E voi che indignati siete? Tutte le sfumature del primo partito sui social


ESTATE CON ESTER Ester Viola

Con che indignazione mi sono alzata stamattina? Vediamo. Indignazione contro il primo venditore su Amazon libri, l’ufficiale non gentiluomo che s’autopubblica le isterie (e le vende pure bene!). O indignazione per la banda Bassotti di scrocconi che in Albania scappano dal ristorante, conto pagato personalmente da Meloni. Ci sarebbe pure quella vicenda della giocatrice di pallone baciata di forza dal presidente della Federcalcio spagnola. Fatevi quella che vi pare, ma fatela, l’indignazione. Affidatevi al caldo che v’infuoca i nervi, perché l’indignazione online serve, è una rivoluzione fatta coi lego, un modellino in scala, comunque funziona, guarda come girano le ruote. Insomma si è parecchio urtati, quotidianamente, questo è il clima sull’etere. C’è un malanimo per l’aria che non s’ammoscia mai. Volano spesso paccheri (metaforici).
Fattosi quello indignato il primo partito sui social, si doveva capire come farci i soldi sopra. Soldi in cambio di latrati: era possibile? Come no.
Sono finiti i tempi in cui per lavorare sugli aggeggi americani si doveva essere strabelli, farsi i selfie in costume in cui si vedeva ancora di più che certi di noi erano baciati da dio e altri no. E che liberazione! Ora il consenso generale, i like veri, la diffusione pesante, la viralità la fai in un modo preciso. Indignazione.
Devi incazzarti, reagire, denunziare le ingiustizie locali, nazionali e oltre, aderire ai movimenti specialmente Usa, partorire il pensiero guerriero, rabbioso, petulante. La fiammata.
Indignazione. Può avere molte declinazioni, l’indignazione. Può essere anche di nichilismo puro, basta che sia una forma di lamento e ribellione. Saranno sette/otto anni che dura questa zeza sui social, i risultati (sociali, non di fatturati personali) proprio stentano a vedersi, ma si sa, servono settanta generazioni per mezzo cambiamento, quindi insistiamo online, qualcosa cambierà.
Intano una rassegna delle indignazioni possibili, per i dilettanti che vogliono entrare nel club.
Indignazione collettiva. E’ l’indignazione classica, avvia da un fatto di cronaca. Forma molto partecipata, difficile emergere. Dura un giorno per eventi minori (ed esempio foto e post di Aurora Ramazzotti sulla maternità), dai tre ai cinque per vicende con risvolti giudiziari severi, dai cinque ai sette se riguarda Ferragni (questione pandoro in beneficenza). Massimo risultato registrato sul barometro: uno qualsiasi del governo dice che ci sarà tra due mesi una proposta per la millesima legge, che forse potrebbe aiutare. Non sarà la riforma della giustizia (che aiuterebbe sul serio) ma meglio di niente. La riforma della giustizia però così si allontana, ci distraiamo. Forse era meglio niente.
Indignazione singolare. Solo un utente nota un fatto di dubbia indignabilità. Qua è un tiro di dadi. Può andare bene ( vedi infra, Indignazione jac
kpot) o andare male. Va spesso male, il nostro resta indignato solitario. Non si scoraggia. Ritenta.
Indignazione incauta. Errore. E’ quando ci si indigna per un frainteso, o perché non si è studiato abbastanza, o ancora perché non si hanno nozioni più tecniche in certi campi – capita spesso per giurisprudenza e medicina. Mai avere fretta, nell’indignazione. La forca è un mestiere di precisione, come l’elettricista. Informarsi per non perdere credibilità, chiedere a esperti. Si può diventare indignato cialtrone, lo scemo del villaggio virtuale, non ti mette più like nessuno.
Indignazione di strascico. L’indignato è nel gruppo di gente che si indigna. Non gli piace molto ma si adegua.
Indignazione perché XY sta antipatico. Forma grave e un poco disonesta di indignazione. Lo si fa perché qualcuno è inviso. Spiace ammetterlo, le ragazze sono le più aggressive e quindi le più colpite. Magari è più carina, più capace, magari ha indovinato il biglietto giusto alla lotteria di Instagram. Perché lei sì e io no. Si aspetta il bersaglio co l’uocchie sicche, al primo svarione, indignazione. Non ce l’hanno con la persona, ce l’hanno col piedistallo. E’ l’invidia del pene adulta, senza rapporti di genere, ma è un paragone troppo grosso e azzardato, approfondiremo un’altra volta.
Indignazione perché mi sono svegliato storto. Frequente. Sono i più furiosi. Basta un niente per una colata lavica di indignazione violenta, anche tua moglie che in vacanza sta su Whatsapp con un altro, hai trovato i messaggi. Il bersaglio non importa, quello che passa il convento. E’ un chi coglio, coglio.
Indignazione allegra. Solo per fatti di cronaca lievi, ma anche in quel caso è diventata una rarità, per l’alto tasso di rischio (v. infra, indignazione perché
non ti indigni). Ricordate la leggerezza di Calvino? Quel povero capitolo massacrato delle lezioni americane, citato e ricitato mille volte e che ora è ridotto a un piccolo principe della saggistica? Ebbene, la leggerezza l’è morta, non siamo andati neanche al funerale. Lugubri. Questo ventennio ci vuole lugubri sempre, senza tregua, lutto continuo.
Indignato jackpot. Il sogno di tutti. E’ come il gratta e vinci da 200 mila euro. Se ti riesce il colpo, ti svegli e il giorno dopo hai un mestiere su Instagram. Ti fai un credito, un seguito, accumuli in poco tempo follower su follower – pardon – community. Fai delle belle indignazioni ben calibrate, qualche card di aforismi, tre Cesari Pavese, porti pazienza e arriva il gelato Magnum che ti offre 10 mila euro se mordicchi un paio di stecchi al mango in due storie. Sono sei, sette stipendi di un dipendente medio, e bastava solo insorgere contro l’acqua calda. A saperlo.
Indignazione perché gli altri non si indignano. Sfortunata deviazione, è un fai schifo che ti arriva addosso come una tigre, può essere pericolosissimo (vedi supra: Indignazione perché XY sta antipatico).
Indignazione di convenienza. L’influencer onesto, quello che vende coi codici sconto, sta a mollo a Ibiza e vede la notizia. Ma proprio mo che mi stavo divertendo e dopo devo fare la reclame dell’aperol. Nervosismi. Breve riunione coi suoi del team. Commento o non commento. Come si fa a non commentare, pare che sto qua a fare la vita del milionario in spregio a quello che succede. A che distanza devo tenerla dall’aperol, l’indignazione? Si leva il cappello di paglia e fa un video in cui dice ma ci rendiamo conto, come è possibile. Vari cazzo e stracazzo rafforzativi linguistici della genuinità della partecipazione alla vicenda. Se invece proprio non ha voglia di farsi il video, una pagina sempre color nero mezzanotte (per dire proprio che la nuttata è nera!) dove esprime disappunto, scritto di bianco. Non solo una frase, ma un mezzo tema, paragrafo con subordinate (scrittura lunga=vero interesse alla vicenda). Conclusione: cosa possiamo fare? C’è una raccolta fondi? Fine storia Instagram e tuffo a mare.
L’antindignazione. Capriola all’indietro, solo per abilissimi. Lamento affrescato, logico e splendidamente argomentato sul fatto che ci indigniamo per tutto e qua non succede mai niente.

Fonte: Il Foglio