Di Pasquale Pellegrini
Con la povertà non si può scherzare. Perché – come testimoniato dagli ultimi dati della Caritas ma pure dai report di Bankitalia e Svimez – non è una dimensione sociologica da studiare, ma la condizione di migliaia di bambini, donne, anziani. È nei loro volti che la povertà acquista il significato più drammatico, è nella loro ordinaria esperienza che va vista ed è nella vicinanza umana che può essere trovata una via di uscita. Non c’è altro modo per dare alla povertà una possibile soluzione. L’insistenza sulla vicinanza non è una forma di buonismo che, visto il periodo natalizio, può mettere a posto coscienze distratte, ma la necessaria partecipazione ai drammi degli altri, assumendone solidalmente il peso sociale. La povertà, insomma, non è un problema del povero, ma di tutti, della società nel suo complesso, in particolare della politica che è chiamata a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale.
In un contesto di abbondanza e di sprechi, come più volte è stato notato, la povertà non dovrebbe neppure esistere. Se c’è, il problema è molto più grande di quello che si possa immaginare. Esso è, difatti, il risultato di dinamiche economiche che si rivelano sempre più inique e di distribuzione diseguale e scarsa della ricchezza prodotta. Insomma, ha a che fare anche con quel salario minimo, accantonato dal Parlamento, e con il ruolo regolatore dello Stato. Ma c’è pure l’indifferenza della politica. Di povertà si parla molto, ma per risolverla si fa poco.
Quattrocentomila persone in condizione di povertà assoluta in Puglia non sono la spia di un disagio transitorio o di pura contingenza, ma la debacle di una politica territoriale che per anni ha guardato altrove, che non si è mai focalizzata seriamente sui problemi veri della società, che ha indirizzato fondi in direzioni che non hanno prodotto risultati per i poveri. Se poi si guarda a quel 13,4 per cento di minori interessati, allora la questione povertà diventa tutt’altra ed ha una maggiore gravità. Per molti significa impossibilità di accesso all’educazione, alla cultura, allo sport, alle cure, ai servizi, a tutto ciò che permette alla persona di realizzare i propri sogni, i propri desideri e le proprie inclinazioni. Perché la povertà, diceva don Milani, non si misura a pane, a casa, a caldo, ma sul grado di cultura e di funzione sociale. È, insomma, un’ipoteca sul futuro di una generazione, tanto in Puglia quanto in Italia.
Nella formazione delle liste per le prossime elezioni europee sarebbe utile individuare candidati che abbiano sensibilità verso i temi della povertà, aiuterebbe ad avvicinare l’Europa a questi problemi e, forse, a risolverli.
Fonte: Corriere Mezzogiorno