Dal quotidiano spagnolo “EL PAIS”: La Ger­ma­nia spro­fonda nel disin­canto


L’ascesa degli ultras e la crisi social­de­mo­cra­tica si aggiun­gono alla fine di un modello basato sull’ener­gia russa a basso costo. Di fronte alla fidu­cia dell’era Mer­kel, l’incer­tezza atta­na­glia il motore eco­no­mico dell’UE

LUIS DONCEL · 14 Apr 2024

La Ger­ma­nia vive un periodo tur­bo­lento. La coin­ci­denza di diverse crisi sta costrin­gendo la loco­mo­tiva euro­pea a met­tere in discus­sione alcune delle sue cer­tezze e ha get­tato i cit­ta­dini nel disin­canto. Con una cre­scita eco­no­mica sten­tata e pro­blemi demo­gra­fici e la man­canza di mano­do­pera, ha visto allo stesso tempo due pila­stri della sua poli­tica estera incri­nati dalle guerre in Ucraina e Gaza: buone rela­zioni com­mer­ciali con la Rus­sia e ami­ci­zia senza solu­zione di con­ti­nuità con Israele. A que­sto si aggiunge un’inar­re­sta­bile ascesa dell’ultra­de­stra in un momento in cui è gui­data da un governo di coa­li­zione gra­ve­mente com­pro­messo.
Nicole Hac­kert e Chri­stian Ber­kel, amici da 15 anni, si incon­trano al Paris Bar, un risto­rante nell’ele­gante quar­tiere ber­li­nese di Char­lot­ten­burg. Lei, impor­tante gal­le­ri­sta della capi­tale tede­sca, passa in ras­se­gna le misure del governo che hanno messo in dif­fi­coltà il mer­cato dell’arte. Lui, un attore in film ecce­zio­nali come The Sin­king, descrive le dif­fi­coltà che il cinema e il tea­tro stanno attra­ver­sando. I due par­lano dei pro­blemi dei loro set­tori, ma si rifiu­tano di sem­brare il tipo di per­sone che ane­lano sem­pre al pas­sato. “Almeno que­sti tempi di crisi ser­vi­ranno a sti­mo­lare la crea­ti­vità”, si con­sola Ber­kel.
Non c’è otti­mi­smo per le strade di Ber­lino in que­sti giorni. I son­daggi mostrano che i tede­schi affron­tano il futuro con paura. Mai così tante per­sone hanno pre­vi­sto che il pros­simo anno sarà peg­gio di que­sto, secondo uno stu­dio che la società Forsa sta por­tando avanti dal 2006. E mai la fidu­cia nelle isti­tu­zioni-sia nel governo che nell’oppo­si­zione — è stata così bassa. Il disin­canto ha atta­na­gliato la Ger­ma­nia, tanto che sem­bra aver biso­gno di sdra­iarsi sul divano dello psi­coa­na­li­sta.
“Il paese sta attra­ver­sando una depres­sione men­tale, sì. Lo vediamo in ogni indi­ca­tore pub­bli­cato. La sfi­du­cia verso il futuro a volte va ben oltre la ragione” cer­ti­fica Mar­cel Fratz­scher, pre­si­dente dell’Isti­tuto tede­sco per la ricerca eco­no­mica (DIW), che usa l’iro­nia per rela­ti­viz­zare gli alti e bassi che il suo paese sta attra­ver­sando. “Noi tede­schi ci muo­viamo tra gli estremi. Ci sono periodi in cui pec­chiamo di arro­ganza, cre­dendo di fare le cose meglio di chiun­que altro, ma poi il pen­dolo oscilla e vediamo tutto nero. La realtà deve essere da qual­che parte nel mezzo ” con­clude con un sor­riso.
