Articolo basato su un’intervista pubblicata su Il Sole 24 Ore il 31 ottobre 2023.
Educazione finanziaria, serve un bollino per certificare la qualità Marco Lo Conte
Catania, 31 ottobre – «L’educazione finanziaria non la si apprende una volta per tutte ma è una risorsa che deve essere adattata ai tempi e per questo ciascuno di noi deve sentire l’esigenza di avere delle conoscenze all’altezza». Donato Masciandaro, ordinario in Bocconi, editorialista de Il Sole 24 Ore e dall’agosto scorso direttore del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria. In questa intervista traccia un bilancio della sesta edizione del Mese dell’Educazione finanziaria che cade in ottobre. «In questi sei anni molto è stato fatto e ora ritengo occorra concentrarci su due elementi: inclusione e qualità, che sono un po’ le Scilla e Cariddi tra cui dobbiamo muoverci. Inclusione perché la distribuzione delle conoscenze finanziarie è molto disuguale, tra categorie, tra i generi e sul territorio: è un problema di distribuzione. E poi c’è un problema di qualità dell’educazione finanziaria erogata.
Cosa intende?
Soprattutto per i soggetti privati bisogna evitare i conflitti di interesse; per essere molto chiaro: chi offre educazione finanziaria non deve vendere i prodotti. È importante iniziare a fare un’attività che tecnicamente si chiama di “riconoscimento”: chi propone un’iniziativa può chiedere di essere riconosciuto, il comitato definirà delle linee guida e in base a queste linee guida l’attività potrà essere o no riconosciuto.
Per quale ragione?
L’educazione finanziaria la possono fare le istituzioni pubbliche e i soggetti privati. Il problema è che la conoscenza è quello che gli economisti chiamano un bene fiduciario, nel senso che chi la produce conosce la qualità di quello che sta producendo, ma chi la usa non la conosce. Occorre che qualcuno certifichi la qualità del bene fiduciario. In un’economia di mercato ci può essere una produzione privata e una pubblica, ma quello che è importante è che ci sia un soggetto che provi almeno iniziare a certificare la qualità di quello che viene offerto ai cittadini e io credo che sia questa la direzione in cui deve andare il Comitato.
Circa il 90% dei cittadini vuole più informazione, due terzi si sente inadeguato. Ritiene sia indispensabile inserire la materia nelle scuole?
Nel mondo anglosassone ci sono esempi di educazione finanziaria già per legge nelle scuole, ancorché in maniera diversa. Nell’Europa continentale no: da questo punto di vista l’Italia sarebbe tra le prime ad approvare una norma specifica, con il ddl Capitali che prevede che l’educazione finanziaria entri nei programmi di educazione civica. E questo me lo auguro di cuore.
Si poteva far di più?
Il legislatore aveva di fronte un bivio: proporre l’educazione finanziaria come materia o inquadrarla all’interno dell’educazione civica. È stata fatta la seconda scelta e mi sembra la più saggia. La prima in un mondo ideale sarebbe probabilmente la migliore, ma noi non viviamo in un mondo in ideale. Immaginiamoci per un attimo l’educazione finanziaria come materia nelle scuole, mi viene da dire: chi la insegna? Forse la seconda strada e definisce un cammino più lungo ma forse è più credibile.
Nel frattempo è la dura realtà che “educa” i cittadini…
Io credo che l’esperienza sia importante ma è altrettanto importante capire che cosa si sta facendo. Attenzione al fai da te e attenzione a pensare che la regolamentazione sia sufficiente a rendere un mercato efficiente: quanti documenti ci mettono davanti agli occhi che non leggiamo… La regolamentazione da sola non serve. Serve una regolamentazione comprensibile ma servono anche gli sforzi per comprendere. Partiamo dalla consapevolezza che bisogna essere soggetti attivi e non passivi. Già questo sarebbe un progresso.
C’è la strategia ma c’è l’emergenza: i truffatori sono costantemente in agguato, soprattutto delle categorie sociali più vulnerabili come gli anziani…
Nelle persone va sollecitata la prudenza e inoltre deve essere messa a freno l’avidità. Se una persona prudente non è avida, a parità di altre condizioni, abbassa i rischi. Poi ci sono i rischi dell’analfabetismo e qui due categorie brindano: gli operatori incapaci, che vendono prodotti non adatti ai consumatori e quanto più il consumatore è ignorante tanto più loro se sono felici. E i mascalzoni, che utilizzano l’ignoranza altrui per infliggere danni alle persone. Poi c’è il combinato disposto di due, che è ancora piuttosto tossico: l’operatore professionale incapace e mascalzone. Ecco queste categorie sono senza dubbio delle minoranze nel mercato però possono fare molto male. Quindi io credo che occorra sensibilizzare il grande pubblico rispetto all’ignoranza finanziaria.