Dal quotidiano Svizzero “Le Temps”: Libertà di espres­sione, ana­to­mia di una stru­men­ta­liz­za­zione


E’ la sto­ria di un diritto fon­da­men­tale, una “icona cul­tu­rale” negli Stati Uniti, oggetto di fan­ta­sie distinte su entrambe le sponde dell’Atlan­tico. Valore cen­trale dell’iden­tità degli Stati Uniti, san­cito dal primo emen­da­mento della Costi­tu­zione, que­sto diritto fon­da­men­tale e asso­luto, in linea di prin­ci­pio, si basava su radici com­ple­ta­mente diverse all’interno del Vec­chio Con­ti­nente. Da diversi anni, la libertà di espres­sione ha così cri­stal­liz­zato le ten­sioni. Dibat­titi accesi intorno alla vignetta della stampa, il desi­de­rio di pre­ve­nire gli eccessi di certi discorsi pub­blici: i disac­cordi si oppon­gono anche a coloro che cre­dono di non poter più espri­mersi libe­ra­mente ai difen­sori della rego­la­men­ta­zione nell’era dell’inci­ta­mento all’odio e della disin­for­ma­zione. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca è ser­vito da cata­liz­za­tore per que­sti vari pro­blemi. “Dopo anni […] degli sforzi fede­rali ille­gali e inco­sti­tu­zio­nali per limi­tare la libertà di espres­sione, fir­merò un ordine ese­cu­tivo per porre imme­dia­ta­mente fine a tutta la cen­sura gover­na­tiva e ripri­sti­nare la libertà di espres­sione in Ame­rica”, ha detto al suo inse­dia­mento il 20 gen­naio.
Sospen­sione dei pro­grammi a favore della diver­sità all’interno dell’ammi­ni­stra­zione fede­rale, fine dei finan­zia­menti per le scuole pub­bli­che che inse­gnano la teo­ria cri­tica della razza, decreto che taglia gli aiuti pub­blici per i trat­ta­menti di tran­si­zione di genere per i minori: il pre­si­dente ha anche inne­scato tutta una serie di misure rivolte alle mino­ranze, prima di indul­gere in una purga di ter­mini con­si­de­rati ina­de­guati dall’ammi­ni­stra­zione fede­rale. “Donna”, “raz­zi­smo” o “diver­sità”; “trans”, “genere”, “trauma”, o anche “covid” è apparso in una lista di cen­ti­naia di parole da vie­tare dai siti della pub­blica ammi­ni­stra­zione, e la ricerca scien­ti­fica sog­getti a sov­ven­zioni. Tante le deci­sioni denun­ciate, dai set­tori e dalle cate­go­rie mirate della popo­la­zione, e che accu­sano il pre­si­dente di pro­durre l’effetto oppo­sto di pro­teg­gere la libertà di espres­sione. In che modo que­sto diritto fon­da­men­tale è diven­tato uno stru­mento di con­fronto ideo­lo­gico? Dove fini­sce la libertà di espres­sione, dove ini­zia la cen­sura?
Un’icona ame­ri­cana
“Il Con­gresso non farà alcuna legge che influenzi l’isti­tu­zione o proi­bi­sca il libero eser­ci­zio di una reli­gione, né che limiti la libertà di parola o di stampa … Con que­ste parole, la Costi­tu­zione degli Stati Uniti ha eretto nel 1791 la libertà di espres­sione come ele­mento cen­trale dell’iden­tità del paese. In quanto diritto fon­da­men­tale, la libertà di espres­sione è stata oggetto di valu­ta­zioni più o meno restrit­tive secondo le deci­sioni della Corte Suprema. Nel 1919, nella sen­tenza “Schenck v. Uni­ted Sta­tes”, i giu­dici ammi­sero una prima restri­zione moti­vata dalla pre­ven­zione di un peri­colo” chiaro e pre­sente”.

“Que­sta inter­pre­ta­zione e appli­ca­zione restrit­tiva hanno per­messo di com­bat­tere con­tro movi­menti piut­to­sto socia­li­sti, osserva Maya Her­tig, pro­fes­sore di diritto costi­tu­zio­nale all’Unige e vice-decano della Facoltà di Giu­ri­spru­denza. Lo abbiamo visto anche anni dopo attra­verso il periodo del mac­car­ti­smo durante il quale la libertà di espres­sione è stata messa con la muse­ruola per sop­pri­mere qual­siasi ideo­lo­gia comu­ni­sta.»
A metà degli anni ’50 e fino alla vigi­lia degli anni’ 70, sotto la guida del giu­dice Earl War­ren, il primo Emen­da­mento ser­viva l’inte­resse delle cause pro­gres­si­ste. “Le deci­sioni della Corte War­ren soste­nuto atti­vi­sti per i diritti civili […] e oppo­si­tori della guerra del Viet­nam”, ha osser­vato il giu­ri­sta ame­ri­cano Louis Michael Seid­man.
