di Antonino Gulisano
L’attuale stagione politica è incarnata dal governo Draghi, voluto dal Mattarella. E nelle mani di questo governo sono la coesione sociale e la ripresa economica dell’Italia. Può piacere o meno, ma questa è la realtà. Mi vien da sorridere quando sento questo o quell’esponente politico dire “questo è il nostro Governo”.
Gli ex anti-europeisti e populisti guardano al Partito popolare europeo, essi puntano al ritorno alla tradizione della destra moderata. Ma molti segnali fanno capire che Salvini, Letta, Meloni, Conte si preparano al “dopo”.
Sotto l’ombrello di Mario Draghi sta nascendo un mondo politico nuovo? La stagione delle illusioni, inaugurata dai risultati del voto politico del 2018 è finita in archivio grazie al bagno di realtà a cui la pandemia ha costretto tutti? Sono passati tre anni, sembra una vita fa. A caratterizzare leader e partiti in questa stagione è stata spesso l’imprevedibilità e l’improvvisazione.
Draghi guida un governo di emergenza con due compiti fondamentali: mettere in sicurezza la salute degli italiani e condurre in porto i progetti del Recovery Plan. Lo sta facendo con una certa determinazione, tenendo a bada le intemperanze e gli interessi diversi della sua maggioranza. E con doti di mediazione politica che non erano scontate.
Tutto lascia pensare che dopo Draghi si aprirà la stagione della destra. Passo dopo passo i protagonisti della “strana coalizione” che regge il governo stanno cambiando, forse hanno capito che questa è una straordinaria occasione per prepararsi alla sfida che arriverà, al più tardi, nel 2023.
Matteo Salvini è il caso più eclatante e che suscita più dubbi. L’uomo è troppo imprevedibile e altalenante perché si possa dire una parola definitiva. Il sospetto che la proposta di unione con Forza Italia sia solo una mossa tattica per staccare nei voti Giorgia Meloni (che lo ha raggiunto) è molto forte.
Più tumultuosa e meno decifrabile è l’altra parte della strana maggioranza. Il Movimento Cinque Stelle ha vissuto per quasi un anno e mezzo senza leader, ha perso un terzo dei parlamentari, è preso in un vortice di discussioni su regole, piattaforme, garanti, pagamenti. Giuseppe Conte, orfano della doppia esperienza a Palazzo Chigi, è il leader che soffre di più nella coalizione di Draghi. Sa bene che ha il compito di ridare un’identità a un movimento sbandato. E non potrà farlo navigando tra il richiamo ai miti originari e la necessità di parlare agli elettori moderati e di costruire un’intesa con il centro sinistra. In Enrico Letta ha un competitore che sta cercando di ridare senso e ruolo a un Partito democratico che vuole ritrovare le sue radici di sinistra, qualsiasi cosa questo voglia dire. E i mesi per capirlo sono pochi.