Dal primo marzo riprende la produzione di bombe nel Sud Sardegna


Rwm Italia, che ha una fabbrica di bombe a Domusnovas, nel Sud Sardegna, riprenderà la produzione dal 1 marzo, ma solo per qualche mese. Ai sindacati l’amministratore delegato Fabio Sgarzi ha comunicato che nei prossimi giorni l’azienda sospenderà gli ammortizzatori sociali per gli 80 lavoratori dello stabilimento, in cassa integrazione dallo scorso settembre, dopo la sospensione dell’export di armamenti verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, seguita qualche settimana fa dalla revoca delle licenze di esportazione.

“L’acquisizione tra dicembre e gennaio di alcune commesse urgenti da parte di un Paese europeo“, ha spiegato l’ad durante un incontro con le parti sociali in Confindustria, “consentirà qualche mese di continuità lavorativa a tutti i lavoratori dello stabilimento di Domusnovas”.

“È tuttavia evidente che non basta una rondine a fare primavera: la ripresa, purtroppo, è solo temporanea“, ha precisato Sgarzi. “Siamo ben lontani dai volumi produttivi e dal numero di lavoratori di due anni fa e soprattutto dalle previsioni di crescita, della produzione e dell’occupazione, collegate alle autorizzazioni prima concesse e ora revocate“.

“Rwm Italia”, ha ribadito l’ad, “farà tutto il possibile per restare in Italia e restare a fianco dei lavoratori, ma non vuole e non può galleggiare”. “Chi ha gridato al ricatto occupazionale – licenziamenti in caso di cancellazione delle licenze di esportazione – dovrebbe ricredersi”, ha aggiunto l’amministratore delegato. “La Rwm Italia non pratica questo genere di condotte; al contrario, dove ci sono occasioni di business le coglie, anche a beneficio dei lavoratori e del territorio. Come è normale che sia”.

“Ora lo Stato, il Governo e la Regione devono fare la loro parte, dopo 18 mesi di incomprensibile immobilismo”, conclude l’ad. “Se oggi è giusto essere soddisfatti per chi torna al lavoro, è altrettanto giusto non dimenticare chi rimarrà, comunque, senza lavoro in conseguenza di una decisione dello Stato”.

Fonte: economia agi