Dall’università chiusa all’università aperta.


Di Antonino Gulisano

Dalla Sicilia arriva uno stop al numero chiuso nelle Università. La proposta è di quelle dirompenti, comporta, infatti, l’abolizione del concetto stesso di “numero
chiuso” nell’accesso a tutte le facoltà universitarie.
La Commissione cultura dell’ARS (Assemblea regionale siciliana) ha approvato un apposito disegno di legge, ma il percorso perché la proposta giunga all’approvazione definitiva sarà ancora lungo, perché deve passare da un sì dell’Ars prima e, poi, dal via libera del Parlamento nazionale.
Si tratta di un iter particolarmente tortuoso, l’università rientra infatti fra le competenze dello Stato, ma l’ARS ha la facoltà di chiedere al Parlamento di legiferare su argomenti che riguardano la Sicilia. La legge, dunque, dovrebbe essere approvata da Sala d’Erco, sede delle riunioni dell’Assemblea siciliana, e poi essere trasmessa alle Camere. Con l’obiettivo di cancellare tutte le limitazioni nell’accesso alle facoltà, incluse ad esempio quelle per Architettura, Medicina e Ingegneria.
Una volta archiviato favorevolmente il passaggio in aula, dal Parlamento siciliano arriverà un segnale inequivocabile, che avrà soprattutto tre obiettivi: qualificare la forza lavoro, garantire nuove opportunità per i giovani e rispondere alle esigenze, ormai inequivocabili, del sistema sanitario.
E’ bene fare una osservazione su quanto è costato al Paese e alle nuove generazioni questo “vangelo del numero chiuso” per l’accesso all’Università, specie in questo momento di emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid 19.
Le diseguaglianze nell’accesso all’istruzione sono particolarmente pesanti, si tratta di disuguaglianze presenti anche in Europa. Si riscontra in ogni paese un forte divario tra i discorsi ufficiali sulle pari opportunità e gli ideali di tipo “meritocratico e le disuguaglianze reali che gravano nei vari gruppi sociali rispetto all’accesso all’istruzione.
L’ingresso all’istruzione universitaria di massa mette in gioco una sfida politica e ideologica di natura nuova. Per consentire un incremento dell’investimento per l’istruzione bisogna pensare e prevedere un aumento del gettito fiscale per redistribuirlo in modo equo tra i diversi livelli di reddito e di patrimonio.
La “trappola della disuguaglianza” scatta quando il liberismo della finanza controlla a proprio vantaggio il potere e le finanze pubbliche tramite l’accumulazione di debiti a carico dello Stato, bloccando la possibilità di sviluppo della società nel suo insieme.