Per stratificazione sociale si intende un sistema di disuguaglianze che è strutturato attraverso una suddivisione della società in gruppi sociali ben definiti. Non tutti i sociologi sono però concordi su quali fattori siano da includere nell’analisi di tale categoria concettuale. Le differenti analisi di Karl Marx e Max Weber
di Antonino Gulisano
Desidero introdurre in questo periodo di crisi globali, dalla pandemia di Covid 19 alla guerra tra Russia e Ucraina, un tema di cui quasi nessuno si occupa: il rapporto tra la lotta di classe e la stratificazione sociale economica.
All’inizio del XXI secolo l’evoluzione della disuguaglianza dei redditi, della ricchezza, e del rapporto capitale sul reddito, segua una curva a forma di U e i livelli di disuguaglianza oggi raggiunti siano simili a quelli della Belle Époque.
Il capitalismo è caratterizzato da potenti forze intrinseche di divergenza, basate sulla disuguaglianza r > g (rendimento sul capitale > tasso di crescita economica). L’idea è che, in una società che cresce poco, la ricchezza passata acquisisce una crescente importanza e tende naturalmente all’accumulo nelle mani di pochi.
Unica eccezione storica fu quella del primo 900, nella quale per la prima volta nella storia del capitalismo la disuguaglianza fu invertita in r < g. Di conseguenza, le ricchezze accumulate negli anni precedenti perdevano importanza molto velocemente mano a mano che l’industrializzazione aumentava vertiginosamente la produttività e quindi l’ammontare di nuove ricchezze prodotte.
Una domanda di senso inespressa, ma percepibile in un momento in cui non ci sono più ideologie e neppure molte idee, va posta.
Karl Marx sostiene la tesi secondo cui il capitale si accumula all’infinito ma con rendimenti decrescenti, cosa che porta a conflitti tra capitalisti sempre in cerca di nuove opportunità. Se i rendimenti del capitale, però, sono comunque maggiori della crescita dell’economia reale, i ricchi diventeranno sempre più ricchi e la disuguaglianza aumenterà.
Posta questa tesi percorriamo la narrazione del concetto di lotta di classe in Marx e stratificazione sociale in Max Weber.
Assistiamo sempre più a un processo di pauperizzazione, dove nel modello marxista la classe dominante, che detiene i mezzi di produzione, si appropria del plusvalore aumentando la disuguaglianza sociale. Dal concetto di disuguaglianza sociale, ossia la differenza esistente tra diversi individui nel reperire le risorse di cui necessitano per la sussistenza, arriviamo al concetto di stratificazione sociale.
Per stratificazione sociale si intende un sistema di disuguaglianze che è strutturato attraverso una suddivisione della società in gruppi sociali ben definiti. Non tutti i sociologi sono però concordi su quali fattori siano da includere nell’analisi della stratificazione sociale. Una differenza ben conosciuta è presente nelle divergenze delle analisi prodotte da Karl Marx e Max Weber.
Per Karl Marx la stratificazione sociale poggia esclusivamente sul rapporto degli individui con i mezzi di produzione, dove per mezzi di produzione si fa riferimento al Capitale, ai macchinari e alla terra. I detentori di tali risorse sono posti nella classe dominante, la cosiddetta borghesia, mentre gli individui contrapposti sono detti proletari, che devono prestare la propria forza lavoro al capitalista borghese per guadagnarsi il sostentamento per sé e la propria prole.
Da questo modello di stratificazione sociale nasce la lotta di classe marxista, in cui il capitalista borghese si appropria del plusvalore generato attraverso il pluslavoro dei proletari, allargando le disuguaglianze sociali, oltre che generare l’alienazione del lavoratore data dalla sempre più marcata differenziazione del lavoro.
L’analisi di Max Weber ha dei punti di contatto con quella marxista, ma non poggia esclusivamente su fattori di carattere economico. Weber distingue tre aspetti sulla stratificazione sociale: la classe, lo status e il partito.
La classe è la posizione di un individuo all’interno della società, composta dalle sue capacità, dalle sue conoscenze, dalle sue specializzazioni e, in definitiva, dalla sua posizione all’interno del mercato del lavoro. Per status si intende lo stile di vita che un determinato individuo mostra all’interno della società, basato sull’onore, sul prestigio e sulla religione; e, in ultima analisi, il partito, dunque l’appartenenza politica per raggiungere scopi comuni anche ad altri individui, nonché le connessioni di un individuo con il potere politico. La sommatoria di questi tre aspetti genera per Weber delle conseguenze sulle opportunità di vita di un individuo all’interno della società.
La stratificazione sociale è la condizione degli strati sociali, composti da individui o gruppi, collocati vicini o sovrapposti in una scala di superiorità o inferiorità relativa a seconda della ricchezza, del potere, del prestigio ovvero di ciò che la società in cui vivono ritiene rilevante ai fini della distinzione sociale.
Alcuni sociologi sostengono che in tutte le società vi sono disuguaglianze tra un individuo e un altro (universalità della stratificazione), mentre secondo gli antropologi possono esistere società a carattere egualitario in cui tutti i gruppi sociali hanno più o meno lo stesso diritto ad accedere ai gradini superiori della scala sociale per godere di determinati privilegi.
