccato che le forze politiche prese giustamente un pò a schiaffi nell’ultimo anno e allontanate da importanti decisioni sul Covid ora si stiano un ribellando, con il risultato che SuperMario, amato dai cittadini, dai mercati, e dalle Cancellerie occidentali, è diventato divisivo nel Palazzo”.

In un editoriale, Vittorio Macioce mette in guardia dal “trucco antidemocratico del Pd”, che insisterebbe sulla candidatura condivisa solo per imporre un suo nome. Titolo: “Condividi et impera”. Da parte sua, ‘Libero’ sprona Salvini e Meloni: “Ora tocca a voi due”, titola il quotidiano, che in un editoriale di Pietro Senaldi spiega: “La tribolata coppia ha circa 72 ore per trovare la soluzione, altrimenti la pedina rischia di tornare alla casella di partenza. Il che significa che riprenderebbero quota le azioni di Draghi o addirittura tornerebbe in auge l’opzione della conferma di Mattarella”.

Secondo ‘La Verità”, come scrive nell’editoriale Maurizio Belpietro, dato lo stallo “rischiamo un presidente a caso, pure Casini o Mattarella”, perchè “i partiti sono incartati e può succedere di tutto”. ‘Il Messaggerò punta la sua attenzione sulle trattative in corso e titola: “Salvini-Letta, prove di dialogo”.

Non solo sul Quirinale, ma sul nuovo governo, perchè, scrive Marco Conti, i due leader cercano un’intesa non solo sul nome del capo dello Stato ma anche su un patto di fine legislatura. E in questo quadro, la scheda bianca che i dem potrebbero deporre nell’urna “è un segnale di disgelo agli avversari in vista di un’intesa”. Strada sempre più in salita per il premier, a leggere ‘Huffington Post’, secondo cui “anche Conte allontana Draghi dal Quirinale”, con le dichiarazioni sull’esigenza che resti al governo perchè “unico punto di equilibrio”, mentre Salvini tenta di “metterlo k.o.” per una sorta di “effetto Berlusconi”, associando il suo al no già opposto dal Cavaliere. Draghi, scrive Ugo Magri, guarda immobile.

La sua mossa è “non fare nessuna mossa”. Pungente con il premier ‘Dagospia’: “Ieri un mito, oggi un mitomane”. 

Source: agi