Non è la prima volta che la Ger­ma­nia attra­versa un periodo tur­bo­lento. Ogni tanto, una crisi costringe que­sto paese a met­tere in discus­sione alcune delle sue cer­tezze. È suc­cesso all’ini­zio del secolo, negli ultimi anni del man­dato del social­de­mo­cra­tico Gerhard Schröder, quando alti numeri di disoc­cu­pa­zione e pro­te­ste hanno riem­pito le edi­cole con­clu­dendo che il motore eco­no­mico dell’Europa aveva preso piede. Poi, durante l’era-che a volte sem­brava infi­nita-della demo­cri­stiana Angela Mer­kel, il paese ha affron­tato innu­me­re­voli crisi: quella dell’euro, che stava per finire la moneta unica, quella dei rifu­giati, che nel 2015 ha get­tato il paese in un trauma col­let­tivo, quella della pan­de­mia nel 2020…
Ma durante i 16 anni della can­cel­liera Mer­kel, il paese si è adat­tato da una posi­zione di potere a cia­scuno di quei colpi che veni­vano dall’estero. Poi, lo stu­dente avvan­tag­giato della classe — quello che si van­tava di fronte alla Gre­cia e alla Spa­gna di buoni conti pub­blici o quello che mostrava la sua volontà di inte­grare coloro che fug­gi­vano dalle guerre-poteva dare lezioni. Tutto ciò è cam­biato.
“La grande dif­fe­renza è che ora non stiamo affron­tando una sola crisi, ma diverse con­tem­po­ra­nea­mente”, rias­sume Nor­bert Röttgen, depu­tato del prin­ci­pale par­tito di oppo­si­zione, l’Unione cri­stiano demo­cra­tica (CDU). La Ger­ma­nia ha davanti a sé un’idra di pro­blemi che si river­be­rano e si ampli­fi­cano a vicenda.
Il primo è quello eco­no­mico. Ber­lino non tira più gli altri part­ner,ma li tra­scina. Le cin­que prin­ci­pali case di ana­lisi hanno appena pre­vi­sto una cre­scita
“Siamo di fronte a diversi pro­blemi in una sola volta “” avverte un depu­tato CDU
In eco­no­mia, il paese non tira più il resto dei part­ner dell’UE, ma li tra­scina
una base tra­bal­lante dello 0,1% del PIL per quest’anno, la più bassa dell’UE, la cui eco­no­mia avan­zerà di poco meno dell ‘ 1%. A medio e lungo ter­mine, la demo­gra­fia e la man­canza di lavoro sono di par­ti­co­lare pre­oc­cu­pa­zione. Inol­tre, le lamen­tele sulla man­canza di inve­sti­menti in infra­strut­ture, sanità o digi­ta­liz­za­zione si stanno mol­ti­pli­cando. È come se, improv­vi­sa­mente, la man­canza di riforme degli ultimi 20 anni fosse esplosa di fronte a un paese osses­sio­nato dal rigore fiscale, in cui il debito è visto come il più grande dei pec­cati.
“La nostra poli­tica eco­no­mica potrebbe essere descritta come il dispe­rato ten­ta­tivo di man­te­nere lo sta­tus quo degli anni pre­ce­denti la pan­de­mia, quando tutto sem­bra andare bene. Il pro­blema con que­sta men­ta­lità è che il mondo sta cam­biando molto più velo­ce­mente ora. La Ger­ma­nia deve capire che deve adat­tarsi alla nuova era ora”, aggiunge Fratz­scher.
La seconda nuvola viene dall’esterno, ma col­pi­sce alcuni dei pila­stri su cui que­sto paese è stato costruito dalla seconda guerra mon­diale. I con­flitti in Ucraina e Gaza impat­tano, cia­scuno a suo modo, su due prin­cipi che la Ger­ma­nia rite­neva immu­ta­bili: buone rela­zioni com­mer­ciali con la Rus­sia – che ha per­messo il flusso di gas e petro­lio a basso costo – e ami­ci­zia senza solu­zione di con­ti­nuità con Israele. A que­ste due colonne zop­pi­canti si uni­scono i dubbi sul fatto che gli Stati Uniti man­ter­ranno il loro ruolo di prin­ci­pale for­ni­tore di sicu­rezza glo­bale — spe­cial­mente se Donald Trump vin­cerà le ele­zioni di novem­bre — e quelli della Cina come mas­sic­cio acqui­rente della potenza espor­ta­trice che è la Ger­ma­nia.
