di Rosanna La Malfa
La politica. Cos’è per te?
Per me la politica rappresenta lo strumento attraverso il quale si organizza la vita comune fondandola sui principi della libertà, della democrazia, ma soprattutto del buonsenso. Mi rendo conto che oggi siamo molto lontani da questo modello, ma credo che sia necessario fare in modo che tutti vi si avvicinino rapidamente. Se non dovesse accadere, il rischio sarebbe quello di perdere la libertà o la democrazia o entrambe le cose. Il buonsenso lo abbiamo già perso nel momento in cui pensiamo che la scienza si confuti per alzata di mano.
Tu sei stato garante dei diritti dei detenuti. In cosa consiste questo ruolo?
Il ruolo di garante dei diritti dei detenuti e per il loro reinserimento sociale in Sicilia è delineato dalla sua legge istitutiva, la n. 19 del 2005, art. 33.
Il testo, in rapida sintesi, prevede che al recluso ed ai suoi familiari venga assicurato l’esercizio dei diritti fondamentali previsti dalla nostra legislazione, agendo nei confronti delle autorità penitenziarie, giudiziarie e, più in generale, delle istituzioni preposte: le autorità sanitarie, le istituzioni civili ecc.
Al Garante spetta di accertare che questo avvenga regolarmente e di intervenire affinché le previsioni normative e regolamentari che disciplinano diritti e doveri di chi è privato della libertà vengano sempre rispettate.
Quanto la dignità nelle carceri è importante per definire la civiltà di un paese?
Direi che è fondamentale. L’organizzazione di uno Stato democratico si distingue da quella di uno Stato autoritario o da una organizzazione criminale proprio nel momento in cui rispetta le leggi che lui stesso si è dato e lo fa anche quando tali leggi lo dovessero condannare.
Uno Stato che non rispetta la dignità dei sui cittadini, soprattutto di quelli che hanno sbagliato, si comporta come i criminali e pertanto non suscita rispetto.
La vita penitenziaria rappresenta la cartina al tornasole per accertare che ciò avvenga, esattamente com’è nelle previsioni costituzionali.
Tu scrivi. Come è nata questa passione?
È vero, scrivo da sempre ma non è il mio unico impegno. Mi dedico al rispetto dei diritti umani sin dagli anni ‘80, sono stato dirigente della Lega dei Diritti dell’Uomo e di altri organismi umanitari di estrazione parlamentare. Concentrarmi sui diritti dei reclusi è stata una conseguenza logica ma anche molto appassionante.
Come vedi oggi la situazione italiana? Vuole mandare un messaggio positivo ai nostri lettori?
La situazione italiana è difficile. Credo che l’entusiasmo legato al cambiamento delle scorse elezioni stia progressivamente scemando e si stia trasformando nell’ennesima delusione.
Tuttavia, non bisogna farsi travolgere dallo sconforto. Credo che si possa ancora sperare ma ripartendo da alcuni principi: partecipazione, responsabilità, solidarietà, merito.
Intendo dire che bisogna avere chiaro che la politica non arriva da un altro pianeta ma dipende da noi.
Che dobbiamo assumerci la responsabilità non solo dei successi, ma anche degli errori che compiamo, evitando di cercare altrove colpe che sono solo nostre.
Che eguaglianza non vuol dire uniformità e che per raggiungerla bisogna aiutare i più deboli, senza impedire agli altri di crescere.
Per resistere e andare avanti non bisogna abbassare la qualità dei migliori, macerandoci nell’invidia, bisogna elevare quella di chi si trova in una condizione di svantaggio, operando con solidarietà.