Si tratta di una banca dati nazionale che aspira ad essere un aggregatore delle informazioni che fino a poco più di un anno fa erano disseminate negli archivi dei circa 7.900 comuni italiani, nell’Indice nazionale delle anagrafi (Ina) e nell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (Aire)
Oltre 22 milioni di euro complessivi volti a finanziare contributi che variano dai 1.683,60 euro per i comuni con massimo 2.500 abitanti fino ai 16.836 euro destinate agli enti con più di 250mila residenti. A tanto ammonta la quota del fondo complementare al Pnrr che è stata destinata al supporto ai comuni affinché inseriscano nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), entro la fine dell’anno, i dati contenuti nelle liste elettorali e quelli relativi all’iscrizione nelle liste di sezione. Uno strumento che ha enormi potenzialità ma il cui utilizzo, da parte dei cittadini, non è ancora decollato.
Secondo un’analisi del Centro studi enti locali elaborata per l’Adnkronos, sono 4.047 i comuni di più modeste dimensioni ai quali, ove lo richiedano, verrà assegnato il contributo una tantum pari a 1.683,60 euro. Ai 1.488 comuni ricompresi nella fascia 2 (quella che va da 2.501 a 5mila residente, spetta invece un importo pari a 2.806 euro, contro i 3.928,40 riservati ai 1.860 enti che rientrano nella fascia che va da 5.001 a 20mila abitanti e i 6.173,20 destinati alla fascia 20.001 – 50.000 residenti, che conta 369 comuni.
Ai novantasei enti che rientrano nella quinta fascia, che va da 50.001 a 100mila abitanti, spettano 8.979,20 euro ciascuno, mentre per i 32 comuni che hanno tra 100.001 e 250mila abitanti l’importo fissato dal Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio dei ministri è pari a 12.346,40 euro. Chiudono il cerchio le dodici città più popolose d’Italia, che contano più di 250mila residenti e che possono richiedere un contributo pari a 16.836 euro. Oltre al contributo economico, saranno attivati anche dei corsi di formazione ad hoc, finalizzati ad aiutare gli enti locali nelle attività legate agli aggiornamenti e agli sviluppi operati sull’Anpr.
L’auspicio è che il combinato disposto di queste iniziative didattiche e degli investimenti possa effettivamente rendere agevole e rapido l’ampliamento dei dati disponibili all’interno di questa Anagrafe che, secondo il Csel, ”ha avuto una gestazione tutt’altro che celere”. L’annuncio relativo all’ingresso di tutti i comuni italiani in Anpr è arrivato il 18 gennaio del 2022, oltre sette anni dopo la scadenza che era stata inizialmente fissata dal codice dell’amministrazione digitale che l’ha istituita: il 31 dicembre 2014. Ma qual è la funzione dell’Anpr? Si tratta di una banca dati nazionale che aspira ad essere un aggregatore delle informazioni che fino a poco più di un anno fa erano disseminate negli archivi dei circa 7.900 comuni italiani, nell’Indice nazionale delle anagrafi (Ina) e nell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (Aire).
Dallo scorso giugno l’accesso alla piattaforma è stato esteso a tutti gli uffici comunali e non più soltanto a quelli anagrafici. Dal Suap alla polizia municipale, dagli uffici scolastici a chi segue i servizi socio-sanitari o i tributi, tutte le strutture comunali, in relazione alle funzioni esercitate, hanno ora la possibilità di consultare direttamente i servizi messi a disposizione da Anpr andando così ”nella auspicata direzione della condivisione dei dati tra le amministrazioni pubbliche e la conseguente velocizzazione delle operazioni, sia lato ente che lato cittadini”, spiega il Csel.
Accedendo alla propria area riservata con spid, carta d’identità elettronica, tessera sanitaria o carta nazionale dei servizi, i cittadini possono scaricare una serie di documenti. Nello specifico sono attualmente disponibili i servizi di richiesta e stampa delle autocertificazioni sostitutive dei certificati anagrafici, richiesta (per sé stessi o per altri componenti della propria famiglia anagrafica) di certificati anagrafici di nascita, di cittadinanza, di esistenza in vita, di residenza, di stato civile, di stato di famiglia, di stato di famiglia e di stato civile, di stato di famiglia con rapporti di parentela e di stato libero.
È inoltre possibile dichiarare un cambio di residenza all’interno del comune o con provenienza da un altro comune o dall’estero e inviare una richiesta di rettifica dei dati anagrafici in caso di errori sulle informazioni presenti nella scheda anagrafica. Ma quanti sono i cittadini che ad oggi si sono avvalsi di queste possibilità? Non molti. Stando ai dati del ministero dell’Interno, alla data del 5 agosto 2023 erano solo 4.400.763 le persone che avevano usato almeno un servizio anagrafico. Considerato che le persone censite nell’Anagrafe della popolazione residente sono 65.735.520 (di cui 6.066.941 residenti all’estero), si tratta di circa il 7% del totale.
Dall’avvio del servizio, che risale al 15 novembre 2021 (data in cui c’era ancora un centinaio di comuni ritardatari ma che di lì a poco si sono aggiunti agli altri, confluendo in Anpr), sono stati scaricati 7.220.304 certificati. Gli accessi totali all’area servizi anagrafici sono stati poco più del doppio: 15.645.269. Un dato che testimonia quanto da sempre evidenziato dalla Commissione Ue: l’Italia dispone di servizi pubblici digitali di un buon livello ma i cittadini, soprattutto a causa della scarsa alfabetizzazione informatica, ne fanno scarso uso.
Gli ultimi dati disponibili nel digital scoreboard, riferiti al 2021, vedono il Belpaese al terzultimo posto in Europa alla voce che misura l’interazione online dei cittadini con le pubbliche amministrazioni. Nell’arco dei 12 mesi oggetto della rilevazione, solo il 40,4% degli italiani aveva dialogato digitalmente con gli enti pubblici, contro una media europea del 64,8%.