Dino Giarrusso, professionista multitasking: giornalista, regista, attore, autore televisivo

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di Rosanna La Malfa


 

Sei stato inviato de Le Iene. Qual è stato il servizio (o più di uno) di denuncia che ti ha maggiormente lasciato il segno ?

Ce ne sono tanti… l’intervista a Benigni sulla costituzione, l’inchiesta sulle bombe italiane che uccidono bambini e civili in Yemen,  quella sulle molestie nel cinema italiano, quella  sulle scommesse illegali, quella -molto dolorosa- sulla setta che a Catania ha plagiato decine di famiglie… sono contento del lavoro fatto finora, e sono tante le esperienze che mi hanno segnato, ma anche dato soddisfazioni.


Ettore Scola, Marco Risi e Ricky Tognazzi. Registi diversi. Cosa hai imparato da ognuno di loro? 

Ho imparato moltissimo da tutti e tre, e da altri registi coi quali ho lavorato. Scola era il più arguto, quello con più esperienza e maggiore robustezza registica, capace di guizzi inattesi come una antica Rolls Royce ancora sorprendente. Marco Risi molto preparato, scrupolosissimo, mi ha insegnato ad arrivare sul set con le idee chiare. Ricky è un grande amico, è quello a cui sono più grato per tutte le occasioni che mi ha dato di lavorare con lui. Certamente la sua prima qualità è l’energia, la forza con la quale lui e la moglie Simona Izzo affrontano qualunque sfida.


TV o Cinema?

Entrambi!!

Il cinema è una fatica a medio-lungo termine: lavori per anni prima di arrivare al risultato. La TV, per citare Woody Allen, è come uno squalo che deve sempre mangiare per andare avanti, per esistere. Un grande, continuo stress, che però ti regala attenzione e notorietà. L’importante è farla bene, ecco.


Feisbum, un film come regista. Quanto c’è di reale nel virtuale? 

Ormai tantissimo. Il film lo abbiamo girato nel 2009, oggi Facebook occupa -ci piaccia o meno- diverse ore della vita di tutti noi: quindi è reale, concreto, è vita.


Quarantatre anni e sei giá membro a vita della giuria dei David di Donatello e dell’Accademia del Cinema Italiano. Quanta gavetta?

Sono stato nominato nel 2008, di anni ne avevo 33! Ho fatto molta gavetta e ne sono orgoglioso. Credo che quelli che emergono senza gavetta sono di tre categorie: i fenomeni, i raccomandati e quelli con una fortuna sfacciata. Non appartenengo a nessuna delle categorie, e mi sta bene così.


La tua tesi di laurea a Siena sulla personalizzazione nella politica italiana. Ce ne parli?

È stato un lavoro importante, allora, sperimentale. 400 pagine scritte oltre vent’anni fa, e drammaticamente ancora attuali. Questo mi fa un po’ paura…


Affronti con forza la tua professione e la tua vita.  Vuoi lasciare un messaggio a chi vuole svolgere la tua professione nel mondo dello spettacolo e dell’informazione? 

L’unico messaggio sensato è credere in se stessi e non arrendersi nemmeno di fronte a cento cadute. Bisogna prendere tanti calci, per imparare a fare gol. Lamentandosi, invece, si va poco lontano. È un mondo difficile, quello in cui ho lavorato, ma difficile non significa impossibile, è bene che qualunque ragazzo lo sappia.