A poco a poco, la ten­denza si sta inver­tendo. Nel 1969, nella loro deci­sione “Bran­den­burg v. Ohio” rela­tiva alle osser­va­zioni fatte da un mem­bro del Ku Klux Klan, i giu­dici supremi ave­vano con­si­de­rato che il governo non poteva limi­tare la libertà di espres­sione, a meno che il discorso “non mirasse a inci­tare o pro­durre un’immi­nente azione ille­gale” e se non fosse
“è pro­ba­bile che inciti o pro­duca un’azione del genere”. Uno stu­dio dell’Uni­ver­sità del Michi­gan, pub­bli­cato nel 2018, sui casi rela­tivi alla libertà di espres­sione esa­mi­nati dalla Corte Suprema tra il 1953 e il 2017, ha dimo­strato una pre­pon­de­ranza di deci­sioni a favore di posi­zioni con­ser­va­trici (69%), soprat­tutto sotto la pre­si­denza della Giu­sti­zia John Roberts, in carica dal 2005. “L’idea che la libertà debba rima­nere” totale” è radi­cata nell’imma­gi­na­zione, ma non è sem­pre l’ideale”, osserva Maya Her­tig.

Altre deci­sioni della Corte Suprema hanno per­meato la con­ce­zione della libertà di espres­sione negli Stati Uniti. Maya Her­tig evoca così la meta­fora di un libero mer­cato delle idee e que­sto pen­siero secondo il quale l’idea migliore deve essere in grado di imporsi sul mer­cato. Que­sto prin­ci­pio è stato san­cito in una sen­tenza del 1919 e deve con­sen­tire ai cit­ta­dini di deci­dere libe­ra­mente cosa vogliono cre­dere o meno. Da un lato, com­pren­diamo que­sta idea libe­rale: le idee devono scon­trarsi e nes­suno ha il mono­po­lio della verità, ma que­sta con­ce­zione è stata inter­pre­tata in modo neo­li­be­rale, che in qual­che modo con­fonde un approc­cio eco­no­mico con la libertà di espres­sione.»
Nel 2010, la Corte Suprema ha anche dichia­rato inco­sti­tu­zio­nale il fatto di limi­tare le spese nelle cam­pa­gne elet­to­rali. “Il denaro è parola, rias­sume Maya Her­tig. In que­sta logica, non c’era motivo di cer­care di pareg­giare le oppor­tu­nità di espres­sione: se alcune per­sone pos­sono espri­mersi più di altre, tanto meglio. Pos­siamo vedere l’impatto che que­sto ha sul dibat­tito poli­tico.»

Il mas­sic­cio inve­sti­mento di Elon Musk nella comu­ni­ca­zione di Trump riflette que­sta logica.
Que­sta con­ce­zione libe­rale spe­ci­fica per gli Stati Uniti sem­bra gua­da­gnare ter­reno in Europa. “Que­sto è il prin­ci­pio che ha pre­valso dall’isti­tu­zione delle demo­cra­zie euro­pee, tro­vando anche le sue fonti in parte nella Rivo­lu­zione fran­cese, illu­mina Gil­bert Casa­sus, pro­fes­sore eme­rito di studi euro­pei all’Uni­ver­sità di Fri­burgo. Dal XVIII secolo, con l’Illu­mi­ni­smo, è stata intra­presa una lotta per­ma­nente per que­sta libertà di espres­sione. Si è scon­trato con il tota­li­ta­ri­smo, il fasci­smo”, con­ti­nua. “Ci siamo resi conto che una libertà totale che non pro­tegge alcune per­sone”, cor­ro­bora Maya Her­tig.
In un discorso alla con­fe­renza di Monaco lo scorso feb­braio, il vice­pre­si­dente J. D. Vance ha anche lan­ciato un’accusa con­tro la ” cen­sura “e il” ritiro ” della libertà di espres­sione nel Vec­chio Con­ti­nente, susci­tando forti rea­zioni da parte dei lea­der. Pochi giorni prima, i lea­der dell’estrema destra euro­pea si erano riu­niti a Madrid intorno allo slo­gan “Make Europe Great Again”, ancora una volta discu­tendo di una “cen­sura” all’interno dell’UE, in par­ti­co­lare attra­verso la sua rego­la­men­ta­zione dei social net­work. Su que­sto tema, l’estrema destra euro­pea può con­tare su un forte alleato con Musk.
In que­sto scon­tro di visioni, si aggiunge uno strato: come pos­siamo pen­sare alla libertà di espres­sione in un con­te­sto in cui gli algo­ritmi sono pre­ve­nuti, dove la disin­for­ma­zione pro­spera e senza sof­fo­care i diritti umani?