Il terzo pro­blema è forse il più dif­fi­cile da risol­vere. Per­ché in que­sto con­te­sto di insi­cu­rezza e paura del futuro, appare una crisi poli­tica dalle con­se­guenze impre­ve­di­bili: l’ascesa di Alter­na­tive for Ger­many (AfD) non può più essere igno­rata. Se i son­daggi non lo sono
si sba­gliano, que­sto par­tito di estrema destra ha la capa­cità di sfrut­tare l’attuale sistema di for­ma­zione del governo. E que­sto potrebbe acca­dere già a set­tem­bre pros­simo, quando vote­ranno gli stati orien­tali di Sas­so­nia, Turin­gia e Bran­de­burgo.
Nei tre länder, l’AfD appare nei son­daggi come la forza prin­ci­pale, con un voto sti­mato intorno al 30%. Se con­fer­mato, sarebbe un ter­re­moto poli­tico in un paese abi­tuato alle coa­li­zioni tra par­titi cen­tri­sti. E la car­tina di tor­na­sole per vedere se il cor­done sani­ta­rio che tiene gli ultras lon­tani da ogni ten­ta­tivo di nor­ma­liz­za­zione soprav­vive.
Il peso dell’estrema destra
AfD ha dimo­strato di essere una for­ma­zione volu­bile che è riu­scita ad emer­gere più forte da cia­scuna delle crisi che ha attra­ver­sato. E lo ha sem­pre fatto girando ancora di più a destra. Il par­tito è stato fon­dato nel 2013 da un gruppo di Euro­pho­bes con­ser­va­tori come rispo­sta alla crisi dell’euro. Nel 2015, l’arrivo di oltre un milione di rifu­giati gli ha dato nuova forza. E ora sta vivendo un secondo rina­sci­mento gra­zie a una miscela di fat­tori che vanno dalle misure adot­tate durante la pan­de­mia al rifiuto della migra­zione, com­prese le cri­ti­che al soste­gno all’Ucraina, una que­stione par­ti­co­lar­mente deli­cata nella Ger­ma­nia orien­tale.
Ma, soprat­tutto, vive di un sen­ti­mento di fru­stra­zione verso le élite che sono accu­sate di non ascol­tare le pre­oc­cu­pa­zioni delle per­sone nor­mali. Ora, molti tede­schi hanno la sen­sa­zione che ci sia un par­tito con cui pos­sono espri­mere la loro rab­bia. Anzi, due. Per­ché l’ex mem­bro di Die Linke Sahra Wagen­k­ne­cht ha creato la sua for­ma­zione popu­li­sta di sini­stra che ruba voti sia ai suoi ex com­pa­gni post-comu­ni­sti che all’estrema destra.
L’AfD respinge con forza le eti­chette di raz­zi­sti e xeno­fobi, cri­ti­che che, secondo il par­tito, sono un ten­ta­tivo di dif­fa­marli. “Siamo molto più di un par­tito di pro­te­sta, anche se ovvia­mente eser­ci­tiamo la pro­te­sta. Siamo un nuovo par­tito di massa”” Felix Men­zel, por­ta­voce del par­tito nel par­la­mento della Sas­so­nia, risponde dal suo uffi­cio a Dre­sda. Ma que­sto ten­ta­tivo di nor­ma­liz­za­zione si scon­tra con l’opi­nione dei ser­vizi segreti, che hanno bol­lato diverse fede­ra­zioni regio­nali del par­tito come estre­mi­sti, così come 10.000 dei suoi 28.500 affi­liati.