La teoria del conflitto, ispirata alla dottrina marxista, afferma che la stratificazione con le diseguaglianze connesse è una naturale misura adottata dai ceti dominanti. I quali tramite un continuo conflitto con il quale difendono la loro condizione sociale privilegiata dai gruppi inferiori che, come classe in sé, non hanno coscienza della loro condizione di classe oppressa e dunque non dispongono di un’organizzazione adeguata che, accompagnata ad una politica d’azione, consentirebbe loro di superare la diseguaglianza sociale.
I teorici del conflitto non pensano che il conflitto sia una forza necessariamente distruttiva: può avere spesso dei risultati positivi, in quanto può portare a cambiamenti sociali che altrimenti non si sarebbero realizzati. I cambiamenti sociali impediscono che la società ristagni.
A differenza di Marx, Weber non si soffermò sulla sola importanza delle classi sociali, ma elaborò una teoria della stratificazione a più dimensioni. I principi fondamentali di aggregazione di classi erano così l’economia, la cultura e la politica.
Gli individui si aggregano non solo per interessi economici condivisi, formando così le classi sociali, ma anche per aspetti, culturali ideali – originando così i ceti – e per aspetti politici unendosi in partiti per gestire il loro potere. Nella stratificazione sociale quindi è rilevante sia la classe sia il ceto, inteso come elemento aggregante in base allo “stile di vita” che riflette un prestigio sociale che non dipende solo dalla ricchezza ma anche da altri fattori, non esclusi quelli psicologici e quelli derivanti dalla considerazione sociale.
Nel 1977, Donald John Treiman rilevò come vi fosse in tutto il mondo una somiglianza dei criteri di valutazione del prestigio relativo al lavoro in base alla quale alcune persone hanno in loro possesso e controllano un maggior numero di risorse. In questo modo si formano gerarchie di potere con associati privilegi. Poiché il potere e il privilegio sono dovunque altamente considerati, le attività che procurano potere e privilegi godono di un importante prestigio in tutte le società.
La società moderna, nata dalla rivoluzione francese, è caratterizzata dall’eguaglianza di diritto di tutti i suoi membri. A differenza quindi delle società dell’Ancien régime, le classi moderne sono raggruppamenti di fatto, non di diritto. La classe sociale mantiene oggi una grande importanza rispetto ai comportamenti generali degli individui. La distribuzione dei redditi è il fattore principale per cui le classi esistono tuttora, solo se tale distribuzione fosse eguale, non vi sarebbero classi. Il calcolo del coefficiente di Gini, permette di calcolare l’entità della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. Vi è una forte disuguaglianza tra distribuzione dei redditi e del patrimonio. Il secondo è meno egualitario. L’aumento della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è dovuto a quattro differenti fattori:
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La dinamica dei redditi di lavoro
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L’aumento del tasso di attività delle donne
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La crescita del numero dei divorzi
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La durata della vita.
Lo schema di John Goldthorpe si basa su due criteri: la situazione del lavoro e la situazione di mercato. Su queste basi, vengono sviluppate tre categorie di lavoratori:
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Gli imprenditori;
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I lavoratori autonomi;
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I lavoratori dipendenti.
Nel suo rapporto annuale del 2017 l’Istat ha invece ritenuto opportuno proporre un nuovo schema di classificazione degli individui in gruppi sociali con simili caratteristiche socio-economiche e demografiche, basato su più variabili riguardanti il nucleo familiare e l’individuo maggiore percettore di reddito all’interno della famiglia, quali la condizione occupazionale, la cittadinanza, il titolo di studio e la dimensione della famiglia. La nuova classificazione non è stata creata con l’intento di sostituire quelle precedenti, ma per integrarle nell’analisi di una società sottoposta a numerosi cambiamenti, come l’immigrazione, l’invecchiamento della popolazione e la grande recessione. La seguente tabella riporta i vari gruppi sociali individuati dall’Istat con accanto i requisiti che contraddistinguono i relativi nuclei familiari e la consistenza percentuale rispetto alla popolazione italiana.
Nel XIX secolo in Europa la maggioranza della popolazione era impiegata nel settore agricolo, come braccianti o come proprietari. Il processo di industrializzazione ha determinato il declino di queste classi e ne ha promosso una nuova: la classe operaia. Questa classe è aumentata quantitativamente col progredire economico fino a toccare un culmine e poi iniziare a diminuire in favore del settore terziario tipico delle moderne società post-industriali.
La classe media impiegatizia è la classe che più di tutte ha percorso uno sviluppo rapido e continuo fino ad oggi. I processi di proletarizzazione rappresentano un altro mutamento significativo della stratificazione sociale, a questi processi si sono tuttavia contrapposti nella storia anche processi inversi di de-proletarizzazione. Anche oggi questi ultimi processi si ripropongono, specialmente nei paesi con alti tassi di disoccupazione.
Nel XXI secolo con la globalizzazione e la tecnologia informatica e delle TCL e con la trasformazione del capitalismo da produzione di beni e servizi in capitalismo del liberismo finanziario. Quindi, da un sistema di mercato paritario tra offerta e domanda si è modificato in un sistema diseguale con la categoria della competizione tra chi vince e chi perde. Il mercato tra pari di offerta e domanda si è trasformata in competizione speculativa.