Ci sono due Monie, una con la i e l’altra con la j. Una mette in mostra le cose dell’altra, l’altra mette in mostra una città, Fermo, come fosse una quinta teatrale. Un suo personale palcoscenico dove i fermani stanno, come marionette d’un incanto. Uno spettacolo fiabesco degno dell’opera dei pupi. Staged photography, dicono quelli che amano rimasticar l’inglese. Installazioni fotografiche. E lei, Monia Marchionni, la Monia con la i, muove i fili, decide le comparse, tira il naso ai Pinocchi e la barba ai Mangiafuoco, e dalla pancia della balena tutto quello che ha dentro.
Da una cittadina che pure l’ha vista nascere, nel già lontano ‘82, tutto quel che c’è, mostrandolo in una luce nuova. Trasformandolo in un mondo altro, scògnito agli stessi cittadini che, pure, hanno posato per un triennio, dal 2016 al 2019, perche’ il progetto prendesse vita. Le trovate, le visioni che la capoccia di Monia – sempre quella con la i – zeppa di ricci e d’idee, mette in scena davanti all’obiettivo, letteralmente. «Traggo ispirazione dall’ambiente che mi circonda, dalla storia di un luogo, dai dolori e dai ricordi miei e degli altri, colgo lo straordinario dietro l’ordinario», dice di se’ l’artista.
Il progetto su Fermo, Visioni extra ordinarie, è quello messo in mostra a cura di Monja Ercoli – quella con la j – al terminal cittadino Dondero col patrocinio del comune. Un viaggio tra fantasia e memoria, sorta d’ascesa al cielo dall’Aldiqua. Un percorso iniziato dal sottosuolo, salito in superficie a tracciare una verticale immaginaria dalla terra all’aria e nel mezzo luoghi visti e riletti dagli occhi di chi in questa città marchigiana è nata e un pò cresciuta. Le cisterne romane, la biblioteca Spezioli, la sala del mappamondo.
Luoghi noti come il teatro, il parco, la cattedrale, o posti anodini diventano quinte d’altrettanti teatrini, al chiuso o all’aperto, dove spazia la fantasia di Monia. Le sue “immagini del pensiero”, come le definisce lei stessa. Così il lungomare, le vie, angoli cittadini si popolano dei colori del sogno. Se volete la foto di cronaca, la pura e cruda realtà trasposta su carta fotografica, lasciate perdere, tirate dritto. Andate a farvi un bel brodetto di pesce faccia all’Adriatico. Ma se vi piace l’accosto tra quel che c’è e si vede e quel che piglia forma sotto una matassa di ricci neri e un cervello vulcanico, qua trovate il pane e il companatico, e pure l’arrosto per i vostri denti.
Monia non è nuova a tali creazioni. Di visioni e installazioni n’ha materializzate una sporta e una stia, collezionando una mole di premi, anche internazionali. Dai precari di Differenziare-differire ai Prolegomeni, dagli spazi marziani di Atacama del Viaggio in Cile ai Giorni necessari della clausura imposta alla quotidianità ai tempi del Covid, fino a Primo amore e alle coève Visioni extra ordinarie, le sue sono immagini sospese in un tempo quasi senza tempo. Come se tutto s’ammutasse, rifiutasse di scorrere in un tempo come il nostro, pandemico e terrifico. La via è data, il dado è tratto, come disse quel Cesare in riva al Rubicone che scorre non lontano da Fermo.
La fantasia di Monia potrà, dovrà sbrigliarsi ancora in un nugolo d’idee e un cozzo di progetti. Giorno verrà per le sue visioni di sbalzare dalla realtà locale a una dimensione più ampia, davvero internazionale. Per l’intanto, grande è il merito di un’artista che sa calarsi nel suo mondo e nel suo tempo, dare la stura alla realtà aumentata, non solo virtuale, del reale. Per ora godiamoci le sue stra-ordinarie visioni, e spicciatevi che sono gli ultimi scampoli prima di chiudere mostra e bottega. E se proprio non doveste fare in tempo, godetevele su carta nel bel catalogo bilingue edito da Giaconi. Fino al 16 gennaio, terminal Dondero, Fermo, info www.moniamarchionni.com
Source: agi