L’enne­simo scan­dalo è stato messo in scena da alcuni alti fun­zio­nari del par­tito che hanno par­te­ci­pato a un incon­tro segreto con altri estre­mi­sti lo scorso novem­bre in cui è stato discusso un piano di depor­ta­zioni di massa che avrebbe col­pito anche i cit­ta­dini con pas­sa­porto tede­sco, anche se di ori­gine stra­niera, come rive­lato dal por­tale di ricerca Cor­rec­tiv. Lo shock cau­sato da un’idea così folle che è stata presa in con­si­de­ra­zione ha por­tato più di un milione di cit­ta­dini a pro­te­stare in tutto il paese. “È stato posi­tivo che così tante per­sone abbiano detto:’ Que­sto è quanto siamo arri­vati lon­tano.”Nella mia città, con 100.000 abi­tanti, 5.000 sono scesi in strada. La più grande con­cen­tra­zione che ricordo”, dice Axel Eche­ver­ria, un depu­tato social­de­mo­cra­tico, con un dop­pio pas­sa­porto spa­gnolo-tede­sco.
Que­sto ter­reno fer­tile accade anche con un governo for­mato da tre par­titi con scarse pro­spet­tive elet­to­rali e che ogni giorno sono pro­ta­go­ni­sti di scon­tri su temi chiave. L’ultimo disac­cordo è sulla poli­tica di bilan­cio, con un mini­stro delle finanze, il libe­rale Chri­stian Lind­ner, deciso a rego­lare i conti pub­blici e i suoi part­ner, i social­de­mo­cra­tici e i verdi, che insi­stono sul fatto che l’aumento del bilan­cio della difesa, for­zato dall’aggres­sione russa in Ucraina, non può essere dan­noso per la poli­tica sociale. Una que­stione impor­tante soprat­tutto se non si vuole dare ancora più muni­zioni ai popu­li­sti.
“Il tri­par­tito è nato con un piano per moder­niz­zare il paese. Ma la base per que­sto pro­getto non esi­ste più: è scom­parso per­ché non c’è più gas russo a buon mer­cato ea causa del ral­len­ta­mento dell’eco­no­mia. Ancora peg­gio: i pro­blemi finan­ziari di cui stiamo sof­frendo diven­te­ranno sem­pre più acuti”, rias­sume il sin­da­ca­li­sta e mem­bro del Par­tito social­de­mo­cra­tico (SPD) Thor­ben Albre­cht. “È vero che que­sto governo ha affron­tato la situa­zione più com­pli­cata dalla riu­ni­fi­ca­zione nel 1990, con una guerra in Europa e una crisi ener­ge­tica, ma ha com­messo errori molto gravi, come la bol­letta del riscal­da­mento, con cui ha dato l’impres­sione che tutti i cit­ta­dini avreb­bero dovuto intra­pren­dere lavori costosi in patria per com­bat­tere il cam­bia­mento cli­ma­tico”, afferma Nico­las Rich­ter, capo­re­dat­tore della Süddeutsche Zei­tung.
La crisi è eco­no­mica e poli­tica, ma anche di valori. “C’è un senso di over­flow, di troppe cose che acca­dono allo stesso tempo”, aggiunge Rich­ter. “Vediamo un cam­bia­mento strut­tu­rale. La mag­gio­ranza ha smesso di fidarsi della capa­cità dei poli­tici di risol­vere i pro­blemi, al con­tra­rio: cre­dono di gene­rarli. Que­sto è qual­cosa che non è acca­duto, ad esem­pio, con la pan­de­mia”, afferma Peter Matu­schek, diret­tore del Forsa pol­ling insti­tute.