■ I giganti della tec­no­lo­gia, nuovi attori poli­tici
Nel suo libro Tech­no­po­li­tics. How tech­no­logy has made us sol­diers (2024), la ricer­ca­trice Asma Mhalla, spe­cia­li­sta in geo­po­li­tica della tec­no­lo­gia, si inter­roga sul modo in cui la tec­no­lo­gia digi­tale ha tra­sfor­mato le nostre demo­cra­zie. “Un primo disturbo viene dalla pri­va­tiz­za­zione e dalla fram­men­ta­zione com­mer­ciale dello spa­zio pub­blico attorno ai social net­work [… Sono sci­vo­lati verso un fun­zio­na­mento anti­de­mo­cra­tico. Se pren­diamo l’esem­pio di X […], il social net­work è diven­tato uno spa­zio pub­blico di influenza, ma pro­prietà pri­vata di Elon Musk, por­tando una visione mas­si­ma­li­sta della libertà di espres­sione e, fon­da­men­tal­mente, della libertà in breve a dispetto di quella degli altri”, crede.
Negli Stati Uniti, il primo emen­da­mento della Costi­tu­zione e tutta la giu­ri­spru­denza ad esso cor­re­lata non si appli­cano tra attori pri­vati. In una delle sue deci­sioni, la Corte Suprema ha dichia­rato che le piat­ta­forme di social media pos­sono mode­rare i loro con­te­nuti come meglio cre­dono. Sulla scia della rie­le­zione di Trump, il capo di Meta Mark Zuc­ker­berg ha annun­ciato che si sarebbe” sba­raz­zato dei fact chec­ker e li avrebbe sosti­tuiti con note della comu­nità”, dicendo che le ele­zioni ave­vano segnato un” punto di svolta cul­tu­rale”, dando”prio­rità alla libertà di espres­sione”. Quando ha acqui­sito X nel 2022, Elon Musk stesso aveva tagliato squa­dre di mode­ra­tori dalla forza lavoro respon­sa­bile della cac­cia, in par­ti­co­lare, con­te­nuti odiosi e vio­lenti dalla piat­ta­forma.
“La con­tro­parte tec­no­lo­gica della mas­sima libertà di espres­sione è la minima mode­ra­zione, ana­lizza Asma Mhalla nel suo libro. Per garan­tire un dibat­tito “sano”, Musk ha pro­po­sto di sta­bi­lire un diritto di accesso a paga­mento ai “con­fini” della rete. Se in teo­ria il ragio­na­mento tenuto, in pra­tica, abbiamo assi­stito all’esatto con­tra­rio del risul­tato atteso: un’esplo­sione senza pre­ce­denti di disin­for­ma­zione, con­te­nuti vio­lenti spesso emessi da account a paga­mento, quindi “veri­fi­cati”, che avrebbe dovuto essere que­sta pro­messa garan­zia di affi­da­bi­lità”, con­ti­nua.
In Europa, la libertà di espres­sione non si applica diret­ta­mente agli attori pri­vati, “ma c’è una con­ce­zione secondo cui le libertà non sono solo uno stru­mento di difesa con­tro lo stato: quest’ultimo ha anche obbli­ghi posi­tivi, sot­to­li­nea Maya Her­tig. Que­sto è uno dei motivi per cui i social net­work devono rimuo­vere i con­te­nuti odiosi. Si tratta di pro­teg­gere i diritti fon­da­men­tali.»
“A livello filo­so­fico, come defi­nire i limiti della mode­ra­zione per non cadere nell’insi­dia della cen­sura? Dove dovrebbe finire que­sta libertà di espri­mere le pro­prie idee e con­vin­zioni? chiedi Asma Mhalla. Nelle demo­cra­zie libe­rali che stanno diven­tando ecces­si­va­mente pola­riz­zate, come pos­siamo essere d’accordo su ciò che è con­si­de­rato “vero” o “falso” per la società?»
■ Uno spo­sta­mento seman­tico
“Cen­sura”,” tiran­nia delle mino­ranze”,” non pos­siamo più dire nulla”: in uno spa­zio pub­blico ampliato dove l’infor­ma­zione cir­cola ad alta velo­cità, alcuni ambienti sono tut­ta­via pre­oc­cu­pati per il declino della libertà di espres­sione. “La que­stione non è se esi­ste o no, ma dove fis­sare il suo limite. In Sviz­zera, ad esem­pio, abbiamo un qua­dro chiaro con una norma penale con­tro l’inci­ta­mento all’odio legato all’anti­se­mi­ti­smo, al raz­zi­smo o all’omo­fo­bia”, illu­stra Pascal Wag­ner-Wag­ne­rer, ricer­ca­tore in psi­co­lo­gia sociale presso l’Uni­ver­sità di Fri­burgo, spe­cia­li­sta in teo­rie del com­plotto e noti­zie false.