I buchi neri supermassicci generano venti cosmici tanto forti da ‘spegnere’ le galassie. Lo conferma per la prima volta un gruppo internazionale di astronomi che ha sfruttato le straordinarie capacità del nuovo telescopio spaziale James Webb (Jwst). I risultati dello studio – pubblicati su ‘Nature’ – scaturiscono dal programma Blue Jay, che coinvolge il primo ciclo di osservazioni del Jwst ed è guidato da Sirio Belli, docente del dipartimento di Fisica e Astronomia ‘Augusto Righi’ dell’università di Bologna.
“Grazie al telescopio spaziale James Webb siamo finalmente riusciti a misurare un vento galattico così forte da poter causare lo spegnimento di una galassia”, spiega Belli. “La differenza tra il nostro studio e i lavori precedenti sta nel tipo di gas osservato: mentre fino a oggi era possibile misurare solamente il gas ionizzato, e quindi caldo, con il telescopio Webb siamo ora in grado di misurare anche il gas neutro, e quindi freddo”.
L’indagine degli studiosi si è concentrata su un fenomeno ancora misterioso noto come ‘quenching’: lo spegnimento della capacità di formare nuove stelle che avviene nel corso dell’evoluzione delle galassie massive. Nell’universo primordiale le galassie trasformavano grandi quantità di gas in stelle ed erano quindi in grado di crescere molto rapidamente. A un certo punto, però, le galassie più grandi hanno smesso improvvisamente di crescere. Un’ipotesi avanzata dagli studiosi per spiegare questo fenomeno è che lo spegnimento sia dovuto al buco nero supermassiccio che si trova al centro di ogni galassia. In effetti, i modelli teorici mostrano che questi enormi buchi neri sono in grado di generare venti talmente forti da riuscire a spazzare via tutto il gas, e spegnere quindi la formazione di nuove stelle. Il problema, però, è che le osservazioni realizzate finora hanno rilevato solo venti galattici deboli, insufficienti per attivare il meccanismo del quenching. La scommessa degli studiosi, allora, era sfruttare le capacità avanzate del nuovo telescopio spaziale James Webb per ottenere nuove informazioni. Tra le prime 150 galassie osservate dal programma Blue Jay, COSMOS-11142 è quella su cui gli astronomi si sono concentrati: una galassia che si trova a più di dieci miliardi di anni luce. “Grazie alle osservazioni del telescopio James Webb abbiamo potuto fare una fotografia di questa galassia come appariva nell’universo giovane”, dice Sirio Belli. “In quell’epoca, che viene spesso chiamata Mezzogiorno Cosmico, le galassie si trovavano al picco delle loro capacità di formare nuove stelle, ed è proprio in quell’epoca che il processo di spegnimento ebbe inizio”.
Grazie alle capacità del Jwst, gli studiosi sono riusciti a scoprire che più del 90% del vento galattico generato dal buco nero supermassiccio al centro della galassia è fatto di gas neutro: un tipo di gas freddo che era fino a oggi praticamente invisibile dai telescopi. “La galassia che abbiamo osservato si trova nella fase successiva al momento di grande crescita, quando si è verificato un rapido spegnimento della capacità di formare nuove stelle”, conferma Belli. “Analizzando i venti galattici, abbiamo potuto verificare che il forte flusso di gas neutro è il fattore che con ogni probabilità provoca la fase di quenching nelle galassie massive”.
Lo studio è stato pubblicato su ‘Nature’ con il titolo ‘Star Formation Shut Down by Multiphase Gas Outflow in a Galaxy at a redshift of 2.45’. Per l’università di Bologna hanno partecipato Sirio Belli e Letizia Bugiani del dipartimento di Fisica e Astronomia ‘Augusto Righi’.(AGI)
SCI/RED