Torna sugli schermi il re del terrore. Uno spettacolo gradevole, a patto che ci si lasci trasportare nel mondo irreale dei fumetti, dove anche il crimine può assumere una dimensione epica in un mondo dominato dalla corruzione e dai ricatti
di Franco La Magna
Il fascino discreto dell’inverosimile, privilegiato appannaggio del mondo dei fumetti. Parafrasando il titolo d’un celeberrimo film di Bunuel, così un rinnovato Diabolik (2021) per la regia dei Manetti Bros si ripresenta sul grande schermo all’ancora palpitante e viva platea degli aficionados, in attesa di (ri)vederlo, per i più vecchi, finalmente in carne e ossa, dopo l’omonimo film del lontano 1968, firmato da Mario Bava, che un critico di merito come Tullio Kezik definì “uno dei più stupidi film degli anni sessanta”.
Eroe d’imprese mirabolanti – nato dalla penna delle due sorelle Angela e Luciana Giussani – ladro e spietato assassino dalle sfide impossibili, capace tuttavia (come ogni uomo comune) di subire anch’egli fatale coup de foudre dall’irresistibile Eva Kant, biondissima e ricchissima snob dall’ambiguo passato alla ricerca d’una vita al fulmicotone, già criminale in pectore al pari dell’uomo in tuta nera, del quale diviene indispensabile compagna – alla fine, come è d’uopo, Diabolik, catturato e condannato a morte, riuscirà a sfuggire alla ghigliottina proprio con l’aiuto di Eva e dei suoi miracolosi travestimenti.
Nella consapevolezza che qui non siamo nella Hollywood degli stratosferici investimenti, la scelta non a caso è caduta su un racconto più “cerebrale” e antispettacolare (se si eccettua l’inseguimento iniziale tra le macchine della polizia, a bordo l’immancabile ispettore Ginko e la mitica Jaguar nera del genio del crimine e re del terrore), il fumetto n.3, “L’arresto di Diabolik”, pubblicato nel 1963, con l’immancabile locuzione “liberamente ispirato” (agli esegeti la ricerca delle analogie o, di contro, delle dissomiglianze).
La regia fluida dei Manetti Bros e l’impeccabile interpretazione del terzetto di punta – il glaciale Luca Marinelli (Diabolik), la seducente Eva Kant (Miriam Leone), l’irriducibile e disincantato ispettore Ginko (Valerio Mastrandrea), fanno di questo ritrovato “Re del terrore”, mini blockbuster nazionale, uno spettacolo gradevole a patto che ci si lasci trasportare nel mondo irreale dei fumetti, dove anche il crimine può assumere una dimensione epica in un mondo dominato dalla corruzione e dai ricatti.