Nel 2020, l’inva­sione dell’Ucraina da parte di Vla­di­mir Putin ha già costretto la Ger­ma­nia a rive­dere la sua ami­ci­zia con la Rus­sia – incluso il con­tro­verso gasdotto Nord Stream – e ad annun­ciare misure pre­ce­den­te­mente impen­sa­bili, come l’aumento del bilan­cio della difesa, un passo sto­rico.
Inol­tre, molte voci accu­sano il can­cel­liere, il social­de­mo­cra­tico Olaf Scholz, di tra­sci­nare i piedi e annun­ciare nuove misure di soste­gno per l’Ucraina solo quando non c’è altra scelta. Alla fine di marzo, cin­que sto­rici vicini all’SPD hanno con­dan­nato la poli­tica “arbi­tra­ria, irre­go­lare ed essen­zial­mente errata” del can­cel­liere in una pre­sunta poli­tica di appea­se­ment nei con­fronti della Rus­sia. Jan Beh­rends è uno dei fir­ma­tari di quella let­tera. Rim­pro­vera a Scholz di aver seguito l’esem­pio della Mer­kel di non pren­dere deci­sioni impor­tanti e di limi­tarsi a gestire le lotte interne alla coa­li­zione.
“Scholz ha fatto un grande discorso quando è ini­ziata la guerra. Ma poi non è riu­scito a spie­gare per­ché l’Ucraina è così impor­tante per noi e per­ché la sua difesa può essere molto costosa. Vuole tra­smet­tere l’idea che tutto tor­nerà alla nor­ma­lità. E, come sto­rico, so che le guerre gene­rano dina­mi­che di cam­bia­mento molto pro­fonde”, spiega, seduto su una pan­china di fronte al museo della Neue Natio­nal­ga­le­rie. Il discorso mode­rato di Scholz con­tra­sta con il tono sem­pre più aggres­sivo del pre­si­dente fran­cese Emma­nuel Macron.
Di fronte a que­ste cri­ti­che, molti ana­li­sti ricor­dano che, nono­stante le parole, la Ger­ma­nia è il più grande dona­tore di aiuti mili­tari a Kiev dopo gli Stati Uniti, molto più avanti della Fran­cia.
In tutto lo spet­tro poli­tico ci sono set­tori che insi­stono nel non rom­pere tutti i ponti con la Rus­sia. Que­sto è un discorso che infiamma il demo­cri­stiano Röttgen: “La guerra è tor­nata in Europa. Se non vin­ciamo, noi euro­pei ci tro­ve­remo in una situa­zione molto peri­co­losa, molto sco­moda e molto costosa. Eppure, Scholz non vuole dare all’Ucraina le armi più effi­caci, per­ché con­ti­nua a cre­dere nella fan­ta­sia che un giorno dovremo nego­ziare con la Rus­sia. Com­mette l’errore di espan­dere la nar­ra­zione della paura, che è esat­ta­mente ciò che Putin sta cer­cando.”
Come se tutto que­sto non bastasse, la guerra di Gaza mette la Ger­ma­nia in una situa­zione sem­pre più sco­moda. Il paese respon­sa­bile dell’Olo­cau­sto con­si­dera l’esi­stenza di Israele parte della sua “ragione di stato”. Ma il soste­gno ini­zial­mente incon­di­zio­nato al governo di Ben­ja­min Neta­nyahu sta rice­vendo cri­ti­che sem­pre più dure men­tre aumen­tano le morti di bam­bini e donne a Gaza e la popo­la­zione a rischio di care­stia.
Sia il can­cel­liere Scholz che il mini­stro degli Esteri dei verdi Anna­lena Baer­bock hanno raf­for­zato il loro discorso, ma senza che que­ste parole abbiano alcun effetto reale, poi­ché l’imma­gine estera della Ger­ma­nia si assot­ti­glia.
Il discorso mode­rato di Scholz su Mosca con­tra­sta con quello di Macron
La guerra di Gaza ha messo Ber­lino in una posi­zione sco­moda

Fonte: EL PAIS