Draghi difende la laicità dello Stato (ma sul Ddl Zan si discute)


di Xavier Mancoso

Il premier Mario Draghi è stato semplice, incisivo, efficace davanti al Parlamento: “L’Italia è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale. Quindi il Parlamento è libero di discutere e legiferare”.
A provocare l’intervento la richiesta, con un passo diplomatico ufficiale da parte del Vaticano, di modificare il
disegno di legge, già approvato dalla Camera dei deputati, che in sette articoli aggiorna la legge Mancino contro i reati di razzismo, estendendo le pene anche a chi istiga alla violenza omofobica.
Il Ddl, sostenuto da PD, M5S e LEU, è impantanato da mesi in commissione giustizia al Senato a causa dell’ostruzionismo della Lega e del senatore leghista Andrea Ostellari, presidente della commissione, il quale è anche relatore della legge.
Le motivazioni del centrosinistra nel sostenere il Ddl Zan attengono alla necessità di una legge contro i reati d’odio e ogni tipo di discriminazione in base a sesso, genere, identità sessuale, orientamento sessuale e inabilismo.
Secondo il Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, firmatario della nota consegnata all’ambasciata italiana presso la Santa Sede (certo con l’approvazione del Papa) per chiedere una modifica del disegno di legge, e la Segreteria di Stato Vaticana, il Ddl Zan violerebbe “l’accordo di revisione del Concordato” stipulato nel 1984.
Non sono pochi i cittadini italiani che chiedono da tempo l’abolizione del concordato Stato-Vaticano, per dire basta ai secolari privilegi di questa istituzione e alle sue continue ingerenze o quantomeno una revisione dell’accordo del 1984.
Tuttavia né il concordato né la sua revisione giustificano la pretesa del Vaticano che una legge in discussione nel Parlamento sovrano di uno Stato laico venga modificata in seguito all’intervento diplomatico di uno Stato estero.
Anche su questo punto Draghi è stato chiaro : «Il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa. Vi sono i controlli di costituzionalità preventivi nelle competenti commissioni parlamentari: è di nuovo il Parlamento che, per primo, discute della costituzionalità, e poi ci sono i controlli successivi nella Corte Costituzionale».
La Costituzione garantisce al Popolo italiano la libertà di decidere le leggi attraverso i propri rappresentanti in modo libero e autonomo. Quindi la piena ed autonoma sovranità decisionale sulle leggi dello Stato che regolano i diritti civili dei cittadini appartiene soltanto al Popolo italiano, ai suoi rappresentanti e agli organismi internazionali a cui l’Italia ha aderito.
Detto questo, il dibattito sul controverso disegno di legge prosegue e, naturalmente, non manca chi strumentalizza l’intervento del Vaticano per affossare una legge in favore dei diritti della comunità Lgbtq+.
Vien fatto di chiedersi come mai la Segreteria di Stato vaticana non sia intervenuta al momento della discussione e dell’approvazione del Ddl Zan alla Camera. È lecito vedere nella scelta dei tempi un calcolo politico: oggi una parte della destra politica sostiene dall’interno il governo, formando un’ibrida maggioranza con le forze del centrosinistra ed esercitando un notevole potere di condizionamento sull’esecutivo guidato da mario Draghi.
D’altro canto anche in Europa il dibattito sull’omofobia e la salvaguardia dei diritti delle persone Lgbtq+ è in piena ebollizione, si veda in proposito il protagonismo dell’Ungheria di Orban (dove è stata approvata una legge che vieta la “propaganda dell’omosessualità” nelle scuole), l’offensiva delle destre europee coordinate da Giorgia Meloni in difesa “dei valori della famiglia tradizionale” e così via. Insomma alla Chiesa cattolica è sembrato questo il momento propizio per gettarsi nella mischia.
Due cose sono certe: che le persone Lgbtq+ sono oggetto a tutt’oggi di gravi ed inaccettabili discriminazioni, quando non peggio, in Italia ed in Europa e che il Ddl Zan, in effetti, presenta più di un aspetto da discutere e considerare attentamente. In definitiva, pertanto, la legge va portata ed approvata in questa legislatura, ma ai sette articoli del testo possono anche essere apportate delle modifiche, non tanto per ammorbidire i contrasti col Vaticano né per accedere alle posizioni frenanti e minimaliste della destra in materia di diritti civili, ma soprattutto per riflettere sulle preoccupazioni avanzate da buona parte del mondo femminista in merito ad aspetti delicati come l’identità autopercepita, che può aprire le porte alla “Self Id”, l’autopercezione del genere. Sono in molte a considerare un errore l’equiparazione della misoginia alla violenza ed alla discriminazione nei confronti delle persone Lgbtq+, perché tale impostazione fa apparire le donne come una categoria da tutelare, mentre in realtà esse non sono una minoranza, ma più di metà della popolazione.
Infine non poche componenti femministe temono che la legge Zan possa comportare un’apertura alla maternità surrogata, l’utero in affitto, che considerano una pratica una pratica